Il Tirreno

Lo Scoglio d'Orlando inglobato dal cemento, la protesta di Aldo Agroppi

Lo scoglio com'era prima dei lavori del porto e adesso
Lo scoglio com'era prima dei lavori del porto e adesso

Il faraglione di Salivoli, lettera al Tirreno dell'allenatore: "Un peccato vederlo ridotto così"

08 settembre 2015
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Aldo Agroppi ci scrive una lunga lettera protestando perché il faraglione di Salivoli è ormai “inglobato nel cemento”.

di ALDO AGROPPI

Pochi giorni fa ho deciso di andare al mare per godermi un bagno rinfrescante e combattere questa torrida estate. Sarebbe stato il primo bagno stagionale, il desiderio esaudito di una nuotata appagante. Così non è stato, il cervello dell’uomo non lo ha permesso, una tristezza infinita si è rivelata ai miei occhi. Per comodità e per rinverdire un passato gioioso, spensierato, giovanile mi sono incamminato verso la spiaggina adiacente allo “stronzo d’Orlando” è stato un momento di non conoscenza, sono rimasto impietrito, una sola parola ho potuto sussurrare: “Peccato!”.

Non ho capito come la povertà umana possa essere arrivata allo scempio di un bene comune, lo immaginavo barcollante, non distrutto. L’uomo senza la ricchezza dell’intelligenza non conoscerà mai il rispetto di se stesso, del prossimo, della natura, ammesso che abbia un minimo di saggezza, volutamente la disperdono nel momento in cui si presentano possibilità di potere e conseguentemente di denaro. Ormai viviamo in un mondo contaminato, nella mia vita rumorosa, polemica, sincera, sgangherata ho visto uomini disposti a tutto, convinti che il fango fosse oro, si sono dati battaglia per una manciata di terra bagnata. Per noi piombinesi lo “stronzo d’Orlando” era un vanto uno nostra proprietà custodita gelosamente. Un dono divino, il regalo, che ci faceva sentire privilegiati, una forza meravigliosa, era soltanto un chicco di grano che non ci faceva sentire all’ultimo posto.

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Purtroppo l’uomo “che conta” di fronte ai propri grandi interessi diventa distratto, la povertà degli altri è un limite che non conosce. Ho fermato i miei passi, sono tornato a casa imprecando verso i dittatori, hanno tutti la stessa faccia, lo stesso scopo. Quell’intuizione celeste lo aveva collocato proprio lì, lo sentivamo amico, ha fatto poca strada, doveva far felici altre generazioni ma l’intelligenza dell’uomo subisce gravi deformazioni, cioè che conta è essere dominatore. Quel piccolo faraglione per molti anni è stato un gradevole rifugio, un amico dei più giovani. Amoreggiavamo ingenuamente nascosti e protetti da quello scoglio che pareva fare da sentinella. Quell’angolo di mare non temeva confronti, era ricco di fondali accarezzato da un mare limpido che sollecitava la scoperta di profondità inesplorate. Oggi è soffocato dal cemento, soltanto un lembo di mare lo bagna.

Era proprietà dei piombinesi andava protetta ed invece ne abbiamo perso il possesso. Con quale diritto hanno deturpato mortificato con un abuso gigantesco una piccola libertà. A noi bastava, non era una limite. Tavole rotonde per teste quadrate hanno partorito la cancellazione di un angolo delizioso ora vuoto di senso. Le varie istituzioni locali principali, regionali, gli ambientalisti dove erano nel momento in cui si consumava la morte di un simbolo a noi tanto caro? Vergogna, per lo meno chiedete scusa, arrossite padroni incontrastati, ma ricordate che al cancello lasceremo tutti la borsa.

So bene cosa risponderanno, “tutti permessi regionali”. Piombinesi andare a fare una passeggiata a vedere le tracce dell’arroganza, dell’egoismo: troverete un giardino ricamato dal cemento, erbacce, bottiglie a scelta, pacchetti di sigarette, giornali, un vero bazar e l’inevitabile malinconia. Ho dato una pulitina ma di quel bene infinito niente è rimasto, addio vecchio amico. Ti ameremo anche se mal ridotto. Tra poco riprenderà “Striscia la notizia” forse ti verrò a trovare, vedrò. Nel frattempo rivogliamo la versione originale dello “stronzo d’Orlando”.

Primo piano
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