Marmettola, il rivoluzionario metodo per scoprire quali cave inquinano i fiumi analizzando gli atomi
Un nuovo metodo basato sull’impronta isotopica del marmo potrebbe rivoluzionare i controlli ambientali. Intanto il Carrione risulta il fiume più contaminato della Toscana da Escherichia coli
CARRARA. Risalire alla fonte della marmettola, letteralmente. È questo l’obiettivo dello studio che Arpat, l’agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, sta portando avanti con l’Università di Firenze per tracciare l’impronta isotopica del marmo, che differisce a seconda della tipologia del materiale e che potrebbe permettere di risalire al luogo dove origina l’inquinamento. Sarebbe quindi un’operazione di tracciamento innovativa, che potrebbe rivoluzionare i controlli ambientali sul bacino estrattivo apuano, andando a colpire direttamente chi, ancora oggi, sversa irregolarmente marmettola nei corsi d’acqua.
Cos’è la marmettola
La marmettola è il fango biancastro derivante dalla segagione e lavorazione del marmo che non può essere disperso nell’ambiente, ma deve essere conferito in impianti autorizzati. Eppure la cronaca e i dati scientifici mostrano come questa pratica non sia sempre rispettata, con ricadute dirette sul territorio. A dirlo è il direttore generale di Arpat Pietro Rubellini, a margine della presentazione dei dati di Goletta verde di Legambiente: «Su alcuni bacini idrografici questo materiale rappresenta un inquinante importante e il Carrione purtroppo è annichilito dalla sua deposizione». Da qui la necessità di “seguire le tracce”: «Con l’Università di Firenze – fa sapere Rubellini – stiamo cercando di definire l’impronta isotopica di alcune tipologie di marmi. Ogni marmo ha isotopi differenti, e questo ci può dire da quale attività estrattiva e da quale bacino proviene la marmettola. Non vogliamo accusare tutte le cave – tiene a precisare – ma serve capire chi si comporta ancora in modo scorretto inquinando il sottosuolo. Questo sistema ci permetterebbe di concentrare i controlli proprio dove servono». Questo vale anche per la vicina Massa, dove l’attività estrattiva è minore sebbene anche gli affluenti del Frigido spesso si colorano di bianco latte.
Il monitoraggio del Carrione
Ma il Carrione è nel mirino anche per motivi batteriologici. Il 39esimo rapporto di Goletta verde di Legambiente fotografa una situazione critica sotto il profilo batteriologico: tra i 20 fiumi monitorati il torrente Carrione è il corso d’acqua con la maggiore presenza di Escherichia coli della Toscana con una concentrazione di 22. 398 ufc/100 ml quando la soglia massima di legge è 500 unità. Dati allarmanti, che trovano conferma anche negli altri punti campionati in provincia: la foce del Lavello alla Partaccia (18. 270 ufc/100 ml per escherichia coli e 6. 980 ufc/100 ml per enterococchi intestinali) , la foce del Brugiano (1. 008 e 1. 776, la foce del Versilia a Montignoso (315 e 480) . Tutti risultano inquinati e per questo i divieti permanenti alla balneazione sono ormai la norma, come avviene anche per il Frigido, escluso dal monitoraggio ma da tempo sottoposto a divieto.