Il Tirreno

La sentenza

Morì per un errore durante l’intervento: riconosciuta la colpa medica, ma risarcimento a metà perché paziente oncologico

di Pietro Barghigiani
(foto di repertorio)
(foto di repertorio)

Carrara, la decisione della Corte d’Appello di Genova alla quale l’Asl si era rivolta per chiedere una riduzione della cifra

3 MINUTI DI LETTURA





CARRARA. La colpa medica all’origine del decesso non si discute, così come il diritto delle eredi a ottenere un risarcimento. Quello che è stato rivisto è l’importo. Il paziente, con un tumore al terzo stadio, avrebbe avuto un’aspettativa di vita inferiore alla media statistica stimata in 87 anni. Tradotto: la somma riconosciuta in primo grado alle figlie va dimezzata.

Lo ha deciso la Corte d’Appello di Genova alla quale l’Asl si era rivolta per chiedere una riduzione della cifra liquidata dal Tribunale di Massa nel luglio 2024. Alle due eredi non spettano più i 600mila euro previsti nell’estate scorsa, ma circa 300mila. Quello che viene risarcito è il danno non patrimoniale da perdita parentale. Un’anticipazione del fine vita, peraltro già segnata, dovuta a un errore sanitario che ha ridotto le aspettative dell’uomo di restare ancora con i suoi familiari.

La storia risale all’autunno del 2014. Il pensionato, affetto da tumore gastrico, il 17 novembre si presenta al pronto soccorso dell’ospedale di Carrara lamentando fortissimi dolori addominali. I medici gli diagnosticano una “peritonite diffusa da perforazione di ulcera gastrica”. Lo operano d’urgenza, ma l’intervento non dà risultati. La suturazione viene praticata sulla parte dello stomaco indebolita dal tumore. E allora è necessario tornare di nuovo sotto i ferri. Altra operazione dall’esito inutile. Il 21 novembre il paziente muore per lo sbaglio commesso durante il primo intervento. Aveva 78 anni. Nel calcolo tabellare che trasforma in numeri e percentuali lutti e sofferenze, l’uomo un’aspettativa di vita indicata in circa 30 mesi.

«Il personale medico, con il proprio errore, causò la morte del paziente – scrivono i giudici genovesi – dal momento che l’accertamento del nesso di causalità deve essere condotto rispetto all’evento verificatosi. Non è, quindi, dubbio che il danno in esame altro non è che quello da perdita del rapporto parentale, caratterizzato dal fatto che il paziente, già in condizioni invalidanti idonee a condurlo alla morte nel giro di 2 anni e mezzo, a prescindere da eventuali condotte di terzi, morì a causa dell’erroneo intervento medico».

Quello che la Corte d’Appello ha ricalcolato, accogliendo in parte il ricorso dell’Asl, è stata la necessità di tener conto della prevedibile durata della vita statistica residua, nel caso in cui non ci fosse stato l’errore medico. Insomma, sarebbe morto ben prima degli 87 anni ipotizzabili in caso di uno stato di salute coerente con una persona di età avanzata e priva di patologie invalidanti come quelle oncologiche.

«Sotto questo profilo – chiude la sentenza – tenuto conto del fatto che le figlie hanno perso poco presumibilmente poco meno di 2 anni di vita comune con il padre e che di questo le donne erano consapevoli, risulta equo dimezzare gli importi liquidati dal Tribunale, per cui sono dovuti a 166mila euro (arrotondato) ed a 131mila euro (arrotondato) ». Una cifra a cui aggiungere oltre 30mila euro di spese legali per i due gradi di giudizio da liquidare alle eredi del pensionato morto quattro giorni dopo l’accesso al pronto soccorso dell’ospedale di Carrara. 

Primo piano
Tribunale

Cecina, violentata in auto: chi è l'insegnante di 36 anni condannato e le motivazioni

di Stefano Taglione
Sani e Belli