La tragedia
Livorno, il caso bermuda divide gli studenti: i rappresentanti d’istituto d’accordo con il preside
«È sempre stato così, il Nautico Cappellini forma i futuri comandanti delle navi». Ma i ragazzi esclusi dalle lezioni per i pantaloni corti attaccano: «È ingiusto»
LIVORNO. «La nostra è una scuola che forma i futuri comandanti delle navi: non vediamo dove sia il problema a rispettare il regolamento d’istituto, in vigore ormai da anni, venendo a scuola con pantaloni lunghi e abbigliamento decoroso». Il caso dei bermuda a scuola divide gli studenti con i rappresentanti d’istituto che si schierano al fianco della dirigenza del Nautico Cappellini.
«Tutti in pantaloni corti»
Ieri – per la prima volta dopo due giorni – nessuno degli studenti si è presentato a scuola in pantaloni corti con due sole eccezioni: chi all’ultima ora aveva educazione fisica e chi, invece, indossava i bermuda della divisa scolastica e dunque consentiti. Ma all’uscita, quando suona la campanella, il malumore dei ragazzi esclusi dalle lezioni nei due giorni precedenti è ancora palpabile. Prima cercano di dissimulare, poi però parlano. Si sfogano, spiegando che non è giusto. Raccontano di sentirsi abbandonati dai rappresentanti d’istituto e che si stanno organizzando per manifestare il loro dissenso. «Stiamo raccogliendo le adesioni – precisano – ma la nostra idea è di venire a scuola in bermuda. Sarà la nostra protesta pacifica per far comprendere a tutti che non siamo contenti di essere rimasti per ore fuori da scuola a causa del nostro abbigliamento». E i primi a protestare erano stati i genitori degli studenti che al Tirreno avevano raccontato: «Non siamo né in un istituto militare, né in una moschea – spiega un genitore – ma in una scuola statale. Mio figlio, minorenne, è rimasto fuori: è in giro, di chi è la responsabilità se succede qualcosa? Perché dovremmo comprare per forza la divisa, spendendo all’incirca 50 euro, dato che questa è l’unica maniera per entrare in classe coi pantaloni corti? È in atto una discriminazione, un abuso di potere e un’interruzione del diritto allo studio».
Le regole
Va detto, però, che il dirigente scolastico Carmine Villani era stato molto chiaro sul tema dell’abbigliamento in classe. Risale infatti a una decina di giorni fa la circolare a sua firma – la numero 432 – dove aveva messo nero su bianco l’obbligo di «presentarsi a scuola con un abbigliamento adeguato così come riportato dal regolamento d’istituto» e che «agli studenti del plesso Cappellini è consentito indossare i pantaloni bermuda con il logo dell’istituto». Una contraddizione in termini – evidenziano gli studenti – perché, a loro dire, le regole dovrebbero andare nella direzione del tutto o niente. «Se i bermuda sono vietati, tutti devono essere vietati, con o senza logo della scuola», precisano.
«Il rispetto è alla base»
E ora sulla questione interviene anche Eleonora Agostinelli, consigliera comunale del Pd e vicepresidente della Provincia di Livorno. «Ogni istituto scolastico è dotato di un regolamento interno che stabilisce regole di convivenza, rispetto e decoro, regole che sono note a studenti e famiglie, e che sono valide per tutti, studenti, docenti e personale Ata – sottolinea – . Il rispetto di queste norme non è una limitazione della libertà personale, bensì un’opportunità educativa, un modo per responsabilizzare i ragazzi e prepararli al rispetto delle regole nel mondo del lavoro e nella società più in generale. Oltre tutto si tratta di ragazze e ragazzi che si preparano ad un percorso professionale di livello, che chiederà loro, oltre ad una salda preparazione, anche decoro e rispetto per le forme».
«Reazioni fuori luogo»
«Trovo invece fuori luogo la reazione di quei genitori che parlano di “dittatura” – prosegue la consigliera dem – . Paragonare l’applicazione di un regolamento condiviso a un regime autoritario significa banalizzare concetti ben più gravi e drammatici. Si tenga presente, inoltre, che un qualsiasi regolamento scolastico è frutto di un accordo predefinito nell’ambito del Consiglio di istituto, a cui partecipano tutte le componenti scolastiche, genitori e studenti inclusi. È importante infine, soprattutto da parte degli adulti, dare il buon esempio e non delegittimare l’autorità scolastica per episodi così banali».
«La scuola è un luogo di formazione e crescita, anche attraverso il rispetto di regole comuni e la collaborazione sincera e rispettosa tra scuola e famiglia – conclude Agostinelli – . Soltanto così potremo garantire ai nostri ragazzi un percorso di crescita solido e responsabile».