Il Tirreno

Il personaggio

Lorenzo, poliziotto eroe salva un uomo sul “Ponte dei suicidi” a Massa: «Si stava lanciando, poi quell’abbraccio indimenticabile»

di Alessandra Vivoli

	Il poliziotto Lorenzo Giusti
Il poliziotto Lorenzo Giusti

Fuori servizio, di ritorno da una serata con la fidanzata e i familiari nota la scena, si ferma e compie il miracolo

28 marzo 2024
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MASSA. Questa potrebbe essere una bella storia di Pasqua. Di quelle che danno speranza: sui giovani, sulla solidarietà, sull’altruismo e sul grande valore della divisa, vissuta come una mission, proprio come recita il motto “esserci sempre”.

L’eroe
È la storia di un ragazzo di Massa di 27 anni, l’agente Lorenzo Giusti, che, al rientro da una serata fuori (con la fidanzata e la sorella sedicenne di lei) nota un uomo sul parapetto del ponte Trieste, tristemente ricordato come “ponte dei suicidi”. Lorenzo quella sera non era in servizio ma ci sono persone come lui che la divisa, il senso di solidarietà e il rispetto lo hanno tatuato dentro, anche quando sono “in borghese”.

Sangue freddo
Per questo il giovane agente delle Volanti non ha esitato un istante a inchiodare la macchina, raggiungere il guard-rail e provare prima a parlare con l’uomo già sporto nel vuoto. Poi lo ha preso per un braccio, con forza. E lo ha tratto in salvo. Prima di lui non si era fermato nessuno: solo alla fine è stato aiutato da un altro automobilista che aveva capito quello che stava succedendo e che ha afferrato l’uomo ormai penzoloni sul vuoto per l’altro braccio. Per raccontare questa storia, che nella sua semplicità dice davvero tanto, bisogna però cominciare dalla fine. Da un abbraccio e da una telefonata. L’abbraccio è quello dell’uomo salvato dal Lorenzo: «Un abbraccio lunghissimo, che non dimenticherò». La telefonata è quella della giovane sorella della fidanzata che, dall’auto, ha assistito a tutta la scena. «Sei il mio supereroe»: questo quello che ha detto commossa a Lorenzo dopo averlo visto correre sul ponte, senza pensarci un solo istante. E salvare una vita.

Il salvataggio
Quello che è accaduto la notte di alcune settimane fa (non forniamo ulteriori indicazioni per proteggere la persona protagonista del tentato suicidio) comincia con una frenata. Una “inchiodata”, come racconta Lorenzo. Ma nasce anche dalla sensibilità di questo giovane agente che, come lui stesso dice, ogni volta che passa davanti a ponte Trieste getta un’occhiata ai fori che qualche mano pietosa ha messo per ricordare l’ultima vittima suicida. «Quella sera stavamo rientrando a casa – ricorda Lorenzo – davanti al ponte io, come faccio sempre quando passo, ho dato un’occhiata al mazzo di fiori che era stato messo dopo la morte di un giovane. È allora che l’ho visto. C’era un uomo seduto sul parapetto del ponte, con le gambe sporte nel vuoto. Guardava in basso, sembrava sul punto di lanciarsi». Tutto allora avviene nel giro di pochi istanti. «Ho fermato la macchina, dentro c’erano la mia fidanzata e sua sorella. Io mi sono infilato nel guard-rail e, come prima cosa, ho cominciato a parlare con lui». «Ho messo in pratica quello che ci insegnano in polizia: ho cercato di rassicurarlo, di empatizzare con lui: ma non mi rispondeva neppure, sembrava assente, non mi guardava» continua il suo drammatico racconto Lorenzo. «A quel punto non avevo altra scelta, dovevo usare la forza se volevo salvare quell’uomo – continua – Così ho percorso quei pochi metri che ci dividevano e l’ho afferrato, forte, per un braccio. Nel frattempo si era fermato un altro automobilista che mi è venuto in soccorso. Siamo riusciti a trascinarlo lontano dal parapetto: non è stato semplice, per un breve istante sembrava che riuscisse davvero a finire di sotto».

L’abbraccio
Sono stati attimi concitati sulla sponda del ponte Trieste. Momenti in cui bisogna usare tutta la freddezza necessaria per salvare una vita. Poi però ci sono le emozioni. Quelle autentiche, quelle che restano. «La cosa che mi ha colpito è che quell’uomo, non appena si è rialzato in piedi è venuto verso di me – racconta Lorenzo – e mi ha abbracciato a lungo. Un abbraccio stretto stretto, quasi uno “sfogo” doloroso: se prima non mi aveva neppure guardato poi invece mi ha parlato, e detto cose che non dimenticherò».

«Sei il mio supereroe»
In una telefonata la giovanissima cognata ha eletto Lorenzo il suo “supereroe”. La fidanzata, che non lo aveva mai visto in azione con la divisa addosso, ha assistito alla scena sul ponte con commozione e orgoglio. Lui, Lorenzo, non si sente speciale, pensa di avere fatto quello che doveva: perché aiutare gli altri è la prima cosa. «In polizia il motto è esserci sempre – conclude – Io in quel momento non potevo fare altro che darmi da fare: c’era un uomo, una vita da salvare».

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