«Mia figlia di quattordici anni nell’inferno dell’anoressia»: il racconto di una mamma di Carrara
Le parole della madre: pochi aiuti dalla sanità pubblica e una lotta da combattere quotidianamente
CARRARA. Nell'inferno dell’anoressia: la storia di una madre di Carrara:" La mia testimonianza per portare alla luce un dramma ignorato". Non è semplice parlare di malattia mentale, di fragilità: in un mondo in cui si cercano di sdoganare tanti tabù e si vorrebbe eliminare qualsiasi traccia di discriminazione, di "fobia" e di creare una società inclusiva ed aperta, è ancora difficile affrontare l'argomento del lato oscuro del nostro essere umani, deboli e fallaci, per paura di essere classificati come "matti", "fuori di testa" ed essere emarginati. La pandemia, pare un luogo comune, ma ha messo in luce proprio le fragilità di ciascuno di noi ed alcuni più di altri: già il grido di allarme si era levato dagli psichiatri e dagli psicologi, sulla necessità di tenere d'occhio la salute mentale specie dei soggetti a rischio. È proprio di questi ultimi giorni l'appello di Giuseppe Rauso, presidente di Consulta@noi, onlus attiva su tutto il territorio nazionale a supporto dei pazienti affetti da Dca( disturbi del comportamento alimentare), sull'aumento esponenziale dei casi e sulla necessità di utilizzare una parte dei fondi del Pnrr per ambulatori specifici, per la cura dei malati e per il sostegno alle famiglie, che possono contare sulle associazioni di volontari, che svolgono un lavoro molto importante, ma non sono presenti ovunque, purtroppo, va detto, il sud è penalizzato rispetto al nord Italia e comunque, vista l'emergenza, queste strutture non sono più sufficienti. A Carrara, opera da oltre vent'anni l'associazione Acca, presieduta da Rosanna Viaggi, coadiuvata da psicologi ed esperti, con una intensa attività di sensibilizzazione e di sostegno a chi vi si avvicina: da parte dell'associazione, si è rilevato nell'ultimo anno, un aumento delle richieste di aiuto e le collaborazioni con il reparto di neuropsichiatria. «Si tratta di ragazzine - dicono dalla Associazione - intorno ai 14 anni e la cosa preoccupante è che spesso sono già a livello di ricovero, quindi casi gravi di disturbo alimentare". "A settembre - continua la Viaggi - vorremmo attivare incontri di gruppo per i genitori che devono affrontare la malattia nei propri figli. I genitori arrivano disperati e totalmente smarriti, alcuni mai avevano sentito parlare di Dca e si sentono, in molti casi, presi da mille sensi di colpa e dalla paura di perdere il loro bene più caro». Come la testimonianza di C. , nativa di Carrara, madre di una ragazzina quattordicenne, precipitata nell'inferno dei disturbi alimentati e che sta seguendo un percorso lungo e difficile, assistita da specialisti in una nota struttura toscana. «Io non sapevo nulla dell’anoressia - racconta- ma poi la vita ti prospetta l'incontro proprio con loro, sulla pelle di mia figlia e tutto cambia». L'iter è quello noto : un calo progressivo di peso, che non si riesce a fermare, la preoccupazione per una malattia grave, le analisi, la diagnosi che suona come una cosa inaspettata, anoressia nervosa e da questo momento scatta il percorso con lo psicologo, il nutrizionista, l'endicrinologo, con una prognosi che non può essere definita, perché non c'è una puntura che fa guarire. Guarire l'anima e ristabilire l'equilibrio biologico cerebrale è molto complesso: e comunque, purtroppo, spesso per poter affrontare il calvario, bisogna affidarsi alla sanità privata, perché quella pubblica non riesce a soddisfare tutte le richieste, con una lista di attesa lunga e riservata a pochi posti nei reparti e nelle strutture convenzionate. «Mi metto nei panni di chi non può pagare – dic la madre carrarese – e deve aspettare tanto tempo per poter essere assistito, è assolutamente importate che si attivino gli ambulatori e si aumentino i posti a disposizione». Nel suo racconto, il dolore di mamma ma anche una grande forza : «Mia figlia ha manifestato la malattia in maniera subdola, come spesso succede. Nel suo caso, un malessere che abbiamo scambiato per un disturbo gastrico, ma invece era la spia di un rifiuto del cibo, del quale noi non ci eravamo accorti. La diagnosi è stata una coltellata nel cuore e immediatamente mi sono informata su questo mondo, a partire da Stefano Tavilla, uno dei fondatori della giornata del fiocchetto lilla. La frequentazione poi del centro - afferma -mi ha fatto incontrare genitori con lo stesso problema, una comunità, per così dire». La figlia sta passando momenti alterni, con la somministrazione assistita dei pasti, un piano di rieducazione alimentare e gli incontri con il terapista : «Al contrario di altri malati, di carattere chiuso ed introverso - dice la mamma - è sempre stata una ragazzina solare e di compagnia e anche per questo non pensavamo che dentro di lei ci fosse tanta sofferenza. Quello che voglio - continua - è poter fare qualcosa per gettare i riflettori sui disturbi alimentari e in generale, combattere l'omertà che c'è nei confronti della patologia mentale : si parla di cancro con molta più facilità, ma questo argomento è ignorato, molto probabilmente perché se ne ha paura». La vita della 14enne è profondamente cambiata dalla diagnosi e dalla presa di coscienza della sua malattia e l'essersi resa conto di essere malata è comunque positivo: «Si è accorta che quella che sta vivendo, non è la sua vita, ogni piccolo segnale è una conquista, come il voler assaggiare un pezzetto di melone per sentire se è dolce. Rivuole la sua vita e la strada per la guarigione è ancora lunga e con tanti ostacoli ».