In cinquecento a cantare “Bella Ciao”: l’antifascismo massese torna in piazza
«Vico non si tocca»: cori, bandiere partigiane, accuse a Benedetti e “invasione” pacifica del consiglio comunale
massa
Quattro-cinquecento persone in piazza, fazzoletti partigiani al collo, bandiere rosse e striscioni. La Massa antifascista si riscuote e si ritrova. L’offesa al partigiano Vico, il cui busto, all’interno del palazzo comunale era stato coperto da un sacco nero, è l’innesco di una reazione “di popolo” che da tempo non si vedeva. E la città che crede nella Resistenza “gliele canta” forte al centrodestra che oggi governa il Comune e, soprattutto a Stefano Benedetti, il presidente del consiglio comunale con trascorsi nell’ultra destra di stampo fascista (che lui non rinnega), indicato come il “provocatore” che ha creato il clima che ha portato allo sfregio al busto. Gli canta Bella Ciao, con pugni alzati e battimani, più volte: forte sotto il municipio dove si è svolto il sit in “spontaneo”; più forte nell’aula del consiglio comunale strapiena quando Benedetti parla (o meglio tenta di parlare) per chiedere silenzio e minacciare di fare sgombrare in aula dal pubblico che impedisce i lavori del consiglio.
A manifestare ci sono i vecchi dell’Anpi e le loro famiglie, esponenti del Pd di Liberi e Uguali, di Rifondazione e dell’arcipelago della sinistra, dai Carc all’Arci; giovani (non pochi), militanti dei sindacati, esponenti dei Cinque Stelle. Ci sono donne e uomini di quella che un tempo si chiamava “società civile”. Il clima è pacifico, quasi di festa, le forze dell’ordine sorvegliano discrete, perlopiù in borghese. Più calda e tesa, e non solo per la ressa, l’atmosfera in aula. Ma non succede nulla. «La risposta c’è stata ed è importante che ci sia stata», dice Pier Paolo Marchi, ex consigliere di Rifondazione comunista sintetizzando un pò il sentiment dei manifestanti. «Una risposta necessaria a un gesto che definire inqualificabile è dir poco e anche alle continue provocazioni di un personaggio come Stefano Benedetti che da anni sistematicamente semina odio».
E contro il presidente del consiglio si scaglia anche Giuliano Minuto: «L’equazione populismo più sovranismo si traduce in fascismo. Io dico no, per questo sono in piazza contro questa amministrazione e contro questo presidente del consiglio già militante di Avanguardia Nazionale. Invito il più autorevole dei consiglieri dell’ opposizione di centrosinistra, Alessandro Volpi, a presentare una mozione di sfiducia per farlo dimettere».
Sotto palazzo civico, sotto alla sala del consiglio 10 Aprile (la data della Liberazione di Massa), risuonano slogan antichi “Ora e sempre, Resistenza!», si grida in coro. In piazza c’è anche Riccardo Ricciardi, deputato del M5s. Non si unisce ai cori ma ribadisce la sua posizione “partigiana”: «La Resistenza è patrimonio di tutti, è l’orgoglio della collettività. Tutte le forze politiche dovrebbero farne tesoro. Dopo 75 anni rimettere in discussione i valori democratici dell’antifascismo è assurdo».
Giulio Peranzoni, vignettista e illustratore milanese da quasi vent’anni a Massa si toglie un sassolino: «Un’assessora della giunta Persiani aveva detto a Oliviero Bigini che ora il centrodestra governa Massa e che doveva farsene una ragione. Bene, se ne facciano una ragione anche loro: Massa è antifascista». «Una risposta bella e importante quella che oggi Massa ha dato a chi vuole infangare la lotta partigiana», dice Galeano Fruzzetti.
Al sit in era presente anche il sindaco di Stazzema, Maurizio Fortuna. Arriva quando la sala è pienissima, si fa spazio. «Scusate, permesso, sono il sindaco di Stazzema». Attacca Benedetti: «Le sue sono parole vergognose, mi sarei aspettato qualche parola in più stasera. Ma il ritiro della sua proposta è un punto di partenza».
Insomma «Vico non si tocca», come grida un ragazzo tra l a folla. —
CLAUDIO FIGAIA