Il Tirreno

Toscana economia

«Il mio consiglio ai giovani di Carrara? Un biglietto aereo e andate altrove»

Alessandra Vivoli
Giulio Andreani e Enrico Bogazzi
Giulio Andreani e Enrico Bogazzi

Dai successi professionali al rapporto con la città e la politica: Giulio Andreani parla anche di marmo e di flat tax Il porto? In quello apuano ci sono tre operatori, uno solo dà lavoro a 150 persone, ed è quello più svantaggiato

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L’INTERVISTA

Alessandra Vivoli / CARRARA

Il lavoro di commercialista. I successi a livello mondiale. Il rapporto con Carrara e un invito ai giovani: «Alcuni anni fa dissi che dovevano comprare un biglietto del treno, adesso li invito a prenderne uni aereo per lasciare questo territorio». Questo e molti altri spunti nell’intervista in esclusiva a Il Tirreno di Giulio Andreani.

Lei si sta occupando di pratiche importanti.....

Tutte le pratiche lo sono.

Com’è cambiata la professione legale-tributaria negli ultimi trent’anni?

È successo qualcosa di simile a quel che era già accaduto nel mondo della medicina: accanto a quella del professionista generalista, comunque sempre necessario, è cresciuta l’esigenza di figure che si dedichino solo a specifici segmenti della professione, con riguardo ai quali assumono conseguentemente maggiori competenze e sono quindi in grado di risolvere meglio i problemi dei loro assistiti. Deve essere quindi abbandonata l’idea dello studio formato da pochi professionisti: e occorre che questi si aggreghino, dando vita a studi costituiti da decine di consulenti. Oggi un professionista singolo non è più in grado di svolgere nemmeno un’attività generalista.

A proposito di aggregazioni, anni fa lei aveva suggerito alle imprese apuane di aggregarsi per aumentare le loro dimensioni e affrontare meglio i mercati internazionali. Il consiglio è sempre valido?

Certamente. Nella provincia di Massa Carrara è considerata grande un’azienda che per le sue dimensioni altrove sarebbe ritenuta piccola o addirittura micro. In tale situazione è più difficile fare ricerca, essere presenti in tutti i mercati, attrarre nuovi manager e investitori, perché i costi che bisogna sostenere per fare tutto ciò sono troppo elevati per un’impresa di piccole dimensioni. Ma in questo modo è impossibile tenere il passo della concorrenza. Spesso per far crescere le imprese occorre assumere dirigenti esterni muniti di competenze specifiche, ma nessun bravo manager si sposta per andare a lavorare in aziende che non gli offrano una remunerazione adeguata e prospettive di crescita. Anche vendere un’azienda, ad esempio perché l’imprenditore non ha un successore, è più difficile se si tratta di un’azienda troppo piccola, perché è più difficile che interessi investitori esterni.

Ci sono ancora imprenditori di valore in questa provincia?

Direi che non mancano: alcuni hanno inventato nuove attività e alcuni giovani promettono bene. Non è però facile oggi fare l’imprenditore e, se qualcosa non cambia, il rischio è chi vuol farlo se ne vada altrove. Ci rimetterebbe la collettività, non gli imprenditori, perché non c’è lavoro, nemmeno pubblico, non c’è servizio, nemmeno pubblico, senza impresa. Non esistono soldi pubblici ma soldi pagati dai contribuenti. Si può discutere su come la ricchezza deve essere redistribuita, ma non può esservi dubbio che, poter essere redistribuita, deve essere prima prodotta. Chi la produce deve essere quindi incentivato a farlo e non ostacolato, come invece sta accadendo da troppo tempo.

Come vede il settore del marmo?

Il suo andamento dipende almeno in parte da quello delle economie dei paesi in cui operano i principali acquirenti e sono quindi normali delle fluttuazioni. Come in tutti i settori è però fondamentale la capacità di investire e di innovare. Vi è da dire che negli ultimi anni il mondo del marmo è stato oggetto di troppi attacchi, da più parti, e ciò, anziché spingere a investire, genera un effetto opposto. Per fortuna che le cave non hanno le ruote, altrimenti sarebbe utile spostarle.

E il settore del porto?

Nel porto operano tre imprese: una da’ lavoro a meno di dieci persone, un’altra a meno di venti e un’altra ancora a centocinquanta. Secondo lei le forze politiche e l’Autorità portuale quale hanno svantaggiato? Glielo dico io: la terza, cioè quella che dà più lavoro.

Parliamo della città. Una dozzina di anni, lei rispose che avrebbe consigliato ai giovani di comprare un biglietto ferroviario di sola andata per andare in qualche altra città. Darebbe oggi il medesimo suggerimento?

No. Consiglieri loro di comprare un biglietto aereo. Per andare ancora più lontano.

Pessimista?

Realista. Provocazioni a parte, il fatto è che negli ultimi cinquant’anni la classe politica ha commesso errori così gravi che potranno essere corretti solo in tempi lunghissimi: bisognerebbe campare due o tre vite per vederli, sempre che ci siano.

Flat tax, pace fiscale: cosa ne pensa?

I condoni sono sempre sbagliati, comunque vengano chiamati, perché spingono le persone a non rispettare la legge, sul presupposto che intanto ci sarà qualche futura sanatoria con cui potranno mettersi a posto. Il peso della tassazione è però insostenibile e deve essere pertanto ridotto, con la flat tax o semplicemente riducendo le aliquote vigenti, e le risorse necessarie vanno reperite eliminando sovvenzioni pubbliche di scarsa utilità e la spesa pubblica improduttiva.

La lotta all’evasione fiscale?

Va naturalmente condotta, ma colpendo l’evasione vera, cioè le entrate in nero e i costi fittizi. Buona parte delle contestazioni riguardano invece questioni interpretative e finiscono spesso per creare reddito tassabile inesistente più che per sottoporre a imposizione quello evaso. Il sistema fiscale attuale è ancora il frutto di una riforma attuata nei primi anni settanta. Cinquant’anni sono troppi, alla luce dei mutamenti che hanno subito nel tempo le forme di produzione del reddito. Ha pertanto bisogno di essere radicalmente riformato.

Il profilo.

Who’s Who Legal, uno dei principali centri di ricerca internazionali, l’ha recentemente indicato come uno dei migliori quattro tributaristi italiani. Pochi mesi fa è stato premiato a Milano da un altro centro di ricerca come consulente fiscale dell’anno. Giulio Andreani è un professionista lanciatissimo e ha contatti frequenti con clienti apuani, toscani e liguri, «che - dice - assisto ancor meglio di prima, grazie allo studio internazionale di cui sono partner, avendo uffici in tutti i paesi e offrendo, grazie alla sua dimensione, servizi specialistici e altamente qualificati in ogni settore».

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