«Marmo: meno gettito, più tasse alla città»
Zubbani: mancati introiti del 2012 e 2013 per complessivi 8 milioni, dobbiamo inasprire i tributi, manovra su Tasi e Irpef
CARRARA. «Se qualcuno pensa che si possa fare a meno della realtà delle cave, secondo me sbaglia». Il sindaco Angelo Zubbani difende l’economia locale del marmo, come facente parte della storia e della vita della città. Ma mette subito in chiaro alcuni punti, dopo l’adozione del Piano paesaggistico da parte del consiglio regionale, e alla luce di tutte le problematiche che investono il settore con i complessi rapporti del mondo imprenditoriale del marmo con la città e con l’amministrazione comunale.
Dalla concertazione con gli imprenditori del marmo e associazioni, alla rottura dei rapporti con Assindustria sulle tariffe del marmo. Ora la Regione ha adottato il Piano paesaggistico che è stato contestato dagli imprenditori delle cave. Ma, come sembra apparire dalle loro proteste, nel primo e nel secondo caso, sono tutti cattivi contro gli industriali?
«Lunedì scorso nella riunione con le associazioni di categoria, ci è stato richiesto un nuovo tavolo per discutere di tutte le questioni del comparto. Noi siamo pronti a sederci al tavolo anche domani, purché di queste questioni si tratti. Dal 2012 abbiamo autodeterminato le tariffe del marmo e così continueremo a fare. E’ dal 2009-10 che non partecipiamo più ai tavoli con le associaizoni di categoria. Una rottura avvenuta su qualche visione di prospettive anche strategiche. Il mancato rispetto degli accordi del 2008, l’emendamento del 2009 non andato a buon fine. Il non dialogo che noi interpretiamo come una scarsa sensibilità delle imprese verso la città, come un atteggialmento padronale non sopportabile. In questo conflitto rientrano gli oltre 200 ricorsi degli ultimi anni contro il Comune, per la questione delle tariffe e del canone ambientale. C’è da dire che, dall’altra parte, hanno preso corpo estremismi ambientali, una deriva, con offensive attraverso la stampa nazionale e le televisioni. Offensive tese a far apparire le cave come uno scenario dal Far West, con le Apuane in briciole. Visioni di una escavazione riferita a esplosioni appartenenti al secolo scorso, fino alla questione dei dentifrici. Ha preso corpo un conflitto cave-città e in mezzo l’amministrazione comunale che non incarna certo la perfezione, ma che ha sempre cercato di fare gli interessi dei cittadini con il fine di avere ricadute occupazionali ed economiche sul territorio, e per invertire il trend iniziato negli anni Ottanta-Novanta che ha visto diminuire la lavorazione in loco, sia per la perdita del granito, sia per l’esasperata commercializzazione del grezzo».
«La Regione Toscana a fine 2013 ha presentato il Piano paesaggistico: noi e altri Comuni abbiamo reagito contro una filosofia del Piano che sembrava improntata se non a chiudere le cave quantomeno a ridurre la loro potenzialità in alcuni territori, con la pretesa della Regione di avocare a sé alcune valutazioni come quelle paesaggistiche e di fatto togliendo autonomia ai Comuni. Una filosofia sbagliata. Siamo entrati nel merito dicendo sì alla tutela del paesaggio ma inducendo la Regione a una riflessione. L’assessore Marson e i tecnici hanno effettuato sopralluogi cava per cava, dalla Lunigiana, a Carrara, alla Versilia, alla Garfagnana. La Regione ha accolto integrazioni ed emendamenti che non intaccavano la salvaguardia di alcune aree marmifere di pregio o la possibilità di riaprire cave. L’obiettivo era arrivare a un testo che conciliasse le autorizzazioni a coltivare le cave e i vincoli ambientali».
Ma la reazione delle imprese, delle associazioni di categoria è stata forte. Quale letture ne dà?
«Una reazione molto tardiva, con emendamenti già avviati. Hanno gridato “ci vogliono chiudere le cave!”. Hanno fatto due giorni di serrata, cosa che non si vedeva da molti anni. Lo leggo come un segnale diretto sia alla Regione che al nostro Comune, soprattutto per le questioni ancora aperte delle tariffe e dei beni estimati. La riunione che si è svolta in Comune fra imprenditori e lavoratori, penso abbia avuto questo senso. Per mettere le mani avanti sui due argomenti. Che però non sono negoziabili. Le tariffe (e non c’entra l’indagine della magistratura) sono autodeterminate dal 2012 e continueranno ad esserlo da parte nostra. I beni estimati: si può discutere sulla fase transitoria ma non sulla questione di principio. Nel frattempo, mancano al gettito comunale del marmo ben 8 milioni, 4 previsti nel bilancio del 2012 e 3 previsti nel 2013. Fra qualche moroso storico e dopo la sentenza del Tar del 2013 sulle tariffe, il Comune ha incassato meno d el previsto, perciò dobbiamo prevedere una manovra cuscinetto per il bilancio di previsione 2014, che andrà a giorni in adozione in giunta e poi in approvazione nel consiglio comunale entro fine luglio: la manovra consiste in un inasprimento tributario a carico dei cittadini, in attesa che si pronunci, dopo il Tar, il Consiglio di Stato».
Inasprimento su quali tributi?
«Riguarderà la Tasi e l’Irpef. D’altra parte dobbiamo cercare di recuperare se non tutti gli 8 milioni, almeno una parte di mancati introiti dovuti, lo ripeto, alla sentenza del Tar ed a supplementi di fatturazione del 2008. Siamo costretti a creare un fondo di riserva».
Con i soldi dei cittadini. Chissà come saranno felici. Finora il rapporto fra imprenditori e Comune è stato sostanzialmente legato ai soldi. L'introito del bilancio, le tariffe, i Beni estimati. Ora la manovra sui contribuenti per arginare il minore introito del marmo. Così si pone una questione più profonda: qual è il vero legame fra il mondo delle cave e la collettività? Quale sarà il futuro?
«Il marmo è la storia e la vita della città, da generazioni. Deve continuare ad esserlo tenendo conto delle trasformazion in atto dagli ultimi venti anni. Le regole vanno aggiornate ma devono esserci. Alla Regione abbiamo fornito nel dicembre scorso, i dati occupazionali del comprensorio apuno versiliese: 8000 addetti diretti fra cave e piano e 8000 addetti nell’indotto. Quindi non si pensi che l’economia locale possa fare a meno delle cave. Ma, nel conflitto in cui entrano il Piano paesaggistico, le tariffe, la legge regionale 78 sulle concessioni e sui beni estimati, il nuovo regolamento degli agri marmiferi, dico che c’è bisogno di un alto senso di responsabilità da parte di tutti. La risorsa marmo è unica: ma non è solo di chi la lavora, è della comunità. Nel tempo la città è riuscita più con il dialogo e solo talvolta con i legali, a risolgere i problemi. Il muro contro muro non giova a nessuno. Ma oggi c’è il rischio di vedere una guerra di tutti contro tutti. C’è il rischio che la politica e il mondo delle imprese vengano espulsi dal sentimento dei carraresi».
Può la presenza delle imprese del marmo in iniziative come Marble Weeks e altre, “riavvicinare” le cave alla città?
«Ben vengano le buone iniziative, ma non bastano le azioni spot a mettere in pace tutte le coscienze».
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