Il Tirreno

Lattanzi (Cna Liguria): la ndrangheta si inserisce facendo diventare concorrenziali le sue aziende

Allarme malavita alle cave

Due scorci delle cave e il dottor Gino Angelo Lattanzi, carrarese, della Cna Liguria
Due scorci delle cave e il dottor Gino Angelo Lattanzi, carrarese, della Cna Liguria

La Dia: infiltrazioni anche nel settore lapideo carrarese

25 luglio 2010
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CARRARA. Infiltrazioni della criminalità organizzata nella vicina Liguria. Le scorse settimane, più volte le cronache hanno riferito di bufere giudiziarie sul ponente ligure. E Il Secolo XIX, in un articolo, riferisce esplicitamente sulla presenza, secondo la Dia (Direzione investigativa antimafia) di appartenenti alle cosche della "ndrangheta" nella riviera di Levante... "fino alla zona di Carrara". Qui nella zona di Carrara, secondo quanto riferiva il servizio, "le mani della "ndrangheta" arrivano al poco allegro settore lapideo: qui a far la parte del leone sono le cosche del catanzarese". Parole forti, dure, quelle apparse sul quotidiano "Il Secolo XIX".

Trattandosi di Liguria, ma con propaggini di presunte infiltrazioni malavitose che arrivano fino a Carrara, ci sembra opportuno chiedere un parere, una riflessione al concittadino dottor Gino Angelo Lattanzi, dirigente del dipartimento sindacale della Cna Liguria, noto anche per le sue battaglie per l'affermazione della legalità e del rispetto delle regole per la tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro, e per un corretto e trasparente mercato economico delle imprese.

«Non fu un caso - commenta - che organizzai per la Cna Liguria, un anno fa, il 26 Giugno 2009 a Savona, un convegno dal significativo tema "Legalità e rispetto delle regole nel mercato degli appalti e del lavoro" e al quale, tra gli altri, parteciparono il Prefetto e Senatore Achille Serra componente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere; e l'onorevole deputato Fabio Benedetto Granata, vicepresidente della stessa Commissione. Parlare oggi di criminalità organizzata - aggiunge Lattanzi - significa innanzi tutto non pensare ai soliti stereotipi o luoghi comuni dell'immaginario collettivo, farcito da fiction televisive, che intravede il solito "racket estorsivo" (che pure esiste) oppure tremende e sanguinarie "cupole": no, non è così.

Se leggiamo la relazione annuale sulla "ndrangheta" 2008 della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, comprendiamo come la "ndrangheta" riesce bene ad inserirsi tramite proprie attività commerciali e imprenditoriali nei settori dell'edilizia, escavazione, frantumazione, movimento terra, discariche e trasporti, facendo diventare queste attività fortemente concorrenziali nei confronti delle altre imprese, in quanto i ricavi sono ben altri e spesso provenienti dalla gestione della filiera degli stupefacenti (in specie cocaina) o altri traffici illegali, e quindi queste attività "imprenditoriali" (ubicate nel centro e nord Italia, tra l'altro ben organizzate e strutturate e che si avvalgono - come l'attività giudiziaria ha avuto modo di constatare - di ottimi professionisti fiscali e amministrativi) sono spesso (usando un gergo comune) delle "lavanderie" nelle quali confluiscono e vengono smistati gli sporchi proventi dei traffici criminosi».

Il dottor Gino Angelo Lattanzi non ha dubbi: «Questo sistema criminoso destabilizza il legale sistema economico perché impoverisce facendo concorrenza sleale e conduce alla chiusura, o anche al fallimento di migliaia di piccole e medie imprese e ciò fa anche comprendere il perché dell'infiltrazione della "ndrangheta", tramite il gioco al ribasso dei costi della manodopera e qualità scadente dei materiali, utilizzando il sistema dei "subappalti sui subappalti" nella realizzazione delle grandi opere pubbliche, come è accaduto in Lombardia, Toscana, Liguria e Emilia Romagna per la costruzione delle infrastrutture viarie e ferroviarie.

Però spesso accade a coloro che, come il sottoscritto o il mio carissimo amico Enrico Bini presidente della Camera di Commercio di Reggio Emilia, quando denunciamo pubblicamente queste situazioni criminose rischiamo di scatenare, anziché momenti di seria riflessione e di attenzione, una sorta di frenetica corsa nello smentire, nel minimizzare e nel dichiarare che il fenomeno non esiste oppure non è rilevante, in specie da parte delle pubbliche amministrazioni e conseguenti realtà politiche (siano esse di centrosinistra o centrodestra). Certamente - commenta - non fa piacere a nessuno di non essere in "isole felici" ma minimizzare e affermare che il fenomeno non esiste, oppure che è cosa marginale, ciò significa di agire come gli struzzi e nel contempo di non aiutare per fermare il fenomeno della moderna criminalità organizzata la quale, tra l'altro bene agisce e si inserisce, in specie in quegli ambiti o territori, dove è più forte il disagio economico nonché sociale».

E conclude: «È bene che tutti si sappia che i rapporti della Dia (Direzione investigativa Antimafia) e della Commissione parlamentare bicamerale di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali - anche straniere, sono cosa seria e non il frutto di fantasie».
Certamente, oltre vent'anni fa, un tentativo di attacco delle cosche al cuore delle cave ci fu, e fu scoperto da una delicata inchiesta della procura.
Ora, questo nuovo allarme che giunge dalla Liguria.
M.B.
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