Lucca, i Buoni postali del nonno spacciati come tesoretto: una storia con tanti dubbi
Il nipote del titolare: «Trovati per caso, sono degli anni ’40, me li hanno valutati 187mila euro». La richiesta di soldi per avviare la causa contro Poste e ministero
GALLICANO. Il sogno del tesoretto scoperto per caso e che, senza fatica, potrebbe far lievitare il conto in banca è la leva che fa partire un sistema capace di alimentare aspettative, ma che fin da subito prevede un costo per il “fortunato” possessore dei Titoli in “sonno” da decenni.
L’unica certezza sono i soldi da versare per l’iscrizione all’associazione Giustitalia di Roma (solo numero di cellulare, nessun telefono fisso per la sede nella capitale) .
Se e quando un Tribunale riconoscerà all’associato il valore stimato dal consulente è tutta un’altra partita. Ed è la parte più nebulosa delle storie diffuse a getto continuo da nord a sud della penisola.
Tra le decine di casi raccontati periodicamente a livello nazionale di rinvenimenti clamorosi saltati fuori dai bauli di parenti e genitori, c’è anche quella di un 61enne di Gallicano.
Nel suo caso la scoperta ha riguardato quattro Buoni fruttiferi postali da mille lire ciascuno sottoscritti nel 1946, 1947 e due nel 1948.
«Nel marzo del 2025, dovendo allestire una stanza per la badante di mia mamma malata di Alzheimer, ho svuotato un vecchio armadio di mia nonna deceduta nel 1980 – racconta – . In una scatola tra foto e vecchi ricordi ho trovato una busta contenente i Buoni fruttiferi postali intestati a mio babbo. Penso che mia nonna, deceduta dopo una lunga malattia, si fosse dimenticata di dire a mio padre dell’esistenza dei Buoni postali». Con queste premessa il 61enne gallicanese contatta l’associazione Giustitalia.
«Avevo letto su Internet della loro attività e così li ho contattati» spiega al Tirreno.
La risposta che riceve è accattivante: «I Titoli sono stati stimati da un nostro consulente che ha valutato un rimborso, con il favore degli interessi legali, della rivalutazione e della capitalizzazione, dalla data di emissione a quella del ritrovamento, di una cifra pari a 187.300 euro».
Un sorta di vincita piovuta dal cielo che non ti cambia la vita, ma te la rende meno in salita. Solo che prima di iniziare la pratica ci si deve iscrivere all’associazione. E vanno pagati 190 euro.
«Mi sono detto – è il racconto del presunto beneficiario – alla fine proviamoci, non è la fine del mondo».
Così ha inviato copia dei suoi documenti e dei Buoni postali firmando la delega a Giustitalia per dare il via alle procedure da concludere con l’eventuale incasso della somma ventilata nell’annunciata azione di recupero verso Poste e ministero dell’Economia e delle finanze.
«Mi hanno spiegato che la prescrizione decennale decorre dal giorno del ritrovamento del Titolo» racconta il 61enne che dopo aver inviato il bonifico per iscriversi all’associazione si è sentito rivolgere un’altra richiesta.
«Mi hanno chiesto oltre 500 euro per avviare la pratica – sottolinea – . Sinceramente mi era già venuto qualche dubbio, ma alla fine l’iscrizione l’ho fatta. Ora, leggendo sul web cosa scrivono di quell’associazione, e con la seconda richiesta di soldi, ho deciso di lasciar perdere».
Quello che l’associazione non chiarisce a chi la contatta, dopo aver trovato il presunto tesoretto in soffitta, sono le sentenze che spiegano chiaramente che, a meno di aver presentato la richiesta di cambio in uno specifico periodo di tempo risalente a ormai dieci anni fa, non esiste modo di cambiare quei valori traducendoli in euro.
I Buoni fruttiferi postali si prescrivono a favore dell’emittente trascorsi dieci anni dalla data di scadenza e non dal ritrovamento fortuito da parte di un erede. E sul crinale delle speranze che oscilla tra il tentativo di arrivare a un obiettivo e la ragionevole certezza giuridica di raggiungerlo, si inserisce l’associazione con la richiesta di iscrizione e altri soldi per fare la causa.