Elsa, una forza del secolo scorso: «Vi racconto come si arriva a 106 anni»
Sarta di Porcari in pensione, per la bisnonna niente dolci e poca pasta. «La famiglia è il segreto»
PORCARI. Ha attraversato dittature, guerre e cambiamenti epocali. È nata nel primo dopoguerra, è cresciuta sotto il fascismo e ha vissuto i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Oggi, a 106 anni, Elsa Franceschini ricorda tutto: dai racconti d’infanzia alle notizie del telegiornale, dalle tabelline ai momenti più difficili del secolo scorso. Eppure, a guardarla, non le daresti nemmeno 80 anni. Elsa è nata a San Martino in Colle, nel comune di Capannori, il 24 giugno 1919.
Settima di otto figli di una famiglia di contadini mezzadri, ha frequentato le prime tre classi nel paese natale e poi la quarta e la quinta a Montecarlo, presso le suore francescane. A soli 13 anni ha iniziato a fare la sarta: il suo primo abito è stata una camicina per il fratello più piccolo. Il cucito è stato il mestiere che l’ha accompagnata per quasi settant’anni, prima per la famiglia e poi come lavoro, realizzando persino abiti da sposa per le persone dei paesi vicini, che raggiungeva in bicicletta.
«Lavoravo anche di notte, con soddisfazione, senza neppure pensarci. Mi piaceva così tanto che non sentivo il sacrificio» racconta. Lo ha amato così tanto che ha continuato a fare la sarta anche dopo essersi sposata, il 30 maggio 1949, con un amico di famiglia. Un matrimonio durato trent’anni, fino alla scomparsa del marito nel 1980. Nel 1951 è nata Mila, la prima figlia, e due anni dopo Rossella, alle quali ha trasmesso i suoi valori più importanti: dalla gioia di vivere all’amore per la famiglia. Alla domanda su che tipo di madre sia stata, Mila risponde senza esitazioni: «Esemplare», mentre Elsa, sotto sotto, ridacchia e commenta: «Insomma».
L’anzianità non le piace e, anche per mostrarsi alle nipoti, cura molto il suo aspetto: rossetto sulle labbra, orecchini e collana di perle. «Non si devono vergognare di una nonna vecchia», dice. Il rapporto con le bisnipoti, Beatrice e Cecilia, di 13 e 14 anni, è strettissimo: passano spesso a trovarla, studiano insieme e le chiedono di pregare per le loro interrogazioni.
«Sono la mia flebo di vita» racconta Elsa, indicando proprio nell’affetto della famiglia il segreto della sua longevità. Ogni traguardo dei suoi cari – dal battesimo alla comunione, fino ai successi scolastici- è diventato per lei una ragione per curarsi, mangiare bene e mantenersi in salute. La mattina, dopo una bella doccia calda che lei considera una delle sue medicine, inizia con Elisir, il programma di medicina che la appassiona, tanto da ripetere tutto a memoria alla figlia Mila. Di cambiamenti ne ha visti molti nella vita, per questo segue con interesse la politica, anche se quella di oggi la convince meno di quella di una volta: «Prima pensavano di più agli interessi dei cittadini». Particolarmente critico è il suo giudizio sulla sanità attuale: «Liste d’attesa troppo lunghe, anziani spesso soli. Va bene il progresso, ma le persone vengono abbandonate. I politici dovrebbero pensarci di più, fanno finta che vada tutto bene». Memore di un secolo di cambiamenti, Elsa sottolinea anche l’importanza del diritto al voto. Lei stessa, il 2 giugno 1946, partecipò al referendum per la Repubblica, e da allora non ha mai mancato un’elezione.
«Non capisco chi oggi non va a votare – riflette – . Per me è importantissimo, e dovrebbe esserlo per tutti, a prescindere dalla preferenza». La guerra l’ha vissuta da vicino: «In periferia eravamo più riparati, i miei genitori erano mezzadri e stavano bene, ma cinque dei miei fratelli erano al fronte. Uno di loro è tornato solo dopo sei anni, giusto in tempo per votare al referendum». Accanto all’affetto della famiglia, Elsa ha sempre dedicato attenzione alla cura di sé: pochi dolci, poca pasta, ogni tanto salsiccia o ossobuco, ma soprattutto zuppe e farinate. Anche se la vista non è più quella di un tempo, continua ad amare la cucina, specialmente quando può preparare piatti insieme a figlie e nipoti. La sua specialità? La crostata di cioccolata. Guardando alle nuove generazioni, Elsa ammette qualche dubbio. Qualche tempo fa ha chiesto alla figlia cosa fosse l’intelligenza artificiale e, dopo averla scoperta, ha commentato: «Il cervello bisogna continuare a usarlo, perché la tecnologia non potrà mai sostituire le persone. E se un giorno si fermasse? »
Oltre alla tecnologia, Elsa osserva con scetticismo anche i cambiamenti nei rapporti tra genitori e figli: «I genitori sono meno presenti, soprattutto con i figli maschi. Ci vorrebbe più controllo, altrimenti come fanno a capire ciò che è giusto o sbagliato? Non so come facciano a dormire tranquilli quando i ragazzi escono la notte, con tutte le storie che si sentono». E sul telefonino? «Bisognerebbe usarlo meno». l
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