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A Lucca costruiti 277 “campi di calcio” in 16 anni e ora le alluvioni fanno paura – Le zone a rischio

di Gianni Parrini
A Lucca costruiti 277 “campi di calcio” in 16 anni e ora le alluvioni fanno paura – Le zone a rischio

I dati Ispra fotografano la situazione del consumo del suolo nei Comuni del territorio. Tra Piana e Valle 81mila cittadini vivono in zone vulnerabili

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LUCCA. Quasi 200 ettari di terreno. Per la precisione 195,40. Tanto per dare concretezza a questi numeri, parliamo di una superficie pari a 277 campi da calcio. Tanta è la terra sottratta alla natura nei comuni di Lucca, Piana e Valle del Serchio nel periodo compreso tra il 2006 e il 2022. Chiariamo: non sono tanti, o almeno non rispetto a quello che avveniva in passato. Dopo anni di edificazioni più o meno controllate, da tempo le istituzioni hanno tirato il freno. Nel 2014 la Toscana è stata la prima regione italiana a lanciare nei suoi strumenti urbanistici il concetto di "consumo zero di nuovo suolo". La normativa promuove gli interventi di rigenerazione urbana quale alternativa al consumo di suolo. Eppure, qualcosa ancora si costruisce.

Il report

A fornire un quadro aggiornato sulla situazione dei Comuni è l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che pubblica periodicamente rapporti sul consumo di suolo in Italia. Secondo i dati Ispra tra il 2006 e il 2022 in provincia di Lucca sono stati consumati 195,40 ettari di suolo, di cui 13 solo tra il 2021 e il 2022. In media, il consumo di suolo nella nostra provincia è del 9,14% del totale (pari a 16.215 ettari) ma la situazione varia da zona a zona. Escludendo la costa, i Comuni più urbanizzati sono anche quelli più industrializzati. Al primo posto, ad esempio, c’è Porcari con il 29% del suolo consumato (pari a 520 ettari). Al secondo Altopascio con il 22,5% (645 ettari), al terzo Lucca con il 15,2% (pari a 2.822 ettari). Dal 2006 al 2022 il capoluogo ha fatto registrare un incremento del consumo di suolo di 38 ettari, di cui 2 solo tra il 2021 e il 2022. C’è chi ha fatto meglio (o peggio): è di Capannori, che nello stesso arco di tempo ha consumato 53,7 ettari, pari a un 2,4% del totale. Ma essendo uno dei Comuni rurali più grandi d’Italia, il paese della Piana conserva una percentuale di consumo del suolo piuttosto bassa: 13%. In proporzione, però, l’incremento maggiore risulta quello di Porcari con il 3,7%. In fondo alla classifica i Comuni della Garfagnana. Careggine, Fabbriche, Villa Collemandina, Fosciandora, Bagni di Lucca, Vagli Sotto e Sillano Giuncugnano Sono tutti sotto il 3%.

Di cosa parliamo

Con l’espressione “consumo di suolo” l'Ispra indica la trasformazione del suolo naturale o agricolo in superfici impermeabilizzate o artificiali, a causa di attività umane. Questo processo implica la perdita irreversibile delle funzioni ecosistemiche del suolo, come la capacità di assorbire acqua e contribuire al ciclo idrico, ospitare biodiversità, regolare il microclima, fornire risorse agricole e naturali. Il consumo di suolo si manifesta principalmente attraverso la costruzione di edifici, infrastrutture, aree industriali, e altre opere artificiali che sigillano il terreno. Le conseguenze di questa “occupazione” sono l’aumento del rischio di alluvioni e dissesti idrogeologici, la perdita di produttività agricola e la diminuzione della biodiversità.

Il rapporto ideale

Non esiste un "rapporto ideale" universalmente accettato per stabilire qual è il giusto limite al consumo del suolo. Molto dipende da fattori di contesto, come la densità demografica, le caratteristiche territoriali e le necessità economiche locali. Alcuni studi suggeriscono che il rapporto ideale tra territorio urbanizzato e non urbanizzato dovrebbe rimanere sotto il 10-15% per garantire un equilibrio ecologico e agricolo. Ma come detto dipende dal contesto: in aree rurali il suolo edificato dovrebbe essere sotto il 5-10% per preservare le funzioni agricole e naturali, mentre in contesti urbani e nelle città densamente popolate, l'espansione può essere consentita entro il 20-30%.

Conseguenze e rischi

Il consumo di suolo contribuisce all'aumento dei rischi idrogeologici e alla riduzione delle aree agricole disponibili. Inoltre, l'impermeabilizzazione del suolo accentua gli impatti dei cambiamenti climatici, come le ondate di calore estive, aumentando le temperature urbane anche di 4-8°C rispetto alle aree naturali circostanti. Questi fenomeni non solo compromettono la biodiversità e le risorse naturali, ma aumentano i rischi per la popolazione, come dimostrano i dati relativi alle zone a rischio idrogeologico e geologico.

Sempre per citare i dati dei rapporti Ispra, sono 81mila i residenti tra Piana e Valle che vivono in zone a rischio medio o elevato per frane e alluvioni. In pratica più di un terzo della popolazione (37,3%). Nella Piana di Lucca le preoccupazioni maggiori riguardano la situazione di fiumi, rii e torrenti che caratterizzano il reticolo idrico del territorio, dove spicca il Serchio. Si tratta delle aree adiacenti all’alveo del fiume, quindi gran parte del Morianese (San Cassiano, San Quirico, Ponte) e poi Sant’Alessio, Ponte San Pietro, Farneta. Anche il piccolo comune di Porcari, registra un elevato numero di residenti (2.653, pari al 30,8%) che vivono in zone a rischio medio di alluvioni. Se ci si sposta in Garfagnana le cose cambiano: qui il problema principale è geologico, ovvero terremoti, frane e smottamenti. In termini assoluti, il paese con più residenti in zone a rischio frane è Camporgiano (1.583, pari al 69% della popolazione), ma in percentuale nessuno batte Vagli: il 93,6% degli abitanti (ovvero 928 su 991) ogni sera dorme in case costruite su un territorio ad elevato rischio di frane.

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