Tragedia di Torre, l’inchiesta è conclusa: gli indagati scendono a 15
Al termine dei sopralluoghi e degli accertamenti tecnici si sgonfia la posizione di una trentina di coinvolti
LUCCA. La procura si appresta a chiudere l’inchiesta sulla fuga di gas metano del 27 ottobre 2022 che provocò l’esplosione della villetta bifamiliare a Torre sulla via per Camaiore uccidendo tre persone e ferendone altre due. Dai primi riscontri emerge che il numero delle persone originariamente iscritte nel registro degli indagati _ tra dirigenti, responsabili, dipendenti, esecutori dell’installazione vertici e consiglieri di vari Cda _ è destinato a calare drasticamente: dai 42 degli ultimi atti legati all’incidente probatorio davanti al gip Alessandro Trinci ai circa 15 che per il magistrato potrebbero avere responsabilità dirette o indirette sul disastro in cui perirono nell’immediatezza Luca Franceschi e la sua compagna Lyudmyla Perets e, 11 giorni dopo l’esplosione, Debora Pierini, deceduta in seguito alle gravissime ustioni riportate non prima di aver messo al mondo il bambino che portava in grembo. Nella deflagrazione rimasero ferite due persone che passavano dalla zona alla guida di un furgone. Le ipotesi di reato a vario titolo sono: triplice omicidio colposo, crollo, incendio, danneggiamento colposo e lesioni.
L’orientamento del pm
Sulla base dei sopralluoghi, delle relazioni dei consulenti tecnici _ gli ingegneri Marcello Mossa Verre, Francesca Andreis e Andrea Villani e il professor Marco Ormellese del Politecnico di Milano _ del rapporto dei vigili del fuoco e del dipartimento di prevenzione della Asl, il pubblico ministero Antonio Mariotti appare orientato a concentrarsi su due fattori ritenuti fondamentali: il posizionamento della tubazione del metano datato 1993 e il collaudo eseguito precedentemente al terribile scoppio a due e non a quattro bar (unità di misura della pressione atmosferica). Per quanto concerne il posizionamento del 1993, eseguito dalla ditta Del Debbio, dai sopralluoghi tecnici è emerso che nel punto di corrosione il rivestimento bituminoso era danneggiato prima del rilascio del metano e non ha svolto la funzione di protezione all’ingresso di acqua. Difficile dire se quel rivestimento è stato installato in modo corretto durante la posa del 1993 o se il danneggiamento è avvenuto nel corso di 30 anni. Sarà materia di un eventuale processo e comunque dagli accessi degli investigatori venne rilevato un nastro bioadesivo sul tubo che avrebbe consentito l’infiltrazione e il gas, finito nel pozzetto fognario, avrebbe causato la deflagrazione. Stando all’accusa soltanto 17 giorni dopo il posizionamento del contatore e quindi il collaudo, eseguito da Gesam, la pressione atmosferica venne incrementata da 2 a 4 bar come avviene di regola approssimandosi il periodo invernale. Per l’accusa in evidente ritardo e quando ormai il fenomeno dell’infiltrazione di gas era già in atto. Un controllo all’origine avrebbe ipoteticamente potuto evitare il disastro.
L’ipotesi sull’esplosione
Stando alla relazione dei consulenti la causa è da ricercare in un evento di corrosione innescato dalla superficie esterna del tubo sul lato del terreno che avviene in presenza di acqua. Ergo: nel punto di corrosione il rivestimento bituminoso era danneggiato prima del rilascio del metano e non ha svolto la funzione di protezione all’ingresso di acqua. L’esplosione si è verificata quando dalle 9 alle 14 – momento della detonazione – è stata raddoppiata la pressione del gas metano (da due a quattro atmosfere). Il foro di un centimetro all’altezza del “gomito” del tubo di acciaio lungo circa 1, 5 metri nella rete Gesam del metano con l’aumento della pressione avrebbe lesionato la guaina dando luogo al rilevante rilascio di gas. Così per l’assenza di un sistema di raccolta e convogliamento in sicurezza di eventuali perdite di gas in prossimità di sistemi fognari, il metano è finito sul terreno, ha raggiunto il pozzetto asservito al sistema fognario dell’abitazione della famiglia Giracello-Pierini e tramite il tubo di scarico è entrato nelle tubazioni di cucina e bagno al primo piano e in parte, attraverso altro pozzetto, nell’abitazione Franceschi-Perets. L’accumulo del gas ha provocato la deflagrazione e il successivo incendio con innesco avvenuto all’interno di una casa. l
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