Allo steccone la “Cattedrale” dei veleni
Sotto il vecchio impianto alla periferia di Lucca idrocarburi e benzene: per la Provincia la responsabilità è di Italgas e del Comune
LUCCA. Ci sono luoghi che hanno poco a che vedere con il nome che portano. È il caso della Cattedrale nell’area delle ex officine del gas a San Concordio, nella stessa area dove il progetto della Polis prevedeva la nascita dello “Steccone” con negozi e uffici per quasi 11mila mq. Una Cattedrale (ora di proprietà dei Gesam) che di spirituale ha ben poco: il vecchio impianto utilizzato nei decenni scorsi per produrre il gas, ora diroccato, sorge sopra un terreno inquinato oltre il limite consentito. E ora la Provincia chiede all’Italgas e al Comune di intervenire, in qualità di responsabili dell’inquinamento. Solo una bonifica completa del sito, infatti, potrebbe sbloccare i lavori di riqualificazione delle ex officine.
I primi accertamenti. Il piano di recupero dell’area prevede, da una parte, lo “Steccone” di Polis e, dall’altra, il recupero da parte di Gesam della Cattedrale, che sarebbe dovuta diventare la nuova sede della società del gas e ospitare altri uffici. Proprio in vista di questo Gesam presenta, nel gennaio 2011, una comunicazione per una possibile “contaminazione storica” dell’area della Cattedrale. In sostanza, la paura è che lì sotto, viste le lavorazioni che vi sono state effettuate per anni, ci fosse rimasto materiale pericoloso per la salute umana. Quasi un anno dopo, a dicembre, il Comune approva il “piano di caratterizzazione” dell’area: l’analisi, cioè, di acqua e suolo per capire i materiali contenuti. L’analisi viene effettuata dall’Arpat e, a dicembre dello scorso anno, la relazione è pronta. E i risultati non sono per nulla incoraggianti: nei suoli viene riscontrata una concentrazione fuori soglia di Idrocarburi policiclici aromatici e, nella falda superficialem di Btex. Una sigla che sta per benzene, toluene, etilbenzene e xilene. Tutti materiali derivanti dalla produzione di gas e tutti potenzialmente assai pericolosi per la salute umana.
L’indagine. A questo punto Gesam, che ha sempre negato orgni responsabilità nell’inquinamento del terreno, si ferma. E la palla passa in mano a Palazzo Ducale che dà mandato alla polizia provinciale di indagare sulle cause della situazione. Gli accertamenti finiscono a giugno e stabiliscano una doppia responsabilità. In primis, quella dell’Italgas che per decenni ha prodotto “gas di città”, distillando il carbone che arrivava direttamente dalla vicina stazione ferroviaria. Questo, almeno, fino agli anni Settanta, quando il gas di città venne sostituito dal metano e l’area passo in mano al Comune di Lucca. Che, attraverso la municipalizzata Gesa.Am., comincio a smantellare le infrastrutture: un procedimento che però sarebbe stato svolto senza particolari precauzioni, così da aumentare i danni. Per la Provincia «le due attività in concorso possono aver causato la contaminazione ambientale» e ci sarebbe «un nesso di causalità fra il comportamento dei due soggetti responsabili (cioè Italgas e Comune di Lucca, ndr.) e il fenomeno di inquinamento».
Italgas ha risposto agli addebiti spiegando, fra l’altro, che alcuni paramentri superati (manganese, composti organo-alogenati e Pcb) non sarebbero «compatibili» con l’attività svolta per anni. Palazzo Ducale, tuttavia, ha replicato che «potranno essere fatte le opportune considerazioni nell’ambito dell’attività di caratterizzazione prevista per legge». Respinta al mittente anche la replica del Comune: «Dalla documentazione presentata - scrive la Provincia - non emergono elementi in grado di documentare che le operazioni di smantellamento siano avvenute senza contribuire alla contaminazione delle matrici ambientali».
L’ordinanza. Il dirigente all’ambiente Roberto Pagni ha quindi ordinato a Italgas (che ha sede a Torino) e al Comunedi presentare un’Analisi di rischio del sito, eventualmente da integrare con altre indagini. Inoltre, i due responsabili dovranno accollarsi «l’eventuale esecuzione delle opere di bonifica che si rendessero necessarie».
L’area Polis. Anche nell’altra area del complesso, quella di proprietà di Polis più vicina a via Consani, era stato riscontrato un inquinamento da idrocarburi. Tuttavia in questo caso la procedura è più avanzata, visto che la rimozione del terreno per circa tre metri di profondità ha quasi eliminato il rischio e ora Polis dovrà “solo” presentare un programma di monitoraggio ambientale per verificare l’andamento della situazione. La situazione più critica, dunque è quella dell’area Gesam: uno stato di cose che blocca il piano attuativo sull’area, già finito in mezzo a più di un procedimento giudiziario.