Il Tirreno

Lucca

Puddu, l’eroe della Resistenza che il nipote recupera dall’oblìo

Puddu, l’eroe della Resistenza che il nipote recupera dall’oblìo

La storia di quel maresciallo dei carabinieri morto in campo di concentramento dopo che aveva aiutato tanta gente a sfuggire a tedeschi e repubblichini

25 aprile 2014
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di Nadia Davini

LUCCA. Bassano del Grappa, febbraio 1943. Sorrideva, il maresciallo. Alla moglie Olga Santini (di Borgo a Mozzano), alla cognata Mara e ai tre piccoli figli, Maria Pia, Pier Giorgio e Giuseppe. Sorrideva, sì. E nel sorridere, con eleganza e gentilezza, andava dritto per la sua strada: difendere la popolazione, e quindi l'Italia, dagli invasori tedeschi. Questo l'ha sempre tenuto bene a mente, il maresciallo. Forte della divisa di carabiniere che indossava. Un piccolo eroe per tanti. Aveva stile, nel manifestare il suo desiderio di libertà. Aveva coraggio.

Barbarano (Vicenza), novembre 1943. Le cose si fanno sempre più difficili, lì al nord. Da Bassano del Grappa il maresciallo viene trasferito, con la famiglia, a Barbarano. C'è già stato l'otto settembre: la popolazione, ora, va difesa non solo dai nazisti, ma anche dalle camicie nere della Repubblica di Salò. Nonostante il giuramento alla Repubblica Sociale Italiana, il maresciallo continua nella sua azione. Avverte e presta assistenza a tutti i ricercati; nasconde nell'orto della caserma armi. Così per sei mesi, fino all'aprile 1944.

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Kaufering, campo di lavoro, marzo 1945. Un uomo denutrito, ridotto a poco più che uno scheletro, ma con in mano un pezzo di pane e nella mente il pensiero continuo, costante per la famiglia, crolla in un letto. Non si sa bene cosa sia successo e come e perché. Muore un detenuto italiano, un maresciallo italiano, padre di tre figli. Il suo nome è Giovanni Cabriolu Puddu (NELLA FOTO). Basta. Da quel momento non si saprà più niente. Il suo ricordo resta vivo in famiglia, ma sono tanti, troppi i tasselli che mancano per comporre il puzzle. Non è chiara la data della morte, nulla si sa della sua permanenza a Dachau, si ipotizzano i motivi della deportazione. Di lui resta il nome scritto sul monumento ai caduti nella piazza principale di Barbarano, qualche lettera e tante domande che per decenni non trovano risposta.

Ma la storia di Cabriolo, come lo chiamava il suo compagno di cella, il partigiano Otello Vecchio, è straordinaria. Il primo a partire nelle ricerche è, negli anni '60, il secondo figlio del maresciallo, Piergiorgio Puddu, ma trova solo porte chiuse. Della guerra si parla mal volentieri. Di Giuseppe si sa che era nato a Esterzili (Nuoro) il 14 novembre 1906; a 18 anni si arruola nel corpo dei Carabinieri Reali e a 22 anni da Roma viene mandato a Borgo a Mozzano. Qua conosce Olga Santini, che nel '35 diventerà sua moglie. La Guerra in Albania, poi l'arrivo a Bassano, il trasferimento a Barbarano e infine, nell'aprile del '44, l'arresto: carcere di Verona, dove resterà fino al settembre, quando, senza essere giudicato, sarà mandato al campo di concentramento di Bolzano per il successivo invio nel Lager di Dachau. Per anni il silenzio, fino al 2009, quando il nipote Carlo Puddu riprende in mano le indagini. Chiama il comune di Bassano, poi a Barbarano, incontra il prof. Antonio Pozza, comincia un'opera di interviste a tappeto.

Passano i mesi ed emergono i dettagli, il quadro poco a poco si fa chiaro, fino alla scoperta, nella casa della nonna, di una scatola. Contenente lettere, nomi, numeri, indirizzi. Salta fuori una lettera scritta nel luglio del '45 dall'arciprete di Bassano, Angelo Dalla Paola e un nome, Otello Vecchio. «Lì è ripartita la ricerca insieme a mio zio Giuseppe – spiega Carlo – siamo riusciti a risalire al diario scritto dal partigiano Vecchio. Diario di un Lager, questo il titolo: racconta dell'esperienza a Dachau, descrive mio nonno. Cosa pensava, cosa diceva, come è morto: leggendolo ho scoperto che è morto di una qualche malattia, probabilmente tifo. In quel momento mio nonno non era più una foto in bianco e nero. Era una persona, reale, viva». Ora finalmente un libro ne parla: si intitola “Il sacrificio del Maresciallo dei Carabinieri Giovanni Cabriolu Puddu” ed è stato presentato il 25 aprile a Palazzo Santini a Borgo a Mozzano.

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