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Livorno, tutti ai piedi del re Andrei. Esciua chiama Leo Picchi

di Sandro Lulli
Livorno, tutti ai piedi del re Andrei. Esciua chiama Leo Picchi

Il gol del difensore fa esplodere il piccolo gruppo di tifosi amaranto “non residenti”

04 marzo 2024
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All’ultimo respiro, all’ultimo secondo, quando ormai stava per caderti il mondo addosso. Invece all’ultimo attacco, all’ultimo tiro s’aprono le porte del paradiso. E c’è ancora lui, Andrei il salvatore, a scoccare il dardo che rilancia il Livorno, riapre il campionato e ti scassa le coronarie, mentre la Pianese cade e il Grosseto salva la pelle nel finale. I dirigenti del Livorno impazziscono: Joel Esciua balza dal seggiolino e si precipita in fondo alla scala della tribuna e va ad abbracciare un gruppo di tifosi del Livorno di “Versilia amaranto”. Enrico Fernandez Affricano lancia la stampella come Enrico Toti allo scontro decisivo alla baionetta in trincea e poi si mette le mani sul viso per coprire una lacrima; lo stesso fa Vittorio Mosseri, un direttore generale sempre composto.

Per i nostri tifosi

Tanasa è travolto dai suoi, un’onda amaranto che dal campo si convoglia nello spogliatoio mentre partono urla disumane e s’accende una festa incredibile che illumina un pomeriggio uggioso, e triste, in bianco e nero, malinconico, tra nuvole e pioggia sullo sfondo delle Apuane dalle cime imbiancate e tribune che con la tifoseria amaranto – bloccata ingiustamente – si sarebbero trasformate in una notte di capodanno. «Grande sei un grande. ..», gli gridano i compagni. Luca Mazzoni, preparatore dei portieri è scosso: la mano trema, la voce pure. «Che bella vittoria», esclama mentre Andrei è travolto dai compagni. Poi Mazzoni riprende: «Una gioia grande che ci meritiamo, abbiamo sofferto però ci abbiamo creduto sino alla fine, anche quando avevamo saputo che la Pianese era sotto. Sta qui la nostra grandezza e questa felicità vogliamo condividerla e dedicarla a tutti i nostri tifosi che sono stati bloccati con un provvedimento che a nostro avviso non meritavano. Avanti così con questa umiltà con questa applicazione».

Solo tanto lavoro

«Lassù c’è qualcuno che ti guida...», dico a questo calciatore utile, malleabile, che sa plasmarsi come plastilina in mille ruoli per arrivare nel posto giusto al momento giusto. «No, non c’è nessuno che mi guida, è solo lavoro, applicazione, voglia di soffrire caratteristiche che hanno anche i miei compagni» sottolinea questo centrocampista-difensore, avanzato dopo l’uscita di Luci. Quattro reti, tre che valgono nove punti, ad Altopascio, col Querceta e qui, contro una squadra che ormai pensava di averla fatta franca, col il pareggio su rigore. «Ragazzi – sorride Andrei – non vorrei abituarvi male, spero di continuare, però questi miracoli non so per quanto tempo possono continuare».

La telefonata di rito

«Sì amore, abbiamo vinto al 49’!», grida nel telefono Esciua, che come ad Altopascio si emoziona. E aggiunge subito: «Ha perso anche la Pianese, siamo a un punto». Ha la sciarpa beige ormai lungo il corpo che sembra un pitone, la camicia slacciata e capelli fradici ma un viso che sembra il miglior spot per la felicità».

Il “tris” della tribuna

Il Mago Cesarini, che ora può camminare senza stampelle, non crede ai propri occhi: «Che gruppo, che cuore hanno questi ragazzi, m’ero sentito morire dopo il loro pareggio. Questa è la quarta vittoria consecutiva a cui assisto, che gioia, ce lo meritiamo». Anche Sasha Cori si stropiccia gli occhi: «Tanasa è fenomenale, siamo in paradiso con quella prodezza, però ce la meritiamo». Daniele Bartolini, il nostro play con un ginocchio fuori uso, s’intrattiene col presidente. «Siamo grandi, non muoriamo mai. Ora massima concentrazione sulla Pianese. Il mio sogno è giocare qualche minuto prima della fine e poter partecipare alla festa, perché sto facendo passi da gigante per il recupero definitivo».

Schiaroli si riprende

«Ho chiesto scusa alla squadra, quando ho sentito fischiare il rigore è come se fossi morto...». Già ammonito, s’è preso anche il rosso. «La palla è slittata, ho perso il tempo, sono cose che possono capitare....». Gli ultimi dieci minuti li ha visti dal sottopassaggio: «Tanasa è fantastico, tutti i miei compagni sono fantastici perché si sono gettati all’assalto nonostante ci potesse bastare anche il pari quando abbiamo saputo che la Pianese perdeva...». Gli diciamo della sofferenza del Grosseto, la sua ex squadra: «Sorride sardonicamente...». Vecchie ruggini con l’uomo-mercato dei maremmani. All’interno lo staff amaranto s’affanna a ripiegare lo striscione inviato dagli ultrà: “Vogliamo undici leoni”, che era stato esposto di fronte alla tribuna coperta. È la rabbia, il coraggio, la determinazione c’è stata anche dopo essersi complicati la vita.

ll diesse Doga e il bambino

Il ds Alessandro Doga stringe suo figlio Lorenzo avvolto in una sciarpa amaranto. «Alla Pianese abbiamo mangiato otto punti in quattro partite, un’ impresa di questi ragazzi che hanno la capacità di soffrire e di non arrendersi mai. Ora la capolista verrà da noi domenica credo con un senso di autostima non più ferreo come un mese fa». Il tecnico Fabio Fossati è stralunato ma abbraccia tutti, il presidente per primo: «Sì, quel rigore era evitabile. Ma godiamocela questa vittoria che ci consente di riaprire il campionato».

La telefonata a Leo Picchi

Il presidente Joel Esciua mezz’ora dopo la fine della partita ha un pensiero per Leo Picchi. «Ciao, sono il presidente, ti rinnovo le condoglianze mie e della società tutta. Ci tengo a salutarti e anche a invitarti alla partita di domenica prossima, molto importante per il nostro futuro. Capisco che sei ancora in uno stato di prostrazione per la perdita di tua madre, però questo è un invito che mi parte dal cuore». Dall’altro capo Leo s’emoziona mentre in auto sta portando suo figlio a prendere l’aereo. «Grazie, ci penso, sarei felice, sa bene che il Livorno è nel mio cuore». Lo interrompe Joel: «Lo stadio è tuo, porta il nome di tuo padre, nell’atrio ogni giorno Armando. Se vieni siamo felici, sei uno dei nostri e porta pure anche tuo fratello e i tuoi familiari».

Un tifoso da Alessandria

Fabio Marenco è venuto da Alessandria. Con lui ci sono altri cinque tifosi: fanno parte di “Versilia amaranto”. Bevono birra, fanno cori, salutano col pugno. Sono Giacomo Balsi, Leonardo Bardi, Iann Di Clemente e Cesare Tarabella. Mentre parlano arrivano i carabinieri: «Cosa volete? – sbottano – Non siamo di Livorno, qui ci possiamo stare». Poi alla fine, dopo la rete di Tanasa, c’è tensione si prendono con alcuni tifosi del Seravezza, ma finisce tutto nel giro di pochi minuti. Signori, il miracolo è avvenuto: questo Livorno s’è rimesso in corsa. Ora viene il bello.


 

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