La rabbia dei pescatori livornesi: «Sbloccate subito lo strascico»
Da novembre doveva ripartire l’attività ma è scattato un fermo forse fino a gennaio: «Così saremo rovinati e per i consumatori il pescato locale sui banchi sarà raro»
LIVORNO. Dalla Darsena Vecchia, nel cuore del porto mediceo, parte il grido di dolore dei pescatori. Con la fine di ottobre i pescherecci dei quadranti 8, 9, 10, 11, quelli che dalla Liguria arrivano praticamente alla punta ovest della Sicilia, avrebbero dovuto riprendere la loro regolare attività di pesca allo strascico dopo il cosiddetto “fermo biologico”. Ma già da agosto il sentore che qualcosa di diverso si sarebbe prospettato, cominciava ad essere nell’aria. In sostanza (secondo i pescatori), vuoi per errori di calcolo della commissione competente a Bruxelles, vuoi per incertezze ritenute colpevoli da parte del ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, vuoi infine perché i 15 mega pescherecci di Mazara del Vallo che hanno la licenza di pesca mediterranea (e in pratica possono andare ovunque) hanno consumato da soli il 45% delle giornate di attività in mare a disposizione, il fermo si allunga di un mese, e rischia di durare anche a tutto dicembre.
Una disdetta per l’intera flotta del mar Tirreno composta da 500 imbarcazioni (ciascuna con 140 giorni di pesca a disposizione) che da Sanremo fanno tutto il Tirreno, comprendendo anche la Sardegna.
Un intero settore in crisi, spese correnti, mutui da pagare, a fronte di ristori di fermo ancora da pagare e indietro di due anni. Da tenere presente, che ci sarebbero anche 50 barche demolite nell’intera area che sono rientrate nei conteggi come fossero operative. Un cacciucco all’italiana, insomma. Con il popolo dei pescatori in rivolta e che ritiene di non essere stato tutelato.
Già durante l’estate, il vento che soffiava, non prometteva bene al termine di una riunione urgente con il ministero. Si annunciava che le giornate di pesca per lo strascico del Westmed erano quasi esaurite, a causa delle operazioni di 15 imbarcazioni siciliane abilitate alla pesca mediterranea che pescano 24 ore su 24, sette giorni su sette. L’annuncio quasi certo che si sarebbe andati incontro a un blocco immediato della pesca a strascico.
Federpesca e Legacoop avvisate del rischio di un decreto che avrebbe interessato gli addetti del settore di tutta l’alta Toscana e della Liguria. Ma anche in Sardegna, ad esempio, è uguale. A nemmeno 24 ore dalla scadenza del primo mese di fermo delle marinerie, il Masaf ha deciso di rendere attivo un decreto che blocca per un ulteriore mese tutte le imbarcazioni professionali. Una rivolta vera e propria. Con stipendi che già non sono entrati e la prospettiva che mancherà anche quello di novembre. Senza certezze per dicembre e con gli indennizzi da riscuotere indietro di due anni. Niente documenti per la ripresa, barche ferme a banchina. Un comparto produttivo in ginocchio ma anche tutta l’economia che gira attorno alla pesca.
Una prospettiva incerta, che mette a rischio il futuro di tanta gente, non solo quelli che vediamo ormeggiate tutti i giorni davanti ai Quattro Mori, che in totale, sono una decina.
Pescato locale a rischio
Le barche siciliane accusate di aver fatto man bassa dalle loro parti impoverendo le risorse geograficamente a loro vicine, che si stanno spostando ormai da tempo alle nostre latitudini pescando gamberi rossi “che di Mazara del Vallo hanno solo la provenienza del peschereccio pescandoli dietro Capraia”. Con il fermo che si andrà a protrarre, anche il pescato nostrale sui nostri banchi sarà cosa sempre più rara. Proveniente magari da chi opera coi palamiti. Poca cosa, rispetto alla domanda. Il resto, pur fresco, arriverà da più lontano.
Lettera a Mattarella
Arrabbiati, ma non rassegnati, quelli della Cooperativa Labronica, hanno anche scritto al Presidente della Repubblica, denunciando che il provvedimento non ha tenuto conto delle esigenze economiche delle famiglie, degli armatori e del personale imbarcato, nonché dell’indotto che viene fortemente danneggiato. Si adduce il tutto ad un cattivo monitoraggio da parte del ministero che, in prima battuta non aveva fissato un limite prestabilito alle giornate di pesca. Alcuni (le barche di Mazara) hanno pescato più del dovuto, finendo col penalizzare la grande maggioranza con il risultato che la commissione pesca della Comunità Europea ha richiesto il fermo. Tutto si riduce ad un numero residuo di giornate di pesca insufficiente per far fronte alla gestione degli interi 365 giorni dell’anno. Un diritto al lavoro negato, e la richiesta a Mattarella di intervenire affinché il provvedimento venga sospeso.
I pescatori livornesi
Donato Granieri, 66 anni e tanta voglia di andare in pensione non sa se piangere o ridere. «Ho una barca da sedici metri e mezzo che pagai 500 mila euro, che finisco di pagare nel 2027 e che ora, se trovo qualcuno disposto a darmene meno della metà, gli vendo di corsa. È che non trovi nessuno. I siciliani vengono sotto la Capraia, appoggiano all’Elba col maltempo e poi riprendono. Senza sosta. Io so che a parte il fermo biologico, devo fare in base alle statistiche che mi riguardano, altri 55 giorni aggiuntivi. Da scegliere anche al momento, avvisando la Capitaneria, compilando moduli. Quest’anno, ci era stato detto che tutto si sarebbe esaurito col solo fermo biologico. Mettendo un numero fisso di giornate, da suddividere per tutte le barche dei settori 8,9,10,11. Indistintamente dalla grandezza della barca e senza tener conto che uno poteva essere in rimessaggio per dei lavori e non essere effettivamente in mare. Casi realmente accaduti. Con gente che si è trovata le giornate di pesca terminate, senza essere uscito. Sarebbe più equo che se hai una barca di venti metri fai cento giorni, se ne hai una di 30, ne fai 200. Facendo di tutta un’erba un fascio, ecco le barche di Mazara. Grandi, che vanno anche in acque internazionali. Fisse in mare, scaricano e ripartono. Random. Consumando quasi la metà dell’intera torta a disposizione».
Rischio gennaio
«Alla barca, spettano 1400 euro, ma io ne pago 2000. E se prendo magari un verbale (basta una minima infrazione) che mi costa due punti magari per una bandiera consumata o una lampadina bruciata, per l’anno dopo mi salta la possibilità di istruire la pratica per il fermo biologico».
Sempre sul fattore economico si insiste. «Ho fatto dei lavori di manutenzione ordinaria, oltre 5 mila euro, convinto di poter ripartire subito. A questo punto, era meglio fare tutto più avanti. Sarei rimasto esposto per molto meno tempo. Non guadagno ed in più, ho tolto risparmi dalla banca».
Fondali tutelati
Gli fa eco Alessio Morlè. Difende la categoria, lui, classe 1986, barca di venti metri e pescatore di terza generazione, specificando che la pesca a strascico si fa su fondali sabbiosi, non si rovina niente, «noi gli si vuole vene al nostro mare, i siciliani un po’meno invece…».
Da sei anni esce e si sacrifica. «Quando iniziai, arrivò la novità del fermo aggiuntivo, con 15 giorni, passati a 30, poi a 45, fino a 60 dell’anno scorso, esclusi il sabato e la domenica che non vai in mare. Nel 2024, da Sanremo alla punta di Palermo, i 500 pescherecci a strascico del Tirreno, avevano circa 59 mila giornate di pesca, consumandone 56 mila e cinquecento. Per quest’anno le associazioni di categoria che ci rappresentano al ministero, ci avevano informato che il fermo aggiuntivo non ci sarebbe stato e potevamo procedere tranquilli. Ma ai primi di agosto, qualcosa è di colpo cambiato e ci è stato detto che le giornate di pesca erano praticamente finite. E poi si è scoperto che tutto è dipeso dai pescherecci arrivati da Mazara che stanno in mare a ciclo continuo. Noi per legge dobbiamo sottostare a regole ferree, questi invece fanno come gli pare e razziano i fondali». Un modo per uscirne? «Azioni di protesta in mare, non possiamo farne. Andremo incontro forse a denunce e rischiamo l’integrità delle nostre imbarcazioni. L’unica arma, andare per vie legali e cercare di far valere le nostre ragioni, che non sono solo quelle dei livornesi, ma anche dei liguri, dei sardi e delle altre regioni che si affacciano sul nostro mare. Non possiamo stare inermi, subendo un fermo per novembre e senza certezza che potremo riprendere almeno a dicembre. Indignati e preoccupati, vogliamo urlare basta». l
