Livorno, portiere in campo con la maglia “Palestine”: «Mi hanno costretto a toglierla». La Figc: cosa dice il regolamento
Stefano Izzo, portiere in Terza categoria: «Volevo solo mostrare solidarietà. Perché non ho potuto tenerla? È un simbolo di disobbedienza così forte?»
LIVORNO. «Sarei dovuto scendere in campo con la scritta “Palestine” sulla maglia, ma sebbene mi sia stato concesso di entrarci, mi è stato poi detto che avrei dovuto toglierla prima del fischio d’inizio». Dice di provare disappunto Stefano Izzo, portiere del Guasticce (società che non è coinvolta nella questione parlando il giocatore a nome personale), per il fatto che gli è stato negato di esprimersi come avrebbe voluto. «Il mio – spiega il calciatore al Tirreno – era solo un modo di esprimere solidarietà a un popolo».
Probabilmente non si aspettava che il suo racconto avrebbe avuto una tale eco. Ma il post che ha pubblicato su Facebook è stato condiviso varie volte e commentato da personaggi pubblici e addetti del settore perciò, alla fine, è andata a finire che se n’è parlato. «Non voglio essere strumentalizzato – dice – quello era il mio modo di manifestare vicinanza ai palestinesi, non volevo portare un movimento di protesta all’interno di un campo di calcio».
Parla il giocatore
Questo il messaggio pubblicato da Izzo: «Sono un umile portiere di terza categoria livornese, questa era la maglia con cui sarei dovuto scendere in campo oggi (quella in foto, ndr). Maglia pericolosa secondo la federazione che mi avrebbe permesso di fare l’ingresso in campo indossandola per poi toglierla prima del fischio del direttore di gara per l’inizio della partita. Decisione che mi ha trovato contrariato e veramente schifato. Il 4 ottobre ero a Roma per la stupenda manifestazione che c’è stata, ho visto con i miei occhi il disappunto del popolo per quel che sta succedendo e non posso accettare che si abbia paura di far giocare un semplice portiere di terza categoria con questa maglia, che altro non è che una maglietta di una squadra di calcio. E mi chiedo: è diventata un simbolo di disobbedienza così pericoloso?». Per Stefano, appunto, questo è stato «un modo di manifestare vicinanza al popolo palestinese». La storia è stata immediatamente rilanciata dal coordinatore della Fondazione Lem Adriano Tramonti. «Credo – ha sottolineato Tramonti – che la lega nazionale dilettanti Toscana e la sezione italiana arbitri Baconcini di Livorno debbano chiarire questo episodio».
La replica della Figc
Per quanto riguarda la lega, Bruno Perniconi, vicepresidente della federazione regionale della lega nazionale dilettanti, dice che, «in generale, se una società vuole, per fare un esempio, portare uno striscione in campo dovrebbe prima della gara chiedere autorizzazione alla federazione la quale, se non ci sono motivi particolari, la concede. Se un gesto del genere è estemporaneo allora normalmente il giocatore chiede all’arbitro che si consulta con i suoi organi superiori. C’è comunque un articolo del Noif (norme organizzative federali, ndr) in cui si dice che non è consentito apporre sugli indumenti di gioco scritte di natura politica o confessionale». «Chiarisco – interviene su Facebook Marco Bolano, presidente della sezione dell’associazione italiana arbitri Baconcini di Livorno – che non abbiamo alcuna intenzione di essere tirati in mezzo in questioni che non riguardano minimamente il gioco del calcio. Gradirei soprattutto che dirigenti delle società calcistiche livornesi si astengano dal fomentare tensioni inopportune e pericolose, estranee allo sport, su ragazzi e ragazze livornesi che lo sport lo svolgono con passione scendendo nei nostri campi di provincia con la divisa da arbitro. Per ogni chiarimento, il regolamento del gioco del calcio è scaricabile».