Livorno, tentato omicidio fuori dal locale. Lo psicologo: «È in atto una deriva culturale»
Lo psicologo Lauro Mengheri «Non prevediamo più le conseguenze delle nostre azioni». Poi l’appello alla nostra classe dirigente: «È un problema serio e va risolto subito»
LIVORNO. «Oggigiorno abbiamo ormai raggiunto una deriva culturale: il tempo di esecuzione è aumentato in maniera clamorosa, dato che non abbiamo più il tempo di riflettere. Non metabolizziamo niente. I giovani passano ore e ore sui social, anziché parlare al telefono si inviano i messaggi vocali su Whatsapp e direttamente dialogano poco. Questo ha un effetto importante sulla nostra crescita: non c’è, perché il confronto è crescita e così questa viene inibita. Cosa può essere successo in via Provinciale Pisana l'altra notte io non posso saperlo, ma sicuramente c'è stata una sottovalutazione delle conseguenze che un gesto del genere poteva provocare».
Dopo il tentato omicidio della notte fra sabato 27 domenica 28 settembre fuori dalla discoteca “Appendaun club”, alla periferia nord della città, a parlare è Lauro Mengheri, psicologo clinico livornese, laureato all’Università “La Sapienza” di Roma, dello “Studio Verbavoglio” e già presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana. All’esterno del locale (le immagini girate in un video pubblicato sul sito del Tirreno sono inquietanti) una trentaquattrenne italo-cubana (Ievanet Cambara Zorril il suo nome) dopo una lite che aveva coinvolto il suo compagno, il trentottenne ex pugile livornese e istruttore di boxe Federico Gonzaga, ha tentato di travolgere alla guida della sua macchina una comitiva di ragazzi peruviani, nel frattempo intervenuti in supporto di una diciassettenne alla quale lo sportivo aveva buttato via il cellulare perché pensava che lei lo riprendesse durante una lite con un’altra donna, colpendo in pieno la minorenne, poi rimasta schiacciata fra un muretto e un'auto parcheggiata durante la follia di Cambara Zorril. La giovane ora rischia la disabilità permanente dato che la gamba destra è rimasta incastrata fra il cemento e le lamiere, subendo una frattura scomposta.
Mengheri, come si può arrivare a reazioni così spropositate?
«Chi lo sa è bravo, mi verrebbe da dire. In ogni caso c’è un’inchiesta penale in corso, lo stabiliranno gli inquirenti, noi possiamo solo analizzare l'accaduto da un punto di vista prettamente scientifico. In generale posso dire che può esserci stata una seria sottovalutazione delle conseguenze. Anzi, dirò di più: spesso le persone non si rendono conto degli effetti delle azioni che compiono. Non escludo che anche in questo caso possa essere accaduto lo stesso».
Una persona, quindi, può non prevedere che travolgendo delle persone in macchina ne causi il ferimento o peggio ancora la morte?
«Ciò che succede nel mondo ci dice questo, ma ripeto: nel caso specifico io non posso e non voglio entrare. Sta di fatto che negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a un aumento esponenziale dell’aggressività».
Come si possono evitare certe tragedie?
«Bisogna ricostruire, lo devono fare i Governi di tutto il mondo, visto che non è un problema che riguarda solo Livorno o l’Italia: a mio avviso c’è un problema culturale che arriva da lontano e non riguarda solo gli adolescenti o giovani. Dove non c’è cultura, quella con la “C” maiuscola, le persone sono sempre più aggressive, non riflettono, non metabolizzano, reagiscono in modo spropositato. Il genere umano ha la capacità di inibire la risposta impulsiva, ma ora sta venendo meno: facciamo fatica a farlo».
Perché?
«Un insieme di fattori, che riguarda anche la cosiddetta “parte alta” della società. Quando vediamo le “risse” dei politici nel talk show televisivi assistiamo esattamente a questo: non si capisce niente, ognuno parla sopra l’altro, manca il confronto fra le diverse idee. Se i Governi mondiali non prendono in carico certe problematiche la situazione non potrà che peggiorare. E sinceramente sono francamente poco fiducioso».
Faceva riferimento ai vocali su Whatsapp, sempre più diffusi. Un segnale della mancanza di confronto fra le persone?
«Si tratta di una comunicazione indiretta, perché va a sostituire le telefonate e la relazione diretta. È un grande problema, perché senza il confronto non si cresce. È un parlare a distanza che non fa bene e tutte queste cose insieme stanno incrinando la nostra società».
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