Il Tirreno

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L'inchiesta

Livorno, sbarcano in porto con 160mila euro in mazzette nascosti sotto i sedili

di Stefano Taglione
Un militare della guardia di finanza (foto d'archivio)
Un militare della guardia di finanza (foto d'archivio)

Due persone sorprese dalla guardia di finanza appena scese dal Moby Aki, partito da Olbia. Indagate per riciclaggio. Hanno fatto ricorso in Cassazione: ecco la decisione

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LIVORNO. Un’auto sbarcata in porto con 160mila euro sotto i sedili posteriori, divisi in mazzette e custoditi in tre sacchetti di nylon, oltre a 2.300 euro trovati nella tasca di uno degli occupanti. È un ingente sequestro quello messo a segno qualche mese fa dalla guardia di finanza nei confronti di due cittadini cinesi appena arrivati sulla Moby Aki salpata da Olbia: sono il sessantunenne Lei Quifeng e il trentaseienne Linkxin Yang, residenti in Sardegna e indagati per riciclaggio. Ora però la Cassazione, su ricorso dell’avvocato Giuseppe Interrante, che difende Yang, ha dichiarato la competenza del tribunale di Cagliari, estromettendo quello livornese.

La difesa

«In sede di riesame – è un passo della pronuncia – la difesa aveva dimostrato la provenienza del denaro tale da escludere il “fumus” del riciclaggio e, in particolare, la certificazione del fatto che il ricorrente fosse dipendente della società della madre, il cui ultimo bilancio presentava un attivo di dieci milioni con una liquidità per circa 76mila e liquidazioni periodiche di Iva per centinaia di migliaia di euro. Segnala che erano state prodotte fatture di vendita, avvenute per contanti, per 220.500 euro nel 2024, somma coerente con quella oggetto del sequestro e rispetto alla quale il tribunale ha erroneamente sostenuto non esservi prova della destinazione laddove l’illiceità deve attenere, piuttosto, alla provenienza delittuosa».

L’accusa

Secondo la finanza, invece, «da controlli eseguiti nell’immediatezza – si legge nel dispositivo – era emerso uno squilibrio fra la posizione reddituale di Yang e l’ingente disponibilità di denaro di cui era stato trovato possesso e, per altro verso, la circostanza che la ditta della moglie, operante a Cagliari, non aveva presentato dichiarazioni fiscali sin dal 2021». «Competenza sarda» «Alla luce dell’ipotesi ricostruttiva – proseguono i giudici – è evidente che il tribunale di Livorno non potrebbe mai essere competente a giudicare del delitto per cui si procede nei confronti dell’indagato che qui era stato fermato e perquisito, ma dove era “di passaggio”, recando con sé il denaro asseritamente frutto dei reati fiscali commessi a Cagliari, “confezionato”, destinato a essere utilizzato o “trattato” con modalità tali da recidere o rendere difficile risalire alla sua origine. Nessun dubbio, nel caso di specie, che la condotta di riciclaggio contestata – prosegue la Cassazione – non possa aver avuto inizio a Livorno, che era di “transito” laddove invece, proprio seguendo la ricostruzione operata dal pm e dai giudici della cautela, è ragionevole ritenere che sia stato a Cagliari, sede della ditta della donna e luogo cui sarebbero stati consumati i reati “presupposto” di cui quella liquidità sarebbe stato il frutto, che il denaro fosse stato ricevuto, “confezionato” e occultato nell’auto. Di qui la competenza territoriale del tribunale di Cagliari».

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