Lacrime in pista
Livorno, addio al "maestro" Giangi Debolini: era batterista e leader dei Samurai
Suonò pure a Londra e Hollwood: aveva 84 anni e con la famiglia portava avanti l’omonima agenzia di piazza Attias. Con la band jazz-rock, soprannominata gli "Anti-Beatles" italiani, si esibì anche in Germania
COLLESALVETTI. Lo chiamavano “Il maestro”. Era la mente dei Samurai, la band jazz-rock livornese degli anni Sessanta che vinse il Premio Davoli davanti ai Rockets. Con loro ha suonato perfino a Londra: li chiamavano “gli Anti-Beatles italiani”. Livorno perde il grande batterista Gian Giacomo Minucci Debolini, per tutti “Giangi”, imprenditore di 84 anni con una storica agenzia di amministrazione beni (condomini, ma non solo) in piazza Attiase musicista di prim’ordine. È scomparso il 18 luglio nella sua abitazione di Nugola.
Chi era
Lo scrittore Renzo Pacini, l’anno scorso, su “Giangi”, ha pubblicato un libro presentato a Villa Lloyd. «Si intitola “Giangi il batterista, vita di una testa di pazzo” – racconta l’autore – e pretese proprio queste parole, poiché nella vita mi disse di aver rinunciato a grandissime opportunità sia in America che in Inghilterra, mettendo al primo posto la famiglia e una vita tranquilla. Sosteneva di aver sacrificato la sua arte, ma di questo non era rammaricato. Cominciò a cantare a 16 anni, pure con Fred Buscaglione. Poi si è innamorato della batteria. È grazie a sua madre, che ha creduto in lui, che ha coltivato questa passione. Lei avrebbe preferito che studiasse al Nautico, ma comprese le sue grandi capacità e lo indirizzò lì, alla Casa musicale Ceccherini di Firenze, con il maestro Buster Smith. Tutti i giorni era qui a Livorno ospite della mamma di Giangi».
Le tournée
Con i Samurai si è esibito in Inghilterra, in Germania e non solo. Da solista, inoltre, ha suonato negli Stati Uniti, ad esempio a San Francisco e Hollywood. «Ogni volta che capitava l’occasione – racconta Marco Pieri – facevamo dei duetti con canzoni di Frank Sinatra, quasi sempre: “I’ve got you under my skin”, “Cheek to cheek”, “New York New York” e a chiudere “My Way”. Lui era un grande professionista, aveva suonato e cantato nei posti dove la musica contava davvero. Ad Hollywood, in un famoso locale di jazz di Sunset Boulevard, quando terminò il suo contratto come batterista, gli chiesero di rimanere come cantante per il suo swing. Durante la famosa crociera della “Rca” di fine anni Sessanta c’erano tutti i musicisti più famosi della nota casa discografica, quando ci fu da accompagnare Charles Aznavour chiamarono lui. A Livorno è stato un personaggio noto a tutti, sempre positivo, generoso, elegante e aperto. Le occasioni di incontro erano quasi sempre musicali, con Giangi e Lilly, quella che una volta si diceva “una bella coppia”, si parlava di musica di qualità dei bei tempi passati, che per noi continuavano a esistere. Il jazz italiano ha perso un grande batterista e un valente cantante. Livorno ha perso un grande musicista e un amico generoso».
I ricordi
Debolini era sposato con la moglie Ileana Perolini, “Lilly” per tutti: «Siamo stati 50 anni insieme, era speciale – le sue parole –. Abbiamo fatto tanti viaggi, ne eravamo appassionati: in America, Brasile e non solo. L’attività di piazza Attias è storica, esiste dal 1800, si è tramandata per generazioni. Mio marito era una persona buona, devota, aveva tutti i pregi possibili ed era assai migliore di me, attento a ogni mio desiderio», così lo ricorda. «Un amico sincero, con cui ho passato grandi serate di musica in modo intelligente e divertente. Un signore vero», prosegue l’amica Maria Rosaria Sponzilli.
Il funerale
L’ultimo saluto il 19 luglio, alle 16, al cimitero della Misericordia a cura delle onoranze funebri della Svs.
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