Tumori della pelle, i dati choc di Livorno non si spiegano soltanto con il troppo sole: «C'entra l’inquinamento»
Secondo il professor Spinelli, la causa dell’anomalia non è solo l’esposizione solare: idrocarburi, metalli pesanti e Pfas potrebbero essere legati all’aumento dei melanomi, soprattutto tra i più giovani
LIVORNO. «Non c’entra solo l’esposizione al sole, ma anche l’inquinamento. Esiste infatti una correlazione tra inquinanti ambientali e sviluppo dei melanomi, in particolare tra melanomi e idrocarburi policiclici aromatici, inquinanti associati alle industrie chimiche e petrolifere». Il professor Claudio Spinelli, ordinario di Chirurgia pediatrica e infantile dell’Università di Pisa, fino a oggi ha pubblicato oltre 600 articoli scientifici e undici monografie.
L’ultima è stata pubblicata nel 2024 dall’University Press di Pisa, dal titolo “Il carcinoma della tiroide dopo Chernobyl e Fukuscima”. Ha poi realizzato numerosi studi sugli aspetti clinici ed eziopatogenetici dei tumori infantili, soprattutto sui tumori della tiroide e sui melanomi. Ed è in corso di pubblicazione sulla rivista “Cancer” l’ultimo articolo dedicato ai melanomidal titolo “Pfas pollution in Tuscany: correlation with pediatric thyroid cancer, melanoma and genitourinary malformations”. Tradotto: inquinamento da Pfas (vasta famiglia di composti chimici artificiali, noti per la loro persistenza nell’ambiente e negli organismi viventi) in Toscana: correlazione con il tumore tiroideo pediatrico, melanoma e malformazioni genito-urinarie.
Professore, in un’intervista al Tirreno il dermatologo Giovanni Bagnoni ha parlato di 400 nuovi casi di melanomi a Livorno nel 2024, un’incidenza dei tumori della pelle di gran lunga superiore rispetto ad altre città toscane e più in generale italiane: è solo colpa del sole?
«Negli ultimi decenni l’incidenza dei melanomi è aumentata in tutto il mondo, sia nella popolazione adulta, sia nei giovani. Si tratta di uno dei principali tumori che insorgono in età giovanile. Nei giovani il melanoma si manifesta, da un punto di vista clinico, con uno stadio più avanzato di malattia rispetto a quello degli adulti. Purtroppo, ho operato numerosi bambini in cui ho asportato, oltre alla lesione cutanea, anche i linfonodi locoregionali (i linfonodi che si trovano nella stessa zona anatomica di un tumore, ndr) positivi. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha calcolato che nel 2020 sono stati diagnosticati nel mondo 325mila nuovi casi di melanoma, con una rilevante variabilità tra sesso, razza, etnia e localizzazione geografica. Una vera spiegazione biologica sul perché di queste discrepanze deve ancora essere determinata».
Chi detiene il triste primato per l’incidenza più alta di melanomi?
«La più alta incidenza di melanomi al mondo è stata registrata in Australia, nello stato del Queensland (area geografica della costa nord- occidentale, altamente industrializzata, ndr). Purtroppo, Livorno ha un’incidenza non solo più alta d’Italia, ma supera quella australiana. Questo dato fu riportato già nel 2019, in un articolo pubblicato su “Pediatric Surgery International”. Lo studio, eseguito in collaborazione con l’ospedale di Livorno, era basato su una casistica di 426 pazienti affetti da melanomi, operati dal 2006 al 2016 nell’Area vasta nord ovest».
Con quali risultati?
«I dati dimostravano un’incidenza significativamente più elevata rispetto alle altre aree della Toscana e del resto del territorio italiano ed europeo. Il tasso risultava di 97 casi per milione di abitanti, addirittura ancora più alto di quello dello stato del Queensland: 87 casi per milione. I dati riportati nel recente articolo del Tirreno sono ancora più allarmanti: nel 2024 sono stati diagnosticati 400 melanomi, rispetto ai 12 del 1993».
Che idea si è fatto sulle cause?
«Le reali cause di questa incidenza così elevata rimangono sconosciute. Non sembra sufficiente spiegarle solamente con le cattive abitudini dei livornesi di continuare a prendere il sole. Anche la popolazione di Pisa, di Viareggio e delle altre città costiere, ha la stessa abitudine, ma non hanno questo tasso così alto di melanomi. L’elevata esposizione al sole rappresenta certamente un importante fattore di rischio per lo sviluppo dei melanomi, ma è improbabile che possa da sola spiegare un aumento così marcato».
Quindi?
«Le cause probabilmente sono multifattoriali. Il cambiamento climatico e la presenza dei gas serra o climalteranti, correlato all’assottigliamento dello strato di ozono che circonda la terra, proteggendola dalle pericolose radiazioni ultraviolette del sole, ha contribuito all’aumento delle radiazioni UV, con conseguenze nocive, sia per la salute umana, sia per le biodiversità».
In che modo?
«Le radiazioni ultraviolette alterano il Dna delle cellule cutanee favorendo una loro trasformazione neoplastica. Comunque, numerosi studi in letteratura scientifica riportano anche una correlazione tra inquinanti ambientali e sviluppo dei melanomi. In particolare, tra melanomi e idrocarburi policiclici aromatici, inquinanti associati alle industrie chimiche e petrolifere. Anche ftalati, diossina, metalli pesanti, come mercurio, piombo, cadmio e arsenico, derivati dall’inquinamento naturale o antropico, agiscono come potenti interferenti endocrini e aumentano il rischio delle neoplasie ormono-dipendenti, tra cui anche i melanomi. Inoltre, effetti cancerogeni per l’uomo sono stati legati ai composti perfluoroalchilici (Pfas)».
Di cosa si tratta?
«Sono sostanze inesistenti in natura, invisibili e resistenti alla degradazione a causa della loro stabilità chimica: un legame carbonio-fluoro, indistruttibile ed eterno. Vengono usati in molti processi industriali. Si ritrovano nelle acque reflue dei distretti tessili, cartari, conciari e florovivaistici, e contaminano acqua, alimenti, vegetali e animali, accumulandosi anche nell’organismo umano».