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Livorno, rogo nel palazzo delle case popolari: due condanne per omicidio colposo

di Stefano Taglione
L'incendio alla Scopaia
L'incendio alla Scopaia

Nel terribile incendio del condominio di viale Città del Vaticano, alla Scopaia, morì a 60 anni l'operatore Aamps Milco Santini: ritenuti responsabili due vicini. Una candela accesa durante un black-out attaccò la gommapiuma di un divanoletto, poi l'inferno

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LIVORNO. Sono stati entrambi condannati per omicidio e incendio colposo per aver provocato il drammatico rogo nel condominio di case popolari di viale Città del Vaticano 86, alla Scopaia, dove purtroppo è morto intossicato a 60 anni l’operatore ecologico di Aamps Milco Santini, che abitava in uno degli alloggi di Casalp insieme alla madre Isabella Capodicasa, che per fortuna è sopravvissuta. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale labronico, nelle scorse settimane, ha pronunciato la sentenza di colpevolezza in rito abbreviato nei confronti del sessantaduenne Valter Orlandini, difeso dall’avvocato Nicola Forcina, e della moglie cinquantacinquenne Silvia Guerrazzi, ovvero gli inquilini dell’abitazione al piano di sotto, dalla quale è partito l’incendio che ha provocato anche nove fra feriti e intossicati: per lui nove mesi e 16 giorni di reclusione – una pena diminuita in virtù di una riconosciuta parziale incapacità di intendere e di volere – mentre per lei un anno e due mesi di reclusione. Per entrambi, in virtù del rito premiale che ha accelerato l’iter processuale, è già previsto lo sconto di un terzo della pena, peraltro con la sospensione condizionale. L’assicurazione del palazzo, nel frattempo, ha risarcito gli inquilini e, nel caso della vittima, i suoi familiari.

L’incendio

Era la notte fra il 27 e il 28 febbraio di un anno fa quando Orlandini accese una candela per farsi luce durante un black-out elettrico, con il fuoco che ha poi attaccato la gommapiuma di un divanoletto del soggiorno e le fiamme si sono propagate in tutto l’appartamento, con il fumo (denso e irrespirabile) che ha rapidamente invaso l’intero edificio, uccidendo Santini. La madre, dopo che l’abitazione era stata dichiarata inagibile, era stata trasferita da Casalp – l’istituto provinciale per l’edilizia pubblica, proprietario dell’immobile – in un diverso quartiere, mentre gli altri inquilini con il passare delle ore (e in alcuni casi dei giorni) sono poi potuti rientrare nelle rispettive case in quanto il palazzo, per fortuna, è risultato agibile. Una notte che gli abitanti del quartiere non scorderanno mai, con l’apertura della parrocchia decisa proprio per dare rifugio, in quelle ore di paura e freddo, agli sfollati. Alcuni dei quali, fra l’altro, salvati dai vigili del fuoco con l’autoscala.

Il salvataggio

Proprio Orlandini, oggi condannato, quella notte venne salvato da un vicino di casa, l’ex dipendente di un’officina navale e della raffineria Eni di Stagno (quando ancora si chiamava Stanic) Vito Calvaruso, 68 anni. «Ho sentito le urla e sono uscito sul pianerottolo – le sue parole al Tirreno poche ore dopo il rogo – trovando una vicina che gridava disperata. Le ho detto: “Ma dov’è tuo marito?”. “In casa”, mi ha risposto. Così sono salito di un piano, visto che abitano sopra di me, e l’ho salvato fra le fiamme alte. Per fare le scale a un certo punto mi sono dovuto quasi sdraiare, perché non vedevo niente e respiravo malissimo. Ho anche l’asma, quindi faticavo il doppio. Ma non potevo farlo morire, dovevo agire». «Era per terra, paonazzo, vicino a un divanoletto. È da lì, probabilmente per una candela rimasta accesa – fu subito la ricostruzione del pensionato, poi confermata dagli inquirenti – che è partito l’incendio. Non si muoveva, me lo sono caricato sulle spalle e in qualche modo l’ho portato giù. Nel mentre mi sono dovuto pure riparare occhi, naso e bocca al fumo acre, altrimenti oltre a Milco sarei morto anche io».

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