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L’inchiesta

Livorno, dirigente dei vigili del fuoco arrestato: nella sua casa trovati 200mila euro in contanti. Perquisite una trentina di persone

di Claudia Guarino

	Giuseppe Mazzotta
Giuseppe Mazzotta

Il dirigente arrestato per corruzione non ha risposto al giudice. Coinvolti imprenditori e professionisti: oltre 30 perquisizioni

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LIVORNO. Ci sono anche imprenditori del territorio, professionisti e titolari d’impresa tra gli oltre trenta destinatari dei decreti di perquisizione eseguiti nei giorni scorsi dagli agenti della Squadra mobile della questura labronica. Si tratta di persone venute in contatto, a vario titolo, con Giuseppe Mazzotta, vigile del fuoco finito in carcere con l’accusa di corruzione e riciclaggio a seguito di un’inchiesta legata, tra le altre cose, al rilascio dei permessi antincendio che – secondo la Procura – sarebbe avvenuto anche a fronte di corrispettivi in denaro.

Le attività d’indagine coordinate dalla sostituto procuratore Antonella Tenerani, d’altra parte, sono ancora in corso e riguardano pure la questione delle capienze. Considerando che l’indagato (a cui nel frattempo sono stati sequestrati quasi 200mila euro in contanti) ha partecipato a diverse sedute della commissione di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, infatti, è molto probabile che le decisioni prese in quel contesto (tra cui appunto gli aumenti di capienza dei locali) debbano essere sottoposte a verifica. Ma andiamo con ordine.

Dove tutto è iniziato

L’inchiesta portata avanti dalla Squadra mobile – adesso diretta da Riccardo Signorelli – ha preso avvio oltre due anni fa a seguito della segnalazione effettuata da un’imprenditrice cinese circa un’attività di competenza del vigile del fuoco adesso indagato. A suo dire, cioè, il dirigente avrebbe chiesto del denaro per rilasciare una certificazione necessaria all’apertura di un locale. Da qui sono iniziate le indagini della polizia che hanno visto anche l’impiego di intercettazioni telefoniche e ambientali. A seguito di queste attività la Procura ha chiesto l’applicazione di alcune misure cautelati e di una trentina tra decreti di perquisizione e di sequestro. Nei confronti del dirigente provinciale dei vigili del fuoco Giuseppe Mazzotta il giudice Marco Sacquegna ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere per il pericolo di inquinamento delle prove. Sottoposto ieri mattina a interrogatorio, l’indagato – difeso dall’avvocato Roberto Nuti – si è avvalso della facoltà di non rispondere. A quanto risulta, d’altra parte, il giudice si è riservato di pronunciarsi nei prossimi giorni circa alcune richieste di provvedimenti cautelari nei confronti di altri indagati.

Perquisizioni

Al momento, comunque, il vigile del fuoco rimane l’unico indagato per cui è stata prevista la misura restrittiva della libertà personale. Nei confronti di un’altra trentina di persone, invece, ci sono state perquisizioni e sequestri di documenti e dispositivi elettronici. Con gli agenti della Squadra mobile che hanno bussato alle case degli interessati nella mattinata di martedì scorso per poi accompagnarli in questura, dove sono stati portati anche i quasi 200mila euro sequestrati all’ingegner Mazzotta.

Le indagini

Le indagini, d’altra parte, proseguono. L’accusa principale rivolta agli indagati, coinvolti però a vario titolo nell’inchiesta, è quella di corruzione. Per esempio per aver fornito a Mazzotta, anch’egli accusato di corruzione (questa una delle tesi della procura) denaro o altre utilità – biglietti per spettacoli o serate e simili – in cambio di permessi antincendio, pareri positivi su aumenti di capienze e alleggerimenti nei controlli.

La capienza

C’è poi tutta la questione legata alla definizione delle capienze, che vengono discusse e stabilite nelle commissioni di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo presiedute dal sindaco o da chi ne fa le veci. La prefettura, da parte sua, si occupa di pratiche collegate a locali con capienza superiore a 5.000 persone. A questo punto dell’inchiesta è logico pensare che le decisioni prese dalle commissioni negli ultimi due anni (almeno quelle a cui ha preso parte l’arrestato) siano sottoposte a verifica. 

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