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Patagarri show: «A Livorno il nostro grido di libertà»

di Luca Balestri
Patagarri show: «A Livorno il nostro grido di libertà»

Dalla strada a X-Factor, al primo disco i giovani lombardi in piazza Mazzini: «Con la musica si raccontano storie poi ognuno trova i suoi messaggi»

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LIVORNO Direttamente dall’ultima edizione di X Factor, dove sono saliti sul terzo scalino del podio, arrivano a Livorno I Patagarri. “L’ultima ruota del caravan” è il loro nuovo album. E ora i sei giovani, nati tra il 1993 e il 2004, sono pronti a scaldare il cuore di Straborgo, stasera domenica 1 giugno, alle 22. In piazza Mazzini Francesco Parazzoli, voce e tromba; Nicholas Guandalin, basso; Jacopo Protti e Daniele Corradi, chitarre, Arturo Monico, trombone e percussioni; Giovanni Monaco, clarinetto e sassofono. Gruppo di artisti lombardi attivo dal 2021, l’originalità si percepisce già dal nome. A raccontare a tuttotondo la band al Tirreno sono Monaco e Parazzoli. «Non sapevamo bene come chiamarci. Questo nome lo abbiamo scelto una sera in cui eravamo alticci. È un nome scelto in onore di una gag di Aldo, Giovanni e Giacomo (trio di comici, nda), siamo dei loro grandi fan».

Quando avete suonato insieme per la prima volta in pubblico?

«Alla sagra del tortello amaro, a Castel Goffredo, a Mantova. Chi era lì era molto simpatico. Il pubblico sarà stato di duecento persone».

E ora invece fate un tour davanti un pubblico più numeroso. Cos’è che caratterizza “L’ultima ruota del caravan”?

«Il sound, che è un po’ grezzo. Molte canzoni sono registrate per metà in presa diretta, cioè senza il click, senza suoni quantizzati. Il sound è quello simile a quello che si sente ascoltando I Patagarri per strada, da dove siamo partiti. Nell’epoca in cui le produzioni hanno raggiunto la perfezione, il nostro sound è casereccio. Il nostro è un disco biologico»

Vi si può definire come una “bio-band”, insomma.

«Con questo stile traspare molto di più l’anima del gruppo, come se fossimo live ai concerti. Passa la nostra parte umana».

Il vostro brano Caravan è un grido di libertà. Che messaggio volete dare ai giovani che vi ascoltano?

«Noi lavoriamo per immagini, storie, poi ognuno deve trarre le sue conclusioni. Il pubblico interpreta come vuole. Con la musica tu racconti le tue storie e le esperienze di vita, dal tuo occhio, poi sta all’ascoltatore interpretare i messaggi. Il nostro non è un messaggio come fosse un sermone. Che sia energia, voglia di ballare o un messaggio sociale speriamo che qualcosa venga trasmesso».

Sei persone da mettere insieme sono tante. Qual è il segreto per fare un album quando si è così numerosi? C’è mai tensione tra di voi?

«Succede che ci scanniamo, ma poi chiariamo. Per tutte le cose, confrontarsi è sempre sano, ma vince sempre l’amore. Un’idea per essere messa nel disco viene filtrata da tutte le teste. È un casino, però funzioniamo così. Non abbiamo neanche capito se siamo una democrazia o no. È capitato che uno si impuntasse per qualcosa, e che per accontentare il più frignone cambiassimo idea. È un compromesso continuo».

Voi siete partiti con le esibizioni in strada. Cos’è che vi piace di questa modalità di spettacolo?

«Non facciamo busking (suonare per strada) da tempo, ma la cosa che ci piaceva di più era il fatto che era sempre una sfida. Il pubblico erano solo i passanti, e vanno sempre conquistati. Quando lo intrattieni è una bella emozione, energia».

Energia che non c’è quando vi esibite in concerto?

«No, no, anche in altri modi l’energia c’è. Ma sono cose diverse. Per strada c’è la questione della casualità, della sorpresa, del fatto che qualcuno non se lo aspetta».

Prima volta a Livorno?

«Siamo contenti, speriamo che il pubblico ci accolga bene. E speriamo di mangiare il 5&5».

Al Concertone del primo maggio, a Roma, avete cantato “Free Palestine”, suscitando polemiche. Lo canterete anche a Livorno?

«Al concerto del primo maggio abbiamo trovato l’escamotage di dire Palestina Libera, sulle note del brano della tradizione ebraica Hava Nagila. Noi ai nostri live lo abbiamo sempre fatto. Suonavamo questa canzone già prima di X Factor.

E ai nostri live già dicevamo Palestina libera, e continueremo». l

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