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Malattie tropicali, il primario Spartaco Sani: «Attenzione alla zanzara tigre, i consigli per viaggiare sicuri»

di Giulio Corsi

	Un’azione per disinfestare dalle zanzare tigre e una provetta con esito positivo alla Dengue
Un’azione per disinfestare dalle zanzare tigre e una provetta con esito positivo alla Dengue

Livorno: Dengue, Zika e Chikungunya hanno un bassissimo tasso di mortalità ma bisogna sapere di essere stati contagiati. Domani pomeriggio in Provincia un incontro informativo con i medici di malattie infettive aperto alla cittadinanza

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LIVORNO. “Malattie infettive emergenti, quali rischi per la popolazione?” È il titolo dell’incontro che si svolgerà domani alle ore 16.30 nella sala convegni della Provincia a palazzo Granducale. Tra i relatori il primario del reparto di Malattie Infettive Spartaco Sani e il suo vice Enrico Tagliaferri. L’incontro aperto a tutti sarà seguito da un dibattito e dalle domande del pubblico.

Dottor Sani perché questa iniziativa?

«Col caldo e l’estate in arrivo il tema delle malattie emergenti torna di attualità. È necessario porre attenzione se si parte per un viaggio verso i Paesi a rischio».

Di quale malattie si parla?

«In particolare di Dengue, Chikungunya, Zika e di altri virus tropicali emergenti».

Quali sono i rischi?

«Sono duplici. Il primo è clinico, il secondo, più grande, è quello di creare focolai autoctoni al rientro dal viaggio».

In che modo?

«Tramite le zanzare che possono dar vita a questi focolai indigeni. Per questo il problema esiste soprattutto d’estate anche se adesso l’arco temporale si è allargato, da marzo a novembre, proprio per il caldo».

Si sono già verificati focolai di questo tipo?

«È successo diverse volte. La prima volta con la Chikungunya. Era il 2007, a Marina di Ravenna: si registrarono più di 300 casi. A portare il virus fu un cingalese che veniva dallo Sri Lanka. Fu un’epidemia in forma virale, per individuare di cosa si trattasse servì un po’ di tempo. L’anno scorso a Fano c’è stato un focolaio importante di Dengue con più di 200 casi e poi contagi secondari di persone che si trovavano nella Marche e la portarono anche in Toscana».

Non è un problema che c’è sempre stato?

«Le malattie tropicali un tempo si prendevano in certi Paesi e il problema si fermava lì. Ora nella nostra area si è stabilita la zanzara tigre che è in grado di trasmettere questi virus, dunque la questione è completamente cambiata: prima non c’erano i vettori ora ci sono ed è importante saperlo. Se sorge un focolaio con 200 casi come accaduto l’anno scorso a Fano, anche se la malattia non è grave nella stragrande maggioranza dei casi, possono nascere situazioni di stress per il servizio sanitario».

Dunque quale comportamento è necessario seguire quando si torna dai paesi tropicali?

«Intanto è fondamentale essere informati sulle malattie che si possono trovare dove si viaggia. C’è stato il vaiolo delle scimmie, che non deve dare preoccupazioni ma che va conosciuto, ora l’influenza aviaria che si è diffusa ai bovini in America».

Oltre ad una corretta informazione cosa bisogna fare?

«Se uno rientra da un viaggio e ha la febbre o determinati sintomi conviene che si rivolga al medico di famiglia o che vada in pronto soccorso oppure che tramite il proprio curante attivi il nostro reparto per una visita infettivologica rapida. Se non si fa un’indagine immediata si rischia di essere potenziale causa di focolai autoctoni».

C’è anche un rischio clinico per chi si contagia oltre alla questione del focolaio.

«Si tratta generalmente di virus non drammaticamente pericolosi ma importanti. Ed è fondamentale sapere di essersi contagiati: la Dengue ad esempio può essere presa una seconda volta e in questo caso può avere una forma severa, e anche grave. Per evitarlo ci sono le vaccinazioni per chi per viaggia spesso nei posti a rischio».

Quali sono i sintomi di questi virus?

«La Dengue provoca stati febbrili con eruzioni cutanee, dolori alle ossa, mal di testa forte, generalmente ha evoluzione benigna, anche se, come dicevo, al secondo contagio può dare forma emorragica che può essere mortale. La Zica, diffusa in tutti i paesi tropicali e conosciuta la prima volta in Brasile, è un virus simile, dà un quadro clinicamente molto modesto ma se contratta in gravidanza è associata a importanti malformazioni del sistema nervoso centrale come la microcefalia, sebbene non accertata. Ai tempi dei mondiali in Brasile ci fu un’esplosione di casi. La Chikungunya dà un quadro impegnativo, residuando dolori articolari simili ai reumatismi che durano a lungo. Discorso a parte va fatto per la malaria».

Rimane molto pericolosa…

«Chi torna da un’area malarica e ha febbre deve essere valutato subito perché l’infezione può avere conseguenze fatali. Quando si viaggia bisogna sapere se è una zona a rischio e quanto si torna verificare se è necessario fare profilassi e se si ha febbre farsi vedere immediatamente».

Quali sono i Paesi a rischio per Dengue, Zika e Chikungunya?

«Tutta l’area tropicale, Caraibi, Africa Centrale, Oceano Indiano, Maldive, Madagascar, Filippine, Thailandia, l’Asia in generale, il Brasile».

I tempi di incubazione e di contagio quali sono?

«La febbre può subentrare da subito ed entro 7 giorni ma fino anche a 15. In quel caso bisogna essere rapidamente diagnosticati e gestiti».

Dottore, c’è da preoccuparsi?

«Il mio obiettivo è tranquillizzare la popolazione dopo il Covid che dovrebbe averci insegnato tanto. Ma anche rendere le persone consapevoli dell’importanza di essere informate e comportarsi di conseguenza. D’altra parte c’è una circolare del ministero che prevede che da giugno a settembre siano segnalati casi di infezioni da queste malattie tropicali e fatta la disinfestazione delle zanzare dove il contagiato ha vissuto: se si fa la disinfestazione in tempi brevi si eradica alla nascita il rischio di focolai. È chiaro che l’allarme c’è per i salti di specie per questo tipo di virus influenzale, che può dare conseguenze pandemiche. Col caldo e il cambiamento climatico, la quantità di agenti è aumentata e il rischio di contrarre queste malattie è più alto rispetto a prima».

Nel suo reparto sono capitati diversi casi di queste malattie.

«Alcuni si sono visti già quest’anno, svariati l’anno scorso. In questi anni ci sono stati anche casi importanti, che ci hanno messo in difficoltà, pazienti con forme più aggressive e possibili complicazioni da edema generalizzato, danni a piccoli capillari che si gonfiano di liquidi, versamenti pleurici e addominali. Ma ricordo solo un caso di decesso, a Careggi, di un paziente con altre problematiche associate. Dunque si può dire che la mortalità è praticamente zero virgola, tuttavia si tratta di una malattia noiosa quando si manifesta. Sono possibili anche casi asintomatici o pauci sintomatici, ma di solito il sintomo rimane la febbre».

Le terapie utilizzate quali sono?

«Purtroppo non c’è un antivirale specifico adeguato, dunque si procede con una terapia di supporto. Sono malattie che possono dare piastrinopenia. Insomma qualche aspetto di difficoltà anche nella cura, in alcuni casi c’è, ma dal punto di vista sanitario ci preoccupano poco, molto di più, ripeto, ci preoccupa il rischio del contagio, perché focolai di 200-300 persone diventano complicati da gestire».

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