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Tra cimeli del ’600 e tesori liturgici: viaggio nel “nuovo” Museo Diocesano di Livorno

di Maria Teresa Giannoni
Tra cimeli del ’600 e tesori liturgici: viaggio nel “nuovo” Museo Diocesano di Livorno

A Palazzo Vescovile rivisti e arricchiti gli spazi: l'ingresso è libero. «Qui in mostra la storia della chiesa livornese»

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Livorno In realtà non è mai rimasto chiuso, ma a partire dal mese di febbraio il Museo Diocesano si ripresenta al pubblico in maniera del tutto nuova, pronto ad accogliere i visitatori che sono sempre molti. Oltre a ricevere le scolaresche di Livorno e provincia, le sale al pianterreno e al primo piano del Palazzo Vescovile di via del Seminario sono meta di turisti che arrivano con le navi, delle parrocchie, delle varie associazioni e di tanti appassionati di storia ecclesiastica e di storia livornese. L’ingresso è gratuito, orario di apertura: dalle 9 alle 13 dal lunedì al venerdì.

Nelle sale del museo le nuove vetrine antisfondamento con un’illuminazione degna dei grandi musei, raccolgono oggetti liturgici, preziosi manufatti in argento e pietre, paramenti, ex voto.

A spiegare le novità del museo è la responsabile Valentina Campedrer, coordinatrice del settore beni culturali ed edilizia di culto della Diocesi di Livorno, esperta in storia e tecnica dei tessuti antichi che ha curato l’allestimento.

«Una revisione dell’uso degli spazi – dice – si è resa necessaria dopo che la confraternita della Purificazione ha deciso di trasferire qui gli oggetti di sua proprietà per garantirne la conservazione e per renderli fruibili al pubblico. Sono suppellettili ecclesiastiche, ostensori, reliquiari, insegne della confraternita. Così l’ingresso del Museo è dedicato alla confraternita con una saletta tutta sua».

Altra novità importante è costituita dall’apparato didattico e didascalico. «Abbiamo fatto un grande lavoro per realizzare nuovi pannelli e un corredo di strumenti multimediali. In questo modo il Museo si presenta come un’istituzione importante per valorizzare la città e il suo territorio. L’esposizione documenta la storia della chiesa livornese attraverso gli oggetti liturgici, molti dei quali oggi non vengono più usati durante le funzioni».

I cimeli più importanti da ammirare? «Il ciborio della Cattedrale in pietre dure, opera di Accursio Baldi, importante artista di Monte San Savino che fu donato dal Granduca Ferdinando I nei primi anni della fondazione del Duomo e l’ostensorio del 1692 disegnato da Massimiliano Soldani Benzi, argentiere della Firenze tardobarocca proveniente sempre dal Duomo dove viene riportato per le celebrazioni solenni».

Esperta del Museo Diocesano di Livorno, oltre che di altre istituzioni simili in tutta Italia, è Antonella Capitanio, insegnante di storia delle arti applicate e oreficeria all’Università di Pisa, che nel 2011 ha pubblicato un volume sugli argenti in mostra nelle sale di via del Seminario. «I Musei diocesani non sono musei qualsiasi – dice –espongono oggetti che altrove non vedi mai, usciti dalla liturgia dopo il Concilio Vaticano II. È stato il vescovo Simone Giusti a impegnarsi per la sua realizzazione con il coinvolgimento della Fondazione della Cassa di Risparmi di Livorno mettendo a frutto un lascito di 300 milioni di lire del sacerdote Leonello Barsotti a cui il museo è intitolato. Città come Lucca e Pisa non hanno un museo diocesano, in giro ci sono piuttosto musei di arte sacra».

Capitanio ricorda anche gli «splendidi vassoi d’argento per le elemosine provenienti dalla chiesa di Salviano, i due dipinti di scuola giottesca legati alla presenza degli agostiniani a Livorno».

Soprattutto sono i tessuti delle vesti sacre che raccontano la storia di Livorno come città di commerci. «Erano tessuti per la moda prodotti in varie parti del mondo, i paramenti venivano fatti con quello che capitava nel porto che essendo un porto franco era l’unico in cui si potevano commerciare tessuti stranieri. C’erano le aste con le stoffe che arrivavano dall’Oriente e qualche pezza si fermava qui. Tessuti simili si trovano anche nella comunità ebraica perché Livorno era l’unico posto in cui gli ebrei potevano commerciare in tessuti nuovi, altrove come a Roma potevano fare solo gli “stracciaroli”». 

Grazie agli Amici dei Musei che lo hanno "adottato"

Livorno Il Museo Diocesano di Livorno è stato “adottato” dagli Amici dei Musei e dei Monumenti Livornesi. I volontari dell’associazione terranno aperte le sale dell’esposizione il secondo e quarto venerdì di ogni mese (a febbraio il 14 e il 28) a disposizione dei visitatori per rispondere a eventuali domande e curiosità.
Quindi porte aperte oggi. Dalle 9 alle 13.
Il Museo Diocesano si trova all’interno del prestigioso palazzo del Seminario dedicato al quarto vescovo di Livorno, monsignor Girolamo Gavi, e costruito tra il 1846 e il 1851 su progetto dell’architetto Gaetano Gherardi in un’area che era stata occupata dal “Camposanto Nuovo”.
Il cimitero realizzato nel 1775 su progetto di Ignazio Pellegrini era inattivo dal 1804. Attualmente l’edificio, oltre ad essere la sede dell’Episcopio e degli Uffici di Curia, accoglie le tre grandi istituzioni diocesane: l’Archivio Storico, la Biblioteca e il Museo.
Il Museo Diocesano – inaugurato nel 2008 e ampliato nel 2009 - è stato fortemente voluto dal vescovo Giuseppe Giusti che lo ha presentato alle autorità cittadine a poche settimane dal suo ingresso in diocesi come sedicesimo vescovo di Livorno. Il nucleo originario è ospitato nella cappella dedicata ai dottori della Chiesa d’Oriente e d’Occidente, ancora raffigurati sulle pareti.
Ma tutto l’edificio in cui è ospitato il museo merita di essere ammirato. «Visitare il museo offre la possibilità – conclude Capitanio – di affacciarsi su uno spazio esterno bellissimo, che rientra nella storia dell’architettura toscana. Il colonnato interno era quello che segnava i confini del vecchio cimitero e che idealmente fa parte di un’area in stile neoclassico che lega l’intera zona e che comprende il Cisternone e Palazzo de Larderel».  l



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