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Livorno, i Von Berger e la contessa del violino: al castello tra torri, merli e bifore

di Francesca Suggi
Livorno, i Von Berger e la contessa del violino: al castello tra torri, merli e bifore

La fiaba di Campo a Lupo a Montenero: oggi le suore si prendono cura degli anziani. «Il progetto è trasformarne una parte per i pellegrini: l’Università sta studiando la villa»

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LIVORNO.  Torrioni. Merli ghibellini. Bifore. Trifore. Arcate gotiche. Vetrate. Porte in legno massello, intarsiate, con chiavistelli di un trapassato remoto che ti catapulta in una fiaba. Fatta di sotterranei. Stanze segrete. Soffitti a cassettone. Pavimenti d’epoca. Camini giganti. Di affreschi. Di arredi e mobilia che attraversa secoli. Con una cappella dedicata alla Vergine che risale al 1886: sull’altare è scolpita in marmo la sua immagine, opera attribuita a Donatello. Benvenuti nella favola di Villa Von Berger, o meglio il Castello di Campo a Lupo, datato 1870.


Nel castello della violista

Una fiaba in stile neo-gotico simil medievale che non ti aspetti, che si staglia sullo stradello immerso nel verde che affianca Villa Serena, a Montenero. Che fu, nel suo passato, anche dimora di una delle donne più acclamate al mondo, richiesta dall’imperatore d’Austria e dallo Zar, dalla Regina Margherita e da Isabella di Spagna. Prima della clausura, qualcuno l’aveva conosciuta come contessa Quadrio de Maria Pontescalli, dal cognome del secondo marito e, prima, era stata la contessa Franchi Verney della Valletta, dal nome del primo consorte. All’anagrafe era Maddalena Maria Teresa Tua, tra i più grandi talenti al violino dell’ 800. Anche la sua storia si svolge in quelle stanze narranti.


La nipote Von Berger

«Il mio bisnonno volle costruire la villa rendendola simile ad un piccolo castello medioevale circondato da importanti apprezzamenti di terreno da coltivare e un ampio oliveto. Si trovano ancora strutture in disuso da anni», parla Grazia Von Berger una degli eredi di quel cavalier Alessandro Von Berger, esponente di una facoltosa famiglia di origine tedesca che fece costruire questa meraviglia nel 1870. Una famiglia di legislatori, medici, professori.


Lui è il suo bisnonno: la sue parole sono lette da Elisabetta Panicucci dell’associazione Vivi Montenero ideatrice e promotrice della visita speciale firmata Greencity Treks. Panicucci è il contatto diretto con la discendente.

Così il cancello chiuso ma sbirciato da tanti curiosi della storia si apre. Per raccontare oggi l’attività di 13 suore indiane della congregazione Piccole figlie di San Giovanni Gualberto (Benedettine vallombrosane) che vivono nel Castello e accudiscono tanti anziani non autosufficienti. «Nel 1884 nacque mio nonno Gastone mentre mio babbo Raffaele nel 1932. La famiglia Von Berger nel 500 viveva a Roma. I due rami si divisero tra Firenze e Livorno. Nel castello si trova una cappella dedicata alla Vergine del 1886 su cui altare è scolpita in marmo la sua immagine, opera attribuita a Donatello», continua la lettera di saluto dell’erede Von Berger.


«Nelle notizie reperite sulla documentazione della donazione di questo castello – Filippo Lamacchia (associazione La Funicolare) diventa oracolo di storie – si legge che ad ogni nascita di un figlio il marchese faceva costruire un’altra parte del castello. Osservando la costruzione si notano tante parti architettoniche».


Nella fiaba neogotica

Entrare. Fantasticare. E perdersi. Immaginare affreschi, oggi ricoperti da ristrutturazioni interne che spazzano via la storia. Ma non tutti sono andati perduti. A pian terreno c’è ancora la cappella delle suore benedettine di Faenza.

Non viene usata ma sono pareti narranti che fermano la storia al 1934 quando la contessa Teresa Tua Quadrio Franchi si rivolse a un monaco vallombrosano perché la aiutasse a donare il castello per farne una casa di preghiera: tutto passò alle monache benedettine vallombrosane del monastero Santa Unità di Faenza, appunto. In quella fase il castello divenne monastero. “Il castello durante la guerra fu risparmiato dalla distruzione perché i tedeschi furono rispettosi del connazionale che lo fece costruire”, Lamacchia scorre i documenti. E con lui il viaggio nel tempo prosegue al primo piano. Qui un “salotto” di pareti affrescate. Così il soffitto. Ci sono porte intarsiate. Stemmi dei Von Berger alle pareti. Là dentro il tempo sembra essersi fermato. È il piano delle camere delle suore. Lunghi corridoi, stanze ovunque. È il piano più vissuto. Il secondo piano no. È in attesa che in futuro riesca a trasformarsi in una casa vacanze. Qui ci sono ancora spazi tutti da studiare. Sicuramente in passato c’era una cucina. In altri spazi ci sono vecchi lettini. «Erano quelli dove dormivano le suore, sono cimeli della storia passata in questo castello», continua Lamacchia mentre indica un termosifone. È di quelli in ghisa dei primi '900 con scaldavivande. Sembra uscito da una foto d’epoca. Ed è qui che si sale una scalina in pietra serena e si varca una porta ad arco che si apre sul tetto: intorno si stagliano torri, camminamenti che portano a un belvedere. E si può andare ancora più su, per affacciarsi al torrino merlato. Uno spettacolo.


Tra storia e carità

E in questo castello delle fiabe tanti livornesi sono andati a scuola e all’asilo. Negli anni Quaranta qui arrivò l’asilo e 5 classi della scuola elementare. Che poi aumentarono. Addirittura scorrendo i documenti salta fuori che è del 18 gennaio 1951 la visita del Ministro della Pubblica Istruzione.

Educazione scolastica da una parte e ospitalità dall’altra. Il 26 febbraio 1977 si costituisce la coop Cosum per continuare la missione scolastica. Che poi, negli anni, andò piano piano a sparire. Intanto la madre badessa del tempo, Donna Teresa Costanza Gordini pioniera dell’educazione comincia ad avere contatti con l’abate Giuseppe Zambernardi, figura centrale di allora per il santuario di Montenero, : lui chiede l’uso del Castello per la congregazione delle Piccole Figlie di San Giovanni Gualberto, dedite all’assistenza degli anziani. E così fu nel dicembre del 1986. Tutt’ora questa missione viene portata avanti dalle suore insieme a tante iniziative in India.

L ’Università di Pisa

Tutte queste meraviglie sono allo studio da parte dell’Università di Pisa. Gli studenti hanno fatto rilievi strutturali E anche col drone. E realizzeranno un progetto di accoglienza per trasformare il secondo piano, oggi non utilizzato, in casa di accoglienza per camminatori e pellegrini.l

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