Livorno, giornalista aggredito durante una manifestazione: in sei a processo. Le accuse e i nomi
Secondo l’accusa lo avrebbero costretto a mostrare il tesserino e a cancellare gli appunti scritti sul telefonino durante il presidio di protesta sugli scali Rosciano del 10 febbraio 2021
LIVORNO. Stava documentando un presidio-protesta dell’associazione per la tutela e la conservazione delle tradizioni marinare e del porto mediceo davanti alla sede dell’Autorità di sistema portuale, sugli scali Rosciano. Poi, dopo aver raccolto le dichiarazioni del cosiddetto “Popolo delle barchette”, sarebbe stato accerchiato e minacciato da una persona che si è spacciata per poliziotto e da altre che gli hanno preso dalle mani il cellulare.
La presunta vittima è un giornalista del Tirreno, parte offesa nel procedimento penale e assistita dall’avvocato Bruno Neri, e la pubblico ministero Antonella Tenerani per quanto accaduto attorno alle 15 del 10 febbraio del 2021, ancora in periodo di restrizioni Covid, ha chiesto il processo nei confronti di sei persone. Sono tutte indagate per rapina e violenza privata. Si tratta del cinquantasettenne Pier Damiani (nativo di Portoferraio, all’isola d’Elba, ma residente a Livorno e unico indagato anche per sostituzione di persona, perché avrebbe dichiarato di essere un agente), della settantatreenne livornese Paola Turio, del sessantacinquenne labronico Roberto Lippi, della sessantenne Gigliola Pantera (residente a Casciana Terme, in provincia di Pisa, ma originaria di Massa), del sessantaduenne livornese Riccardo Cristiani e del suo concittadino di 74 anni Paolo Ponzali.
I sei, tutti difesi dal legale Luca Di Rosa, con Damiani che «minacciava di buttare in mare il giornalista», sono accusati in concorso di «aver costretto il cronista a mostrare il proprio tesserino, acconsentendo che fosse fotografato e a cancellare i propri appunti scritti sul cellulare». Inoltre «si sarebbero impossessati del suo telefonino», motivo per il quale sono indagati per rapina, «minacciando di denunciarlo se avesse pubblicato qualcosa, con ciò compiendo atti idonei e diretti in modo non equivoco a impedirgli di esercitare la propria attività e il diritto di manifestare il proprio pensiero».
Oggi, in tribunale, si terrà l’udienza preliminare. Tre anni fa, subito dopo l’accaduto, si erano registrate le prese di posizione dell’Ordine dei giornalisti della Toscana e dell’Associazione stampa toscana, con una lettera all’allora prefetto Paolo D’Attilio e la richiesta, alla magistratura, di fare piena luce sull’accaduto. Con interventi anche del presidente della Regione Eugenio Giani («un atto grave per il suo fare intimidatorio – le sue parole – ma anche perché volto a limitare uno dei capisaldi della democrazia: quello del diritto dei cittadini a essere informati e dei giornalisti a informare») e del presidente del consiglio regionale, Antonio Mazzeo («si tratta di un atto di violenza intimidatoria inaccettabile, perché volto a impedire il diritto costituzionale del giornalista di informare e quello dei cittadini di essere informati»). L’indagine, coordinata dalla pubblico ministero Antonella Tenerani e delegata alla polizia di Stato, si è basata sul racconto della vittima e sulle immagini delle telecamere di Palazzo Rosciano messe a disposizione dall’Autorità di sistema portuale del mar Tirreno settentrionale.