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Livorno, Marcella Amadio si ricandida al consiglio comunale. «Per la destra è la volta buona»

Livorno, Marcella Amadio si ricandida al consiglio comunale. «Per la destra è la volta buona»<br type="_moz" />

In 150 alla cena di (metà) Fdi a Calafuria. Lei: «Guarducci mi votò nel 2005». E il candidato spiega: «Vorrei essere per Livorno quello che Giorgia Meloni è per l’Italia, che foste orgogliosi di me come lo siamo per Giorgia»

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i Juna Goti

Livorno È davanti a un piatto di pennette totani e cavolo viola, un fritto misto e una panna cotta che domenica sera Alessandro Guarducci ha rotto il ghiaccio con il popolo di destra destra, iscritti e simpatizzanti di Fratelli d’Italia. Erano più di 150 seduti ai tavoli del ristorante Calafuria. Tutti riuniti alla corte di Marcella Amadio, la donna della destra livornese e dirigente nazionale di Fdi, per l’occasione di fucsia vestita. Seduti con lei al tavolo – posizione centrale, sguardo verso la sala, un po’ come il tavolo degli sposi – ecco il presidente provinciale di Gioventù nazionale, Alessandro Palumbo, il candidato sindaco di Livorno Torna Grande, Guarducci, appoggiato da tutto il centrodestra, il commissario provinciale di Fdi, il senatore bolognese Marco Lisei, che sarà candidato alle europee, e Francesco Torselli, capogruppo in Toscana, anche lui in lizza per Bruxelles. Si nota subito che non c’è l’altra metà del partito, a cominciare dal coordinatore comunale Giacomo Lensi e della dirigente nazionale Paola Nucci: faranno un’altra cena giovedì al Parco del Mulino, dove c’è da scommettere saranno presenti Guarducci, Lisei e Torselli, non Amadio.

La frattura interna al partito, insomma, continua ad essere evidente anche in apertura di campagna elettorale. Intanto la cena regala delle perle, e pure notizie. Per esempio, è lo stesso Guarducci a rivelare che la prima a sapere mesi fa che sarebbe sceso in campo è stata proprio Amadio. Lo racconta tra un totano e il dolce: «La mia candidatura è nata da un gruppo di professionisti molto conosciuti in città: urbanisti, avvocati, dottori commercialisti, ex dirigenti delle precedenti amministrazioni comunali. Il primo partito che ha detto sì al mio progetto politico è stato Fdi, e la prima persona in assoluto che ha saputo della mia decisione di impegnarmi in politica per Livorno è stata Marcella Amadio». È un crescendo di pacche sulla spalla reciproche. «Ci consociamo ormai da 25 anni – dice lui – abbiamo fatto le nozze d’argento. Marcella sarebbe stata una signora candidata sindaca, invece mi ha detto “da oggi lavoro per te” e la voglio ringraziare, voglio sia ancora una volta la più votata…». Già, perché qui arriva la seconda notizia: Amadio si ricandiderà al consiglio comunale, nella lista di Fdi, così come il 31enne Palumbo. Che qualche minuto prima ha strappato un po’ di applausi puntando il dito sulla sicurezza e ricordando che Gioventù nazionale ha chiesto che venga «riqualificato il monumento a Ciano».

Amadio, dopo le critiche a Luca Salvetti e nel tentativo di sgombrare il campo dall’idea che Guarducci possa essere mai stato anche solo alla lontana di sinistra – moderato sì, ma non del Pd – svela al microfono un episodio: «Nel 2005, quando mi candidai al consiglio regionale, mi scrisse: ti ho votato. Quindi votò per Alleanza nazionale». «A giugno sarò candidata al consiglio per l’ennesima volta, perché mi piacciono le sfide e per dargli una mano. Questa volta ci sono le migliori condizioni per vincere. Se non ora quando». È un ritornello che si sente ripetere tra un tavolo e l’altro: «Questa può essere la volta buona», «ma un 32-35% non basta».

C’è tanta destra in sala, ma c’è anche qualche ex simpatizzante dei 5 Stelle che non è iscritto né a Fdi né ad altri. Come Angelica Macelloni, 26 anni, laureata in scienze naturali e ambientali a Pisa. Guarducci rivela nel suo intervento che sarà «la più giovane candidata della mia lista», Livorno Torna Grande. «Mi ha convinto come persona, il mio contributo sarà nell’ambito dei miei studi», dice lei al Tirreno.

Il candidato sindaco da una parte fa il moderato invitando a «togliersi le magliette dei partiti per mettere quella amaranto di Livorno», dall’altra appare perfettamente a suo agio con i cavalli di battaglia dei meloniani. Come quando dice che «col decreto del made in Italy agevoleremo l’apertura di negozi italiani, meglio se con prodotti livornesi o toscani, non quei negozi fasulli che attirano delinquenza».

In uno slancio arriva anche a dire che «vorrei essere per Livorno quello che Giorgia Meloni è per l’Italia, che foste orgogliosi di me come lo siamo per Giorgia». Fine della cena, arriva il momento di uscire. Una coppia di partecipanti si incammina alla macchina. «Piove», dice lei. E il marito: «Non si può più nemmeno dire governo ladro». l

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