Il sindaco di Livorno Luca Salvetti all'ultimo giro di boa: «Taglianastri sì, ma non un cementificatore»
Bilancio del primo cittadino tra lavori in partenza in via Grande e cruccio per gli scali. La caccia al bis: «Ho una squadra affiatata. Guarducci? Non mi preoccupa»
LIVORNO. È arrivato all’ultimo giro di boa Luca Salvetti. Alle palate finali, come avrebbe detto nella sua vita precedente da giornalista sportivo. Il 23 dicembre ha tirato a lucido il Comune, con tanto di pannelli a colori nella sala cerimonie e mostra al piano terra, per l’ultima conferenza stampa di Natale prima della fine del mandato. Accanto i nove assessori. Che ora, di fatto, si preparano tutti a sei mesi di campagna elettorale.
Sindaco, allora come è stato questo Palio, è volato o non vedeva mai il traguardo?
«È volato, mi sembra ieri quando ho salito le scale del Comune, in mezzo c’è stata un’infinità di cose, alcune difficili, la maggioranza belle e coinvolgenti. È stato un Palio a cui non mi era preparato, ma insieme agli altri nove vogatori abbiamo fatto un bel percorso, col serrato finale che sarà decisivo per mostrare il carattere dell’equipaggio.
Partiamo con un bilancio di rito: le cose fatte di cui va fiero?
«L’attenzione alle fragilità, la cura del mondo della scuola, i piani per la città: strutturale, operativo, della mobilità, dell’eliminazione delle barriere, del verde. Vuol dire lasciare in cassaforte a chi ci sarà dopo un quadro di sviluppo. Poi le cose concrete».
Per esempio?
«Piazza del Luogo Pio è il simbolo della trasformazione che volevamo dare».
Ma lì dovrete risolvere il problema con Consabit che è pronta a fare una causa milionaria.
«Si farà la causa, perché in quella piazza di sicuro non si costruirà».
Poi?
«Poi il lungomare, con il viale di Antignano rinnovato e la passeggiata alla Bellana»
Però quelle Baracchine sul viale Italia...
«Servirà la fase due senza ombra di dubbio. A cento metri ci sono gli Hangar creativi, la più bella operazione di rigenerazione. E insieme continua l’attenzione per Corea e Shangai, dove ho appena inaugurato via Wan Bergher».
E invece quali cose non fatte si rimprovera?
«Non abbiamo fatto tutto, ma ci siamo presi in carico tutto. Ecco, il traffico sugli scali lungo il mare è un cruccio: anche se il problema è per due, tre ore al giorno, bisogna risolverlo».
È vero che se decidete di modificarli non correte più il rischio di dover restituire i finanziamenti europei ottenuti a suo tempo?
«È vero. Va trovata la formula».
Come? Togliendo le rotatorie per mettere i semafori? O togliendo la pista ciclabile?
«È un’operazione che nel prossimo mandato dovremo fare. Potremmo anche spostarla, la ciclabile. Ci sono due soluzioni: o il percorso in via Fagni che porta alla banchina 75 e da lì rientra all’Andana degli anelli, o in sospensione sopra alle cantine, che non so se è più costoso».
Invece in via Grande i lavori sono appena all’inizio, anzi non sono ancora partiti. Alla fine non riuscirete a vedere neanche qualche mattonella?
«No no, le mattonelle le vediamo di sicuro. Il cantiere è stato posizionato e gli operai erano nelle condizioni di cominciare. Abbiamo deciso di evitare sotto Natale, ma partiremo subito dopo. Quando finirò il mandato, qualche mattonella in terra ci sarà di sicuro».
Quindi taglierà il nastro del cantiere?
«Certo, come tutte le altre 200 volte».
Pensavo scherzasse, invece li ha tenuti davvero i nastri tagliati dal 2019: cosa ci farà?
«Forse un quadro con il vetro sopra». Ne tira fuori un altro dalla tasca: «È di via Wan Bergher, l’ultimo di stamani».
La chiamano il Taglianastri.
«Non mi fanno arrabbiare»
Ah, ne va orgoglioso?
«Certo. Se la più grossa critica che si fa a un sindaco è che taglia troppi nastri, c’è da essere contenti, perché dietro a quei nastri c’è un lavoro e ci sono cose fatte».
Non pensa però di avere esagerato in questi anni con la narrazione del “tutto bello”?
«Io sono un ottimista per natura, non mi riesce vedere la parte brutta delle cose. Però se non considerassi i problemi sarei lo scemo del villaggio: curo e presento la mia parte più ottimista, però poi lavoro su quello che c’è da fare».
A proposito di questo, la manovra urbanistica non è detto che riusciate ad approvarla tutta, l’inceneritore ancora non si è capito quando lo spegnete. E il nuovo ospedale?
«Per l’ospedale abbiamo fatto tutto quello che ci competeva. Anche per l’inceneritore abbiamo fatto quello che ci competeva, rimettere in sesto Aamps».
Ma si spegne o no?
«La conferenza dei servizi è aperta, ci deve dire quanto serve per tenerlo aperto, si parte da 13 milioni, poi i proprietari dell’impianto dovranno dire se vale la pena spendere quei soldi per tre anni, perché noi oltre il 2027 non ci vogliamo andare. Per la manovra urbanistica, ogni volta che mi dicono che sarà complicato io guardo Silvia Viviani e le dico: noi lo facciamo».
Se non approva in via definitiva il Piano operativo e non rivince le elezioni, chi arriva dopo può anche rimettere tutto in discussione.
«Non mi preoccupa che venga rimesso in discussione. È un piano spettacolare, fatto da persone come Silvia Viviani e Camilla Cerrina che sono dei talenti nel settore».
Le opposizioni le danno del cementificatore.
Fa una faccia, alza il sopracciglio, scuote la testa.
Perché si è incaponito con via San Marino? Non sarebbe stato più semplice, anche solo per spegnere un fronte elettorale, spostare la nuova palestra nell’area ex Labrogarden?
«L’atteggiamento di buonsenso e di attenzione per ciò che mi viene detto intorno l’ho dimostrato decine di volte. Basta guardare cosa è successo col mercato ortofrutticolo previsto in via dell’Uliveta. Invece sono convinto di via San Marino e non può essere chi abita lì davanti a dire di non farci nulla, perché allora ogni condominio della città potrebbe gestire un pezzo di amministrazione. Non funziona così».
E le villette di Fremura in via del Crocino non c’entrano?
«Le villette di Fremura sono state pensate, realizzate e vendute quando io ero a fare altro».
Cementificatore però la fa arrabbiare.
«Ma perché è una bugia. Taglianastri lo sono davvero, cementificatore no. Basta guardare i numeri del Piano operativo. Poi se non ci lasciamo il margine per costruire opere pubbliche – impianti sportivi, scuole, ospedale – e dare un piccolo spazio a chi vuole investire, penso all’area del Puntone del Vallino, questa città è morta».
Si ricandida a sindaco, a questo punto si può dire ufficialmente, no?
«Non sono io che mi ricandido, sono gli altri che mi candidano».
A destra si fa avanti il nome di Alessandro Guarducci, giornalista contro giornalista, la preoccupa?
«Non mi preoccupa nessun nome di candidato, io sono forte del lavoro che ho fatto e di mettermi di fronte al giudizio della gente di Livorno».
Vi siete sentiti?
«Ci siamo scambiati un po’ di messaggi. Mi ha fatto i complimenti per una cosa che avevo realizzato, indipendentemente da cosa succederà. Devo dire che mi ha sorpreso, me lo immaginavo uomo cattolico di sinistra, invece lo trovo da un’altra parte. Ma fa bene, sono preoccupato per chi avrà intorno».
Comunque quest’anno non sarete tutti e due sul palco del Goldoni a cantare.
«Come no?»
Non è il primo delle riserve?
«No no, Guarducci ci deve essere, se lo immagina se non lo facessero partecipare ora? L’importante è che canti bene, meglio dell’ultima volta».
E l’ipotesi Barale (Bl) per la coalizione sinistra-M5S e Mazzerbo per Prospettiva?
«Da quella parte sono successe tante cose, il Buongiorno che ho raccontato io all’inizio non so se è sempre presente, vedeva i fratelli Bruciati, Romboli, Cepparello, Raspanti, non so cosa è rimasto. Poi questo connubio col M5S: ricordo la protesta dei lavoratori di Aamps contro i 5 Stelle, c’era Pietro Panciatici col colbacco».
Voi però alla fine non siete riusciti ad allargare tanto la coalizione, è un fatto.
«Livorno Civica mette insieme liste che avevano candidati sindaci diversi».
Ma la sinistra sta col M5S.
«Con noi c’è Sinistra italiana. E poi quale sinistra? Io sono d’accordo su tante partite, dal salario minimo al tema dei diritti. La Livornina a Gino Strada: le forze di sinistra non sono venute, perché? C’era da fare opposizione e prepararsi alla sfida elettorale?».
Non ha mai cambiato un assessore, in caso di mandato bis proverebbe a confermarli tutti?
«Da ora all’11 giugno, o dopo se ci sarà il ballottaggio, per me questa è la squadra, guai a chi me la tocca. Le valutazioni verranno fatte per decidere un’eventuale giunta dopo la vittoria. Non metto in discussione niente».
Ma il Salvetti dell’arrivo, se potesse, che consiglio darebbe al Salvetti della partenza?
«Sono partito orgoglioso e pauroso. Ora sono più sereno, ho costruito una squadra, da solo vai sbattere. Il Luca di allora, lo tranquillizzerei».
Quindi che voto si dà sindaco?
«8 per il lavoro fatto, 10 per come mi sono rapportato con la mia gente».
Dieci?
«Prima e dopo di me ci sono stati e magari ci saranno sindaci migliori, ma quanto ad attenzione, dialogo, presenza e vicinanza ai livornesi penso che non sarò secondo a nessuno». l
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