Sotterranei allagati, all'ospedale di Livorno arriva l'ambulanza per trasferire i malati tra i reparti
Un paziente nefropatico doveva essere portato dal secondo padiglione all’undicesimo per fare la dialisi
LIVORNO. È passato meno di un mese dall’annuncio da parte dell’Asl della nuova organizzazione interna all’ospedale, che ha visto anche lo spostamento della Nefrologia al 2° padiglione in una sorta di enclave all’interno del reparto di Medicina, e già emergono le prime crepe, che gli operatori temevano.
L’altro giorno un paziente nefrologico ricoverato al 2° aveva bisogno – come spesso accade – di fare la dialisi. Dunque di essere spostato all’11° padiglione, che si trova sul lato opposto dell’ospedale. Purtroppo però l’abbondante pioggia caduta su Livorno aveva allagato – come non di rado accade – i sotterranei, unico passaggio interno tra il blocco centrale degli Spedali Riuniti e il complesso più moderno che riunisce 9° e 11° padiglione, in cui hanno sede Malattie Infettive e quel che rimane della Nefrologia dopo lo spostamento delle degenze.
Le pompe elettriche non sono riuscite a liberare dall’acqua il passaggio sotterraneo e così l’unico modo per spostare il paziente è stato chiamare un’ambulanza. Non un’ambulanza interna all’ospedale, ma un’ambulanza ordinaria, che è dovuta arrivare dalla città, caricare il paziente sulla barella, portarlo fuori dal reparto, montarlo sul mezzo, percorrere meno di cento metri, riscaricarlo e accompagnarlo nell’area dialisi.
Sembra un paradosso ma l’utilizzo dell’ambulanza per spostare i degenti capita frequentemente, ad esempio se – sempre in caso di sotterraneo allagato – da Malattie Infettive un ricoverato abbia bisogno di fare una Tac o una risonanza nel blocco centrale, intraprendendo dunque il percorso inverso.
Le dialisi però, per i nefropatici ora ricoverati a Medicina, rappresentano una necessità frequente e così adesso, con la nuova organizzazione, i viaggi dal 2° padiglione all’11° saranno numerosi.
Tavolo Asl-Aned
L’episodio è stato raccontato tre giorni fa da Salvatore Fiorillo, delegato provinciale di Aned, l’associazione emodializzati, alla direttrice generale dell’Asl Letizia Casani in un incontro in cui erano presenti tra gli anche il direttore sanitario Giacomo Corsini, Roberto Andreini, direttore del dipartimento medico e Luca Carneglia, direttore dell’ospedale di Livorno (mentre per Aned c’erano il presidente nazionale Giuseppe Vanacore e una rappresentanza toscana composta da Mauro Ringressi, Anna Maria Giannotti, Valdemaro Cordelli).
«Una presenza massiccia della nostra delegazione – spiega Fiorillo – nata dalla profonda preoccupazione di quello che sta succedendo alla Nefrologia di Livorno, parte di una regione che da sempre ha rappresentato un esempio di eccellenza nel panorama sanitario italiano e in cui ora i pazienti nefropatici stanno vivendo importanti disagi», spiega Fiorillo.
La Nefrologia distaccata
Fiorillo ha raccontato alla direttrice generale la recente esperienza vissuta da un paziente, che sebbene nefropatico, era stato ospedalizzato al 2° padiglione ma gestito e affidato alle cure dei nefrologi dell’11° padiglione. «L’essere curati in un ecosistema che non è quello naturalmente proprio non può garantire, né fa percepire al paziente, di ricevere la qualità dell’assistenza necessaria alla sua specifica condizione di salute. E questo pur riconoscendo un elevato livello di professionalità a tutto lo staff del reparto di Medicina, dove però si fa un altro mestiere. Il modello dell’intensità di cura non può essere applicato sempre e comunque. Almeno non ora e non in una realtà come quella in cui versa l’ospedale di Livorno dove, per esempio, i pazienti nefropatici ospitati in Medicina per sottoporsi a dialisi devono essere trasferiti a Nefrologia con l’ambulanza perché i tunnel sono allagati, quando non chiusi per pericoli di stabilità. Quindi se da un lato non è chiaro quali siano i benefici che ottengono i pazienti da questa riorganizzazione, sono invece ben chiari i disagi ed i rischi a cui sono esposti», ha detto Fiorillo alla Casani.
Le richieste
L’associazione emodializzati – che ha ripetuto la tesi già rappresentata dal primario Enrico Montagnani a Carneglia – ha chiesto che l’Asl ripensasse il piano mantenendo i pazienti «nel loro ecosistema naturale (quello di Nefrologia) e spostando piuttosto il medico (uno) di Medicina a quando sarà occasionalmente chiamato a fare turni di guardia alla Nefrologia. In questo modo da un lato si evita di caricare ed esporre a rischi e disagi i pazienti 24 ore al giorno, durante tutto l’arco della loro degenza, e dall’altro si trasferisce un onere ad un medico per solo quattro, cinque volte al mese».
«Questa proposta – hanno evidenziato i rappresentanti di Aned – ha senso per almeno altre due ragioni. La prima riguarda il fatto che il medico di Medicina Interna quando lasciato solo ad accudire i pazienti nefropatici, sia per opportunità medica, che per problemi di responsabilità civile, dovendo affrontare un caso critico si rivolgerà ed opererà sempre e comunque so, o il controllo del Nefrologo in reperibilità. La seconda ragione è che non si tiene conto, e questo è un po’ dissonante da parte di chi si ispira al modello della continuità di cura, del peso e del valore cardinale degli infermieri, che in futuro vedranno accrescere sempre più il loro ruolo nella catena e nel processo decisionale».
Laposizione dell’Asl
La dg Casani ha dato disponibilità all’ascolto e a valutare eventuali proposte da parte dell’associazioni dializzati. Ma ieri l’Asl contattata dal Tirreno in merito al dializzato trasferito in ambulanza ha commentato che «può succedere come succede ad altri pazienti di altri reparti. Ma nell’ospedale nuovo non ci sarà questo problema, non solo perché è una struttura nuova ma, soprattutto, perché sarà organizzato, come tutti, per intensità di cure e non per reparti».