Trecento chilometri ogni giorno per insegnare agli alunni livornesi
Bianca, precaria dal 2008, tutte le mattine parte alle 5.33 da Grosseto
LIVORNO. «Ma chi te lo fa fare?». Una di quelle domande che i docenti si sentono ripetere in continuazione, specie quelli precari, specie quelli che ogni giorno devono macinare centinaia di chilometri per arrivare sul posto di lavoro. Un mestiere che molti definiscono una mission. Ogni docente ha la sua storia, il suo passato, i suoi sacrifici da fare per poter svolgere il lavoro dei suoi sogni, per trasmettere cultura e conoscenze alle nuove generazioni.
C’è Bianca, per esempio. Una docente che preferisce non veder pubblicato il suo nome per intero, ma che la sua esistenza complicata la racconta nel dettaglio. Lei ogni giorno deve fare 300 chilometri, tra andata e ritorno, per raggiungere la scuola dove insegna. Quest’anno ha finalmente ottenuto il tanto desiderato ruolo, una cattedra tutta per sé. Peccato che sia a Livorno (e lei viva a Grosseto). «Ho dovuto accettare», racconta. «Il percorso per diventare insegnanti di ruolo si fa sempre più difficile e incerto. Man mano che si va avanti i posti sono sempre meno e, alla fine, vengono favoriti i più giovani».
Rifiutare il ruolo sarebbe stato un rischio troppo alto, ma l’averlo accettato comporta sacrifici enormi. Precaria dal 2008, Bianca ha 45 anni, un compagno e due bambini di otto e 12 anni. «Ogni mattina prendo il treno alle 5,50 o alle 5,33. Arrivo intorno alle 7,10, poi devo aspettare un’ora, perché la scuola apre alle 8,10 – racconta –. Le lezioni finiscono alle 14,10, ma devo aspettare fino alle 16 il treno regionale per il quale ho l’abbonamento».
Centotrentatré euro al mese di abbonamento del treno, ai quali vanno sommati 38 euro dell’abbonamento del bus. La scuola è a più di un chilometro di distanza dalla stazione e quando c’è brutto tempo non si può arrivare a scuola zuppi.
«Con la macchina sarei più indipendente, ma mi costerebbe circa 150 euro a settimana, tra benzina e pedaggi».
Per i docenti, in questo caso, non c’è alcuna indennità di trasferimento. «C’erano dei contributi del governo, ma prevedevano il trasferimento della residenza».
Ma come ci è finita. Bianca, a Livorno?
«Mi ero iscritta al concorso straordinario nel 2020. Poi c’è stato il Covid e l’hanno rimandato. Il problema – racconta – è che le sedi disponibili sono rimaste quelle di tre anni fa, non le hanno aggiornate. A Grosseto ce n’erano alcune disponibili e avrebbero potuto aggiungerle, ma così non è stato. Quei posti sono stati lasciati per le call veloci dell’ufficio scolastico».
La cosa più pesante, per lei, sono i tempi morti. «Potrei dedicarli alla programmazione o allo studio», dice. Oltre alle ore passate in aula, c’è da considerare anche il corso di formazione che deve seguire, dato che è nel suo anno di prova, e il corso universitario online. «Non posso neanche seguirlo nel tragitto in treno, perché la connessione va e viene».
Tutto questo cercando di non sottrarre tempo alla famiglia. «I miei bambini meritano le giuste attenzioni, quindi cerco di dargliele quando torno. Mi sono ritrovata a correggere compiti anche all’una e mezza di notte per riuscire a fare tutto. Per fortuna – dice – il mio compagno fa qualche giorno di smartworking alla settimana. Quando nessuno dei due è disponibile dobbiamo affidarci a una babysitter, e sono ulteriori costi».