Livorno e il sistema della banda degli scooter: con il “cavallo di ritorno” i soldi arrivavano subito
Nell’inchiesta tre livornesi sono indagati per estorsione. Alcuni proprietari «costretti a pagare mille euro per la moto». Una coppia accusata di favoreggiamento per «dichiarazioni mendaci alla polizia» dopo aver versato il “riscatto”
LIVORNO. Monetizzare subito. Questo, secondo l’accusa, era uno degli obiettivi della banda degli Honda Sh. Perché se i motorini rubati non venivano nascosti per essere smontati e rivenduti a pezzi, a volte, venivano utilizzati come “cavallo di ritorno”. «Rivuoi lo scooter? Dammi mille euro». Estorsione, a giudizio dei magistrati. Ed è così che nell’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Niccolò Volpe tre livornesi sono indagati per estorsione: si tratta del quarantaquattrenne Riccardo Ricci (sette gli episodi contestati nei suoi confronti), del trentatreenne Giorgio Diamantini (tre estorsioni in concorso con Ricci) e del quarantaduenne Diego Dini, a differenza dei primi due estraneo ai furti e alle ricettazioni, ma chiamato in causa dagli inquirenti perché avrebbe svolto il ruolo di intermediatore per aiutare uno dei derubati, un sessantacinquenne livornese che vive nel quartiere di Colline, a riavere il suo Sh, «mediante minaccia implicita consistita nel prospettare la necessità del pagamento di 300 euro, altrimenti il motoveicolo non sarebbe stato recuperato».
Mille euro per la moto
Ma in un’altra occasione, Ricci, con il cosiddetto “cavallo di ritorno” di euro ne avrebbe incassati addirittura mille. Il 30 maggio del 2020, secondo la ricostruzione della polizia di Stato, tanto lo avrebbe pagato un cinquantasettenne livornese pur di riavere la sua Yamaha R6, il cui prezzo nuova si aggirava sui 10.000 euro. Altro furto, altro episodio a Ferragosto dello stesso anno. Sempre una moto al centro del presunto ricatto: Ricci, insieme a Diamantini, l’avrebbe rubata e venduta per 180 euro ad alcuni ricettatori di Vecchiano-Torre del Lago, mai identificati, poi al telefono con un’altra persona, amica del proprietario, avrebbe prospettato «la necessità di avere subito mille euro per il recupero della moto in quanto, diversamente, i soggetti di cui ne avevano la disponibilità avrebbero provveduto a smontarla e rivenderla a pezzi».
Un “Sh” per 400 euro
Sempre nell’agosto di tre anni fa, il giorno 21 per la precisione, Ricci e Diamantini avrebbero costretto un ventinovenne livornese a consegnare loro 400 euro «quale corrispettivo per la restituzione del motorino», mentre il solo Ricci a fine settembre e a dicembre avrebbe fatto la stessa cosa, incassando 200 euro, sempre per restituire due Honda Sh ad altrettanti derubati. Si sarebbe invece accontentato di 50 euro, qualche giorno prima, per restituire «almeno il telaio del mezzo» di un Aprilia Scarabeo. In un ultimo episodio, Ricci, avrebbe inoltre guadagnato altri 250 euro, sempre per restituire un Honda Sh a un livornese al quale sarebbe stato derubato nelle ore precedenti.
Favoreggiamento
È accusata invece di favoreggiamento personale una coppia di livornesi che niente ha a che fare con i furti, le estorsioni e le ricettazioni dei motorini, ma che non avrebbe collaborato con gli inquirenti, aiutando «Riccardo Ricci a eludere le indagini condotte sul suo conto in merito alla condotta estorsiva». Sono il ventinovenne Mauro Incrocci (originario di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno) e la compagna Jennifer Caroti, 27 anni. Al centro della questione un Honda Sh rubato nel dicembre del 2020 e in uso alla donna, che quindi era considerata una vittima della banda. Secondo l’accusa, però, la coppia «ottenuta la restituzione dello scooter grazie alla condotta di Ricci posta in essere con il cosiddetto “cavallo di ritorno”, sentita a sommarie informazioni dalla polizia giudiziaria in due distinte circostanze, la seconda volta contestando anche le risultanze delle intercettazioni, ha reso dichiarazioni mendaci affermando che il ritrovamento del motorino era stato casuale». Gli inquirenti sostengono infatti che, al pari di altri, per riavere l’Honda Sh abbiano pagato Ricci. Che nel corso dei mesi avrebbe messo da parte più di 200 euro con la tecnica del “cavallo di ritorno”.
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