Il Tirreno

Livorno

La testimonianza

Dopo 15 anni dal grande restauro il Cisternino è di nuovo nel degrado

di Stefano Ceccarini
Dopo 15 anni dal grande restauro il Cisternino è di nuovo nel degrado

In stato di abbandono il monumentale serbatoio neoclassico progettato dal Poccianti tramontati i progetti di riportarlo all’antico uso o farne un centro studi sull’acquedotto

26 aprile 2023
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Alcuni giorni fa, durante una passeggiata nel parco di Pian di Rota, ho potuto osservare da vicino lo stato di degrado che interessa il Cisternino, il monumentale serbatoio neoclassico progettato dall’architetto Pasquale Poccianti nell’ambito dell’acquedotto di Colognole. Sembra passato un secolo da quando l’opera, dopo decenni di abbandono, fu ristrutturata, eppure correva l’anno 2008.

I propositi di riportarlo all’antico utilizzo facendone un serbatoio per la zona di Porta a Terra oppure un centro di documentazione sull’acquedotto sono tramontati in fretta e da allora, salvo sporadiche e sempre meno frequenti aperture, la struttura giace di nuovo abbandonata, portando i segni di gravi infiltrazioni, distacchi di intonaci e infissi rovinati.

Tuttavia siamo di fronte a un edificio tutt’altro che secondario nella produzione architettonica della Toscana del XIX secolo, come testimoniano le diverse citazioni che compaiono all’interno di pubblicazioni nazionali e straniere. Il contesto è quello della Livorno di Leopoldo II di Lorena, quando la città fu interessata da importanti trasformazioni urbanistiche e dalla costruzione di numerose opere di pubblica utilità, tutte caratterizzate da una certa coerenza stilistica derivante dall’impiego del repertorio neoclassico. Oltre alla complessa macchina dell’acquedotto di Colognole, avviata alla fine del secolo precedente da Ferdinando III, basti pensare alle chiese a servizio dei nuovi quartieri sorti oltre il perimetro del Fosso Reale, ai teatri, tra i più grandi ed eleganti del Granducato, alle attrezzature per la villeggiatura legate allo sviluppo della passeggiata a mare, alle nuove piazze contornate da grandiosi fabbricati che dovevano segnare il passaggio tra la città buontalentiana e i sobborghi, al complesso della Pia Casa di Lavoro, rimasto incompleto ma talmente vasto da apparire fuori scala, o, ancora, alle porte e alle barriere della nuova cinta daziaria, che si segnalano per l'uso di innovativi elementi in ferro fuso.

Del resto, non è un caso che il porto franco di Livorno, dove si concentravano gli interessi della borghesia internazionale, si sia prestato a maggiori sperimentazioni rispetto ad altre città della Toscana e che qui il neoclassicismo, a detta della critica, abbia raggiunto risultati superiori rispetto a quelli degli altri centri, Firenze compresa.

Protagonista di questa felice stagione, per oltre quarant'anni, fu senza dubbio Pasquale Poccianti, che a Livorno si dedicò principalmente al cantiere dell'acquedotto di Colognole e alla realizzazione delle cisterne per l'accumulo e la depurazione delle acque, il tutto immaginato nell’ambito di una straordinaria passeggiata che dalla città doveva svilupparsi verso le sorgenti.

Il merito di aver approfondito la figura di Poccianti si deve, in buona parte, agli studi promossi nel 1974, in occasione del bicentenario della nascita dell’architetto, che hanno dato origine anche a successive pubblicazioni incentrate essenzialmente sulla produzione livornese.

A questo punto è lecito interrogarsi se tutto ciò abbia avuto una qualche importante ripercussione nelle scelte legate alla programmazione di interventi volti alla salvaguardia della memoria e alla valorizzazione della città: vale per l’opera dell’acquedotto, ma il ragionamento si può estendere al sistema dei fossi e delle fortificazioni, oppure ai beni legati alla città storica delle Nazioni, tutte opere che identificano fortemente l’immagine di Livorno, sulle quali sono stati spesi fiumi di inchiostro e parole.

Limitandomi alle opere pubbliche riferibili a direttamente o indirettamente a Pasquale Poccianti e osservando il Cisternino di Pian di Rota ridotto a un’enorme piccionaia, le arcate crollate o pericolanti in diversi tratti dell’acquedotto di Colognole, l’informe piazza che si apre davanti alla facciata principale del Cisternone (anch’esso bisognoso di cure), le transenne che circondano perennemente il Cisternino di città, o la decadenza del viale Carducci rispetto all’eleganza della passeggiata degli acquedotti, non azzarderei una risposta del tutto positiva.

Il prossimo anno ricorreranno i 250 anni dalla nascita di Pasquale Poccianti, ma corre il rischio di essere un anniversario fine a se stesso; sarò ben lieto di essere smentito.


 

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