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Omicidio di Vada, Antonino Fedele si costituisce e confessa: «Ma non volevo ucciderlo»
Dopo sei giorni l’indagato per la morte dell’ex genero si presenta ai carabinieri. L’81enne è stato arrestato e portato in carcere
LIVORNO. Sono le 10,30 quando Antonino Fedele, 81 anni, ricercato da sei giorni per l’omicidio del genero, Massimiliano Moneta, 57 anni, si presenta alla caserma dei carabinieri di Rosignano Solvay. È insieme alla moglie Rosalba, compagna di una vita, sceglie di costituirsi vicino a casa, dove i militari lo conoscono.
«Sono qui per chiarire quello che è successo, non volevo ucciderlo», dice. Da lì l’indagato viene accompagnato al comando provinciale di viale Fabbricotti dove arriva anche il suo difensore, Giuseppe Cutellè del Foro di Pisa.
È l’inizio di una lunga giornata, che si concluderà con l’arresto di Fedele trasferito in carcere, accusato di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione. È stato un agguato, secondo gli inquirenti, i due avevano un appuntamento e Fedele nei giorni precedenti si era procurato un fucile da caccia, con matricola abrasa, da lui detenuto in maniera abusiva. Dopo la confessione, pur con più passaggi che dovranno essere meglio chiariti, i militari gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Livorno su richiesta della Procura che ha concordato con le risultanze investigative prodotte dall’Arma intervenuta più volte nel podere della tragedia. E che in questi giorni, mentre andavano avanti le ricerche dell’indagato, ha sentito decine di persone, i figli e i familiari della vittima, la vedova, e familiari e conoscenti dei Fedele.
La mattina dell’11 aprile, giorno del delitto, i due uomini si erano dati appuntamento per discutere alcune questioni seguite alla separazione di Moneta, commerciante d’auto di Guidonia, dalla figlia di Fedele Alessandra, 40 anni.
Una separazione costellata da querele e procedimenti giudiziari tra Livorno e Tivoli, che aveva fortemente minato i rapporti tra i due. Quel giorno infatti era in programma l’udienza del processo che vedeva imputato Moneta per il reato di sottrazione di minori. Il commerciante era partito da Guidonia con il suo avvocato.
Prima di arrivare a Livorno si era fermato a Vada nel podere dove il suocero andava praticamente ogni giorno. Quello che doveva essere un chiarimento si era trasformato in tragedia. L’avvocato, rimasto ad aspettare Moneta in una sorta di cortile vicino all’auto, dopo aver sentito i colpi di fucile, è scappato e ha dato l’allarme al 112.
A tormentare Fedele era la vicenda dell’affidamento di due dei tre figli della coppia, quelli ormai adolescenti. Durante il lockdown i due ragazzi erano rimasti a casa del padre a Guidonia ed era partita così la denuncia per sottrazione di minori. Anche quella mattina i due hanno avuto una discussione. Fedele era armato e ha sparato: due volte, lasciando il genero agonizzante vicino a un agrumeto.
«Non volevo ucciderlo – ha confessato agli inquirenti Fedele, descritto come un uomo fortemente provato – volevo colpirlo alle gambe». Ha inoltre raccontato di aver trascorso tutti questi giorni vagando da solo per le campagne della zona e cercando rifugi di fortuna.
Sebbene in una fase del procedimento nel quale non è ancora intervenuto il contraddittorio, hanno precisato i carabinieri, il giudice per le indagini preliminari ha ravvisato, come riportato nell’ordinanza, indiscutibile la riconducibilità del fatto» a Fedele che ha sparato al genero.
Lo ha «colpito due volte; la prima volta all’altezza dell’anca destra e la seconda al torace destro». Trova conferma in queste ore che lo stesso Moneta ha cercato di chiedere aiuto ai soccorritori, dopo essere stato ferito mortalmente. Considerata la pericolosità dell’indagato, è stato disposto l’arresto. Anche per limitarne «la libertà dei movimenti ed ostacolare ogni ipotesi di condizionamento delle indagini». Si chiude così dopo sei giorni un capitolo importante della vicenda che ha lasciato sotto choc la piccola comunità.
Dopo l’omicidio i carabinieri avevano avviato ricerche ad ampio raggio, interessando anche altre forze di polizia europee, con l’ausilio di reparti speciali dell’Arma ovvero elicotteri ed unità cinofile molecolari, specializzate nel seguire le tracce di persone, e le attività investigative per ricostruire l’accaduto e per individuare la posizione di quello che fin dall’inizio è stato il principale indagato dell’omicidio.