Il Tirreno

Livorno

La sentenza

Torre piloti di Genova, tutti assolti. La moglie di una vittima: «Sono delusa, speravo nella giustizia»

Stefano Taglione
La vedova di Michele Robazza durante il funerale del marito
La vedova di Michele Robazza durante il funerale del marito

Livorno, la rabbia della vedova del livornese Michele Robazza: «L'ennesima giornata di delusione da quando è partito il processo»

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LIVORNO. «È l’ennesima giornata di delusione e amarezza e da questi processi mi sarei aspettata più giustizia. Sono sentenze che abbattono». Poche parole quelle di Michela Cecconi , la vedova di Michele Robazza, il pilota livornese, originario di Pistoia, morto a 44 anni la sera del 7 maggio del 2013 nella tragedia della torre dei piloti di Genova. Ieri, nel processo bis in corte d’appello per la costruzione dell’infrastruttura a filo di banchina, sono stati tutti assolti.

Fra loro Felicio Angrisano, l’ex comandante della capitaneria di porto genovese, nonché ex comandante generale del corpo. Con lui le altre sei persone che erano state condannate.

Le vittime

Alle 23.05 di quella tragica sera la torre è crollata dopo l’impatto della nave Jolly Nero. Nel processo principale, relativo alla strage, la corte d’appello ha ricalcolato le pene per il comandante Roberto Paoloni (sette anni) per il primo ufficiale Lorenzo Repetto (cinque) e per il direttore di macchina Franco Giammoro (quattro). Le vittime furono nove: oltre a Robazza gli operatori radio Sergio Bass (50 anni di Vernazza, La Spezia) e Maurizio Potenza (stessa età, di Genova), il maresciallo Francesco Cetrola (38 anni, di Santa Marina, Salerno), il toscano Marco de Candussio (capo di prima classe, 39 anni, di Fornaci di Barga, Lucca), il sottocapo di prima classe Davide Morella (trentatreenne di Biella), Giuseppe Tusa (sottocapo di seconda classe, 30 anni, di Milazzo, Messina), il sottocapo di terza classe Daniele Fratantonio, sottocapo (30 anni di Rapallo, Genova) e il sergente Giovanni Iacoviello, carrarese, 35 anni.

Il dolore della vedova

Michele aveva vissuto i primi anni della sua vita a Montecatini Terme, per poi trasferirsi a Firenze, mentre i genitori anche a Fornaci di Barga, in Garfagnana, nello stesso comune dove era nato de Candussio. Poi, per amore del mare, si era trasferito a Livorno. Ma anche dopo essere entrato ai piloti a Genova aveva continuato a vivere qui, perché di questa città è sempre stato innamorato. Oltre alla moglie, aveva due figli. Che abitano tutti a Livorno. «Il processo bis l’ho seguito meno da vicino – racconta Michela – perché già quello principale, per me, è stato emotivamente molto difficile. L’ho voluto seguire in prima persona, e non sapere le notizie attraverso gli avvocati, ma parliamo di 50 udienze solo in primo grado a Genova, ero spesso in Liguria. Non è stato facile rivedere quelle immagini e risentire tutti gli audio, ma naturalmente ho continuato a seguire anche il secondo filone. Francamente mi aspettavo questo esito, dato che anche il processo principale non era andato nella direzione che noi familiari speravamo. Nessuno ci restituirà mai i nostri i cari, ma moralmente le sentenze avrebbero dovuto essere più giuste. Sulla sentenza bis, quella di oggi (ieri ndr) non voglio entrare nel merito, ma bisognava dare giustizia a questi ragazzi che stavano svolgendo il loro lavoro e che per negligenza o in capacità di qualcuno oggi non ci sono più. Io non voglio sentire parlare di incidente». l


 

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