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L'analisi

Livorno, destre in testa in un seggio su 7. Alla conquista della Città Rossa

di Mauro Zucchelli
Livorno, destre in testa in un seggio su 7. Alla conquista della Città Rossa

Il fronte Fdi-Lega-Fi già nel 2020 ha espugnato aree “calde” e zone popolari (Shangai) Deciderà il partito del non voto: in 52 sezioni ha superato tutti i partiti messi insieme

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LIVORNO. Si scopre l’acqua calda a immaginare la destra-destra di Giorgia Meloni in pole position al voto di domenica 25 a caccia di un 30% a livello nazionale che le dia pieni poteri. Ma qui no: così sembra a dar credito ai report di luglio dell’istituto Cattaneo. Neanche l’ex rossa doc Livorno è più un collegio uninominale blindato al 100% per il centrosinistra ma sicuro sì fra una decina in tutta Italia. Finché è saltata l’alleanza con Calenda e allora Livorno viene derubricato a collegio semplicemente “buono” per il centrosinistra (e al Senato neppure quello: è fra quelli “contendibili”).

Alle spalle però abbiamo il verdetto del voto regionale del settembre 2020, l’ultima elezione: nei 172 seggi cittadini Giani supera il 48% e Ceccardi resta sotto il 33%. Le urne toscane dicono che su scala regionale: 1) Ceccardi arriva a una percentuale simile a quella che Altero Matteoli aveva ottenuto vent’anni prima, qualche zero virgola in meno ma per l’ex ministro cecinese 836mila schede contro le 719mila della dirigente leghista; 2) mai in Toscana un avversario era arrivato così vicino (otto punti in meno) al candidato del centrosinistra, certo meglio di Claudio Borghi che nel round precedente era arrivato ai minimi con la metà dei consensi ottenuti da Ceccardi; 3) mai in Toscana un candidato delle destre era riuscito a prevalere in così tanti Comuni, soprattutto piccoli.

En plein del Pd, ma...

Eravamo nel bel mezzo del governo giallorosso del “Conte 2” e a Livorno il Pd è risultato il primo partito in tutti i 172 seggi e ha superato i cento voti in 149 seggi (86,7%). L’unico altro partito che fra le 15 liste passa questa soglia è la Lega ma solo in 11 seggi. Quanto basta per immaginare che la storia anche delle prossime elezioni sia già scritta.

In realtà, è già in quelle urne di due anni fa che troviamo qualcosa che scombussola le mappe. Sia chiaro, la leghista Ceccardi batte il dem Giani solo in sei seggi sui 172 di tutta Livorno ma se, anziché ai leader, guardiamo alle coalizioni dei partiti ecco che l’insieme delle quattro liste di centrodestra batte il fronte delle sei raggruppate attorno al Pd in 14 seggi. Attenzione, però: con Giani c’era la lista renziana di Italia Viva. Togliendo dal conto quella fetta di consensi – se ne è staccata PiùEuropa ma è arrivato Calenda – ecco che erano 24 i seggi livornesi in cui le destre risultavano in testa già alle regionali 2020.

Stiamo parlando di un seggio su sette. Soprattutto vale la pena di guardare “dentro” queste urne: per disegnare l’identikit e cercare di intuire quali blocchi sociali si sono messi in movimento. Non desta meraviglia se Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e il resto sono la coalizione più votata in zone-bene come Montenero Basso (il distacco maggiore del fronte filo-Giani nel 2020 si registrava al seggio 144 dove vota la zona appena oltre Villa Serena) o la parte più alta del Colle in zona via Byron (seggio 145) oppure nelle zone residenziali come a Ardenza Mare (il seggio 134, riferimento per gli elettori di via Pastrengo o piazza Cappiello) o alla Terrazza (il seggio 123, zona via Forte dei Cavalleggeri).

Le destre a Shangai

L’avreste mai detto di trovare il fronte “conservatore” come il più votato al seggio 19 (qui ci sono le urne per le famiglie di via Mentana e via Del Corona) o al seggio 87 (zona via Provinciale Pisana e Lunardi)? Non è finita: una ex roccaforte rossissima come Shangai, dove il Pci negli anni d’oro volava oltre il 70%, vede la destra primeggiare sia al seggio 70 (per l’elettorato di via Nino Bixio e via Stenone) come al seggio 77 (dove sono le urne che raccolgono i consensi dei cittadini di via Giolitti e via Filzi, ma a metà con Corea fra via Amendola e via Gigli). Proprio in Corea troviamo nella mappa dei successi del centrodestra alle regionali 2020 anche il seggio 78 (zona via Gobetti).

L’elenco potrebbe continuare ancora. Lo facciamo mettendo sotto la lente il fatto che il centrodestra è più avanti degli avversari di centrosinistra (senza Renzi) in una striscia di città dove sono il seggio 30 (dove vota chi abita in zona Garibaldi e via Terrazzini), il seggio 31 (piazza dei Mille e dintorni), il seggio 15 (Larderel-Repubblica), il seggio 19 (Del Corona-Mentana) e il seggio 17 (Mercato-Buontalenti). Totale: qui le destre vincono per 636 voti contro 560.

Cosa succede alla Guglia

In occasione del caso di Denny Magina volato misteriosamente giù da una finestra al quarto piano di via Giordano Bruno, Il Tirreno aveva puntato i riflettori sull’aria che tira anche dal punto di vista dei comportamenti dell’elettorato in quella zona “caldissima” in fatto di malessere sociale: al seggio 76 il fronte di centrodestra batte quello di centrosinistra (al netto di Renzi) con 94 voti contro 72, dei quali 62 sono targati Pd (con 21 schede per i Cinque Stelle e ben 34 per le tre liste comuniste o della sinistra radicale). E dentro la destra è uno dei pochissimi casi (quattro in tutta la città quell’anno) in cui Fratelli d’Italia sorpassa la Lega.

In quel seggio, il 76, il disagio sociale è talmente forte che i voti oscillano sull’altalena. Guardiamo al M5s: nello stesso giorno del 2014 ottiene 98 voti alle europee e 66 alle comunali, quattro anni più tardi schizza a 107 alla Camera, poi dimezza nelle elezioni del 2019 (55). Lo smottamento del Pd va giù da 188 (2014) a meno della metà in quattro anni (82 alle politiche 2018): alle comunali di tre anni fa il primo round lo vince la destra (94-90) ma al ballottaggio Salvetti fa il pieno (137-107).

Sotto le insegne della destra la lista di Giorgia Meloni ha totalizzato poco fino al 2019, salvo poi schizzare a 48 due anni fa. La Lega: in cinque anni vola da 8 a 105 voti nel 2019, scivola a meno della metà (44) nel 2020. Se la cava bene anche la sinistra radicale: 34 schede nel 2020, dicevamo (ma con Bruciati era arrivata a 44 l’anno precedente).

I dem e la Ztl

Il Pd è il “partito della Ztl”? A Livorno è una balla: altro che zona chic, proprio il centro è anzi una delle zone più difficili dal punto di vista sociale ed è in alcuni ritagli di esso che le destre sta sfondando.

Però il singolo seggio o quello specifico quartiere ci possono raccontare com’è cambiata la geografia dei blocchi sociali di riferimento: se guardiamo al quadro d’insieme emerge che le destre hanno ottenuto alle regionali 2020 e alle europee dell’anno precedente il loro miglior risultato dell’ultimo mezzo secolo. Attorno al 33%, anzi qualcosina di più, a Livorno città: era fra il 26 e il 27% sia alle comunali 2019 che alle politiche dell’anno precedente, al 21% nel voto regionale del 2015, ballava poco sopra il 15% nel 2014 tanto alle comunali che alle europee o alle politiche 2013 del debutto boom “grillino”. Nella lunga transizione ventennale dagli anni ’90 aveva oscillato fra il 24 e il 30%. In precedenza non arrivava al 10%. Dipendeva dal fatto che fino alla crisi choc della Prima Repubblica la destra era confinata fuori dal patto resistenziale che, in mezzo all’occupazione partitocratica dello Stato e alla corruzione endemica, comunque teneva all’interno della Balena Bianca Dc le spinte anche della sua componente destrorsa.

Il fronte delle destre filo-Ceccardi nel 2020 fa in percentuale uno degli exploit più brillanti: ma alla fin fine con 21.802 voti porta a casa un consenso che, se contiamo le teste, è inferiore a quello di Maria Rosa Sgherri ventidue anni fa alle comunale (22.278), figuriamoci poi in raffronto a Walter Martigli nel ’95 (cinque punti in meno ma ottomila voti in più).

Il partito del non-voto

Dipende dal crollo del numero dei votanti. È il “partito del non-voto” – fra astensionismo, schede bianche e nulle – che deciderà se le destre, sull’onda lunga di Giorgia Meloni, totalizzeranno stavolta a Livorno un numero di voti tale da presentarsi davvero al voto per il sindaco fra un anno e mezzo con la possibilità reale di dare l’assalto al Comune. Per capirci: in 52 seggi, cioè quasi uno su tre, più della metà degli elettori o non ha votato alle ultime elezioni o comunque non ha votato né partiti né candidati che il “mercato” politico offre. In tre seggi il “non voto” rappresenta addirittura più del 65% dell’elettorato. Indovinate dove: oltre a un seggio in zona Cantiere, manco a dirlo gli altri due – il numero 68 e il numero 76 – sono alla Guglia.

C’è un indizio che lascia immaginare sia l’elettorato di sinistra a disertare le urne. Fra i 21 seggi in cui il dem Giani se l’è cavata peggio (e resta sempre sotto il 40%) se ne contano 16 in cui il non-voto è a livelli record ed è la scelta della maggioranza degli elettori. Nei 21 seggi in cui la leghista Ceccardi è andata male o malino gli astensionisti sono ai minimi o quasi. Chissà se è solo una bizzarria delle statistiche.

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