Il direttore del Mascagni batte il ministero in tribunale e si ricandida alla guida del conservatorio
Livorno: una sospensione, congelata da un’ordinanza, impediva al musicologo Renato Meucci di tentare il bis
LIVORNO. Ha fatto causa al ministero dell’Università e della ricerca e ha vinto. Se non si fosse appellato al giudice del lavoro, il direttore del Mascagni Renato Meucci, non avrebbe potuto partecipare alle elezioni per la direzione del conservatorio livornese, previste fra una settimana. Al musicologo, 63 anni e nato a Roma, prima della sentenza del tribunale di Novara (competente per territorio) veniva di fatto impedito di candidarsi per l’importante incarico che ha assunto nel 2019 e per il quale ora chiede la riconferma.
IL FATTO
Una situazione paradossale quella in cui si è ritrovato coinvolto Meucci. Docente dal 2000 al conservatorio di Novara, per il quale è stato anche direttore, nell’anno accademico 2017/2018 viene eletto come responsabile ad Aosta, ma per puro spirito di collaborazione decide comunque (senza prendere un euro in più di stipendio) di rimanere parallelamente come docente in Piemonte. Ed è qui che la guardia di finanza, dopo una denuncia alla procura della corte dei conti, inizia a indagare su di lui. La contestazione è aver lavorato troppe poche ore, quando in realtà da direttore del conservatorio di Aosta avrebbe potuto benissimo astenersi dall’insegnamento e incassare gli stessi emolumenti, motivo per il quale non sussisteva il danno erariale. «Era emerso lo svolgimento – si legge negli atti – di attività didattica per un monte ore pari rispettivamente al 46,4% e al 50,04% del monte ore da effettuare». In ogni caso, il suo orario, era stato approvato dai vertici dell’istituto. Che nulla hanno eccepito al musicologo romano. Dopo l’inchiesta, dal ministero, è stata irrogata una sospensione di due giorni. E proprio questo provvedimento, risalente per altro al 2020, gli avrebbe impedito di partecipare alle selezioni come direttore del Mascagni per il prossimo triennio. Ma prima la sospensione del giudice del tribunale di Novara Gabriele Molinaro, poi l’ordinanza, l’hanno ribaltato.
LA SENTENZA
Il giudice ha infatti reso inefficace la sanzione, ordinando «di non fare menzione del provvedimento disciplinare», e ha condannato il ministero al risarcimento delle spese di lite, pari a circa 6.500 euro. l