Il Tirreno

Livorno

l'addio

Si è spenta Ubaldina Pannocchia, staffetta partigiana per amore

Mauro Zucchelli
Si è spenta Ubaldina Pannocchia, staffetta partigiana per amore

Il ricordo del presidente Anpi: «Per tutta la sua vita ha saputo cogliere tracce di felicità anche nei momenti più bui e dolorosi»

30 luglio 2021
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LIVORNO. «Piccola, esile, impeccabile con il suo caschetto di capelli bianchi: una dolce nonnina gentile, così appariva Ubaldina Pannocchia a chi la incontrava la prima volta». Parte da qui Gino Niccolai, presidente provinciale dell'Anpi, per raccontare chi era questa donna che si è spenta ieri ormai a un passo dalle soglie dei cent'anni. Se a tributargli omaggio sono le associazioni dei partigiani e dell'antifascismo è perché era anche ben altro che un volto gentile e affabile: «Dalla primavera '43 alla liberazione di Livorno il 19 luglio dell'anno successivo aveva partecipato alla Resistenza e come staffetta partigiana, in sella alla sua bicicletta, aveva svolto funzioni di coordinamento e di approvvigionamento dei partigiani di stanza sulle colline livornesi», dice Niccolai segnalando che ieri le è stato dato l'addio al cimitero dei Lupi.Di recente era comparsa nel film di Walter Veltroni "Indizi di felicità": «In effetti, - spiega il dirigente dell'Anpi - tutta la vita di Ubaldina è stata un saper cogliere tracce di felicità anche nei momenti più bui e dolorosi della sua vita privata e del suo impegno pubblico».Era nata nel '23, coetanea di Osmana Benetti Benifei, altra figura simbolo delle donne che si sono battute per la libertà al fianco del proprio compagno. Era accaduto così anche per Ubaldina Pannocchia, lo aveva raccontato a Margherita Paoletti, ricercatrice di Istoreco: si può dire avesse preso «coscienza di essere stata una staffetta - avverte la studiosa - solo nella maturità, leggendo il libro di Miriam Mafai "Pane nero"».

Per anni è una ragazza tranquilla che impara a ricamare e a suonare il pianoforte all'istituto delle Suore di via Galilei: un mondo - dice Paoletti - «fra musica e poesia, ama Prévert e D'Annunzio, legge romanzi rosa». Il suo cruccio semmai è il fatto che c'è da far studiare i due fratelli maschi e per lei, unica figlia femmina, c'è spazio per studiare «solo fino alla quinta elementare».La politica? È fuori dal radar: «Niente, assolutamente niente». Finché cioè non è lei a bussarti all'uscio di casa. Ad esempio, nel '33 quando il padre è costretto a prendere la tessera del fascio per evitare di rischiare di perdere la macelleria. Ad esempio, quando i familiari le raccontano l'assassinio dei fratelli Gigli: abitavano di fronte alla zia e tutti sapevano che erano state le squadracce fasciste a ucciderli. Ad esempio, quando comincia a farsi seria la storia d'amore con Nedo Guerrucci, amico di suo fratello Roberto: lui discute spesso di politica, le parla di Marx, Lenin e Gramsci. È il processo di consapevolezza che riguarda una generazione di ragazze che diventeranno il cuore della mobilitazione della sinistra. Lei «era stata una ragazza come tante, piena di sogni, appassionata della musica e innamoratissima del suo Nedo, con cui condivideva gli ideali di libertà e di giustizia», dicono dall'Anpi.

«E quando Nedo scelse la lotta partigiana, senza esitare gli fu accanto, con la semplicità della donna innamorata, senza farsi domande, senza esitazioni. Poi, finita la guerra, più matura e più consapevole, sarà con le donne dell'Udi livornese, protagonista della ricostruzione di una città ridotta a un cumulo di macerie».Nel libro di Tiziana Noce racconta come lui si presentò al distretto per fare il militare ma «riuscì, con l'aiuto di pochi compagni, a scappare e prese contatto con i partigiani che erano già in formazione verso i boschi di Monterotondo»: c'erano «due rivoltelle nascoste nel mio pianoforte, i famosi volantini del professor Concetto Marchesi, e alcuni medicinali».Per il nipote Valerio aveva messo nero su bianco il racconto delle sue memorie di partigiana: per anni il "Diario di nonna Ubi" è girato di scuola in scuola in forma di fotocopia. Cinque anni fa, infine, il Comune si decise a stamparlo col titolo "Nonna, raccontami".

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