La figlia ha un infarto, la mamma la salva grazie al corso di rianimazione
Genova, la giovane, con una malattia cardiaca pregressa, si è sentita male in casa: «Se avesse aspettato i soccorritori non sarebbe sopravvissuta»
GENOVA. Aveva scelto di seguire un corso per la rianimazione cardiopolmonare offerto ai familiari di pazienti cardiopatici. Una decisione per la quale non ringrazierà mai abbastanza i volontari dell'Aicarm (Associazione italiana cardiomiopatie) che l'hanno formata, perché così la donna ha salvato la vita di sua figlia 22enne.
L’infarto in casa
La ragazza, con una malattia cardiaca pregressa, ha infatti avuto un infarto in casa che non le avrebbe lasciato il tempo di attendere il 118. A raccontare la storia a lieto fine, accaduta a Genova, è il cardiologo Franco Cecchi, presidente e fondatore dell'Aicarm, al margine della presentazione del congresso della Società italiana di cardiologia (Sic), da oggi fino al 7 dicembre a Roma. Da tempo, spiega Cecchi all'Adnkronos Salute, «quando facciamo i corsi di informazione/formazione per pazienti, che chiamiamo “esperti”, li associamo quasi sempre a corsi di rianimazione cardiopolmonare per i familiari, che poi si dotano di un defibrillatore automatico in casa, per poter intervenire in caso di arresto cardiaco del congiunto. Questo perché chiamare il 118 ha tempi di attesa che non sono compatibili con la sopravvivenza. Il 118 interviene entro 15 e 18 minuti in media dopo la chiamata, ma l'intervento che serve è immediato».
Il salvataggio
Questa testimonianza, sottolinea il cardiologo, «è estremamente importante per far comprendere l'utilità di questo nostro impegno. Questa mamma è riuscita a salvare la figlia perché era in grado di farlo. La ragazza ha una cardiopatia ipertrofica ed è seguita fin dalla giovane età per la propria malattia di origine genetica. E questo è uno dei modi con cui si può evitare un evento fatale. Noi abbiamo defibrillatori impiantabili che però non possiamo impiantare a tutti i pazienti indiscriminatamente. Vengono impiantati nelle persone a rischio maggiore. Ma questo non vuol dire che l'evento non si verifichi anche in soggetti che hanno un rischio minore. E la storia di Genova è un chiaro esempio».
