Filippo Turetta condannato definitivamente all’ergastolo: perché il processo si è chiuso senza passare in Cassazione
In una lettera, Turetta – difeso dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera – aveva spiegato la sua scelta di non proseguire nella difesa, assumendosi la «piena responsabilità» del delitto
La condanna all’ergastolo per Filippo Turetta è diventata definitiva. Nell’aula bunker di Mestre, venerdì 14 novembre, davanti alla Corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Michele Medici, si è svolta una breve udienza per formalizzare la rinuncia all’appello da parte della Procura generale di Venezia e dello stesso imputato, reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Con questa scelta, il procedimento si chiude senza neppure il passaggio in Cassazione. In aula erano presenti soltanto i legali, mentre Turetta è rimasto nel carcere di Verona.
La rinuncia all’appello
Il 23enne aveva già rinunciato ai motivi d’appello lo scorso 14 ottobre. Pochi giorni dopo, il 6 novembre, anche l’accusa aveva preso atto della sentenza di primo grado pronunciata il 3 dicembre 2024, che lo riconosceva colpevole di omicidio premeditato, escludendo però le aggravanti di crudeltà e stalking.
La lettera di Turetta
In una lettera, Turetta – difeso dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera – aveva spiegato la sua scelta di non proseguire nella difesa, assumendosi la «piena responsabilità» del delitto. «Mi pento ogni giorno sinceramente dal profondo del cuore», ha scritto, accettando la condanna senza ulteriori contestazioni.
Giustizia riparativa
Archiviati i processi, per Turetta si apre ora la possibilità di intraprendere un percorso di giustizia riparativa, introdotto dalla riforma Cartabia. Si tratta di un approccio che non sostituisce la pena, ma la integra, prevedendo il coinvolgimento diretto delle parti in un cammino di ascolto e riconoscimento delle responsabilità.
