L'arte che denuncia

Schiaffo "murale" al calcio dei miliardi: a San Siro l'opera choc contro l'Arabia

di Giorgio Billeri
Il murale a San Siro
Il murale a San Siro

Nel mirino finisce Roberto Mancini, che si è dimesso da ct dell'Italia per guidare la nazionale degli sceicchi

19 settembre 2023
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Sic transit gloria mundi. Così transita la gloria, effimera, e svanisce. Pensate a Roberto Mancini: lui, solo qualche mese fa, a San Siro entrava da padrone, da commissario tecnico della Nazionale, il lavoro sognato da un intero Stivale, il ciuffo composto, giacca e cravatta sotto un diluvio di tricolori. Così passa la gloria del mondo: ieri il Mancio a San Siro c’è tornato, ma sotto forma di murale, e non sono state carezze. Lui e il suo sguardo un po’ stranito che regge un pallone macchiato di sangue. E accanto a lui è ritratto Mohamed bin Salman, eminenza grigia della famiglia reale saudita che punta a terremotare, senza mezzi termini, le fondamenta del football mondiale.

Sul vecchio e glorioso muro della biglietteria del Meazza, luogo del cuore del calcio italiano, Mancio e lo sceicco incarnano, adesso, tutto il male della politica applicata alla sfera di cuoio. L’ex ragazzo di Jesi per essersi consegnato senza riserve al nuovo Impero cedendo di schianto davanti a una cascata di dollaroni; bin Salman per essere il regista, nemmeno troppo occulto, di una rivoluzione senza cuore, condotta a suon di bonifici e per questo invisa al resto del mondo calcistico: vengo in casa vostra, rubo i vostri gioielli, gli idoli dei vostri bambini, e li faccio giocare come al circo, per il divertimento di pochi, lontano dalle paillettes delle tv e del pallone che conta. Da Ronaldo a Benzema, da Milinkovic Savic a Neymar, da icone planetarie ad attrazioni di una corte che ha scelto proprio Mancini come gran ciambellano.

Messaggio forte, quello vergato sulle mure della Cattedrale milanese che porta il nome di Peppin Meazza, uno che giocava con la brillantina in testa, parlava soltanto il dialetto milanese e aveva appena i soldi per comprarsi una Balilla qualsiasi, altro che gli spropositi pagati dagli arabi. Un messaggio che porta la firma di AleXsandro Palombo, uno dei nomi della street art italiana, che non ha lavorato giorno e notte soltanto nei pressi dello stadio ma anche in altri punti della città dove ha ritratto alcune delle altre stelle, o ex tali, che sono andate a tramontare nelle miniere d’oro.

Un messaggio arrivato, va detto, con una tempestività certamente voluta: ieri pomeriggio iniziava la Champions League (proprio lo scintillante Circus zampillante di miliardi e storia in cui l’Arabia vorrebbe entrare), con la partita tra il Milan e il Newcastle, società inglese di proprietà del fondo di investimento pubblico Pif, di proprietà ovviamente saudita, un patrimonio che farebbe sembrare Paperone un poveretto: 600 miliardi di dollari, una roba che fa paura soltanto ad immaginarla. Un club di seconda fascia della Premier che ha firmato un assegno di 80 milioni per prendersi Tonali (ottimo giocatore, non un crack planetario) nel tempo che a noi mortali serve per pagare una bolletta online.

Questo comunica il murale di Mancini, dello sceicco e dei palloni grondanti sangue: con i soldi ci si vorrebbe rifare una verginità, emendare una cultura millenaria e un passato recente che non mette certo i diritti umani e la tolleranza sul primo scaffale del salotto buono.

«Abbiamo visto giocatori mettersi in ginocchio contro il razzismo, con il volto dipinto di rosso contro la violenza sulle donne, indossare fasce arcobaleno al braccio a sostegno della comunità Lgbtq e condannare la guerra – ha spiegato l’artista, balzato ovviamente nella hit parade dei personaggi del momento – adesso vediamo calciatori e allenatori che prestano il loro volto all'Arabia Saudita di Mohammed bin Salman, un paese tra i più oscurantisti, misogini e feroci di sempre, dove i diritti umani, la libertà di espressione, la libertà per le donne e quella della comunità Lgbtq non esistono e qualsiasi segno di appartenenza ad una religione diversa dall'Islam viene punito. Non possiamo voltarci dall'altra parte davanti al vero volto del regno saudita perché questo non è un gioco ma un disegno politico con cui l'Arabia Saudita usa il calcio come mezzo di distrazione di massa per insinuarsi nelle nostre vite e assopire le nostre coscienze, non siate complici di questo processo di colonizzazione della nostra libertà perché in Arabia Saudita la libertà non esiste», le parole di Palombo, l’artista che ha vergato il proprio messaggio sulla casa del cuore di tutti i milanesi.

Chissà se l’hanno detto al Mancio, uomo refrattario alle grandi emozioni, sempre molto (troppo) controllato: probabilmente quando ha messo le mani sul deposito di petroldollari sapeva di andare incontro a certe critiche, anche dure, e magari non se ne sarà stupito. E figuriamoci quanto l’opera di un bravo street artist può interessare a gente che ha messo in soffitta i sogni per aprire il portafoglio e volare alla periferia del pallone.

«Sono orgoglioso di essere in Arabia Saudita. Questo incarico è un riconoscimento del valore attribuito al calcio italiano e anche in questa esperienza porterò con orgoglio la nostra italianità nel mondo», il mantra del nostro ex commissario tecnico. Che fino a pochi mesi fa, essendo il nostro un Paese dove siamo tutti cittì, dall’addetto alla funivia dell’Alto Adige alla casalinga calabrese, veniva criticato per le scelte a centrocampo o per un gioco ormai divertente come una fila in tangenziale. Adesso il suo volto è lì, che non sorride sulla biglietteria del Meazza. E il pallone che regge gronda sangue. Sic transit gloria mundi.

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