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Grosseto, un maxi impianto agrivoltaico grande come 29 campi da calcio alle porte del centro: le carte del Comune, il progetto e l’allarme

di Matteo Scardigli

	Il progetto e un impianto agrivoltaico
Il progetto e un impianto agrivoltaico

Proponente è la milanese "Spv Energy 4", che all’Ufficio Camerale risulta avere un capitale sociale di 2.500 euro nel 2025 e un utile di zero euro nel 2024

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Si chiude il procedimento di verifica di assoggettabilità a Via (la valutazione di impatto ambientale) di un impianto agrivoltaico di tipo "avanzato greenfield" della potenza di 22,238 MWp circa che si estenderà su una superficie di circa 41,55 ettari (qualcosa più di 29 campi da calcio) a destinazione agricola e sarà costituito da 36.456 moduli fotovoltaici; con il Comune stesso a darsi una "allerta" da solo.

La località

Siamo in località Podere Cavazza, a circa 4 chilometri in direzione nord dal centro cittadino, a un tiro di schioppo da Roselle in una zona in cui si arriva dalla strada vicinale Commendone. L’estensione complessiva dei terreni opzionati (il proponente ha presentato a suo tempo i preliminari d’acquisto) è di 415.489 metri quadri mentre l’area recintata avrà una superficie pari a 257.278 metri quadri, e tutta l’energia prodotta qui sarà inviata alla cabina di raccolta che verrà collegata alla futura stazione elettrica di Terna tramite un cavidotto esterno di lunghezza pari a circa 5 chilometri.

Il proponente

Proponente è la milanese "Spv Energy 4", che all’Ufficio Camerale risulta avere un capitale sociale di 2.500 euro nel 2025 e un utile di zero euro nel 2024, mentre al portale Registroaziende.it non risulta aver presentato il fatturato né due anni fa né l’anno scorso ma fa segnare un rapporto utile/perdita che passa da -1.760 euro (2023) a -7.965 (2024).

L’iter regionale

L’istanza era pervenuta in Regione il 28 agosto e l’ente aveva chiesto gli opportuni contributi ai soggetti preposti per quanto di competenza: Cb6, FiberCop, Terna, la stessa Toscana, Snam, Enac, Provincia, Genio civile, Autorità di bacino, Acquedotto del Fiora e Arpat. Ciascun soggetto aveva di volta in volta dichiarato la propria estraneità o non competenza, chiesto chiarimenti e/o integrazioni o dato il nulla osta o un parere favorevole di massima vincolato ad alcune condizioni e prescrizioni; ma anche segnalato criticità.

Le criticità evidenziate

Appartengono a quest’ultima categoria proprio la Regione, che attraverso la direzione "Urbanistica e sostenibilità" aveva acceso il riflettore sull’inserimento della struttura «in un’area che già sta subendo trasformazioni paesaggistiche collegate con svariati impianti Fer, trasformandolo di fatto in un paesaggio destinato alla produzione energetica, al di là della definizione di agrivoltaico», e la Provincia (area "Edilizia, territorio, ambiente e sviluppo economico") sottolineando in particolare l’impatto cumulativo con altri impianti; tra i quali il futuro "Parco eolico Grosseto" (le dieci pale tra Gavorrano, Castiglione e capoluogo).

Il responso del Comune

Singolare, in particolare, il responso del Comune (settore "Servizi per le imprese e per il territorio servizio pianificazione urbanistica), che aveva premesso: «L’agrivoltaico rappresenta un settore di recente introduzione che si caratterizza per un utilizzo "ibrido" di terreni agricoli, che prevede la coesistenza dell’attività di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile con l’attività agricola, che non trova una specifica disciplina di riferimento negli strumenti urbanistici comunali».

Le osservazioni tecniche

A conclusione, il contributo tecnico istruttorio aveva evidenziato «l’assenza di conformità urbanistica al regolamento urbanistico», rilevando l’importanza di prevedere un piano di dismissioni a fine esercizio idoneo al ripristino ambientale e segnalando la mancanza di «una indicazione o una previsione di eventuali misure compensative utili insieme alle opere di mitigazione alla riduzione degli impatti di natura ambientale, sociale e di fruizione paesaggistica», auspicabilmente da concordare col municipio.

Le preoccupazioni sul paesaggio

«Visto il proliferare di domande per l’installazione di questa tipologia di impianti su tutto il territorio comunale si indica che la loro realizzazione crea una significativa e critica modifica del paesaggio rurale in termini di visuali e assetto strutturale del territorio, alterando la tipica struttura della maglia agraria della bonifica storica e degli assetti relazionali città/campagna su aree di margine e ambiti periurbani», scriveva la responsabile, sostenendo che «sarebbe opportuno prevedere una localizzazione a livello cartografico sia di aree rurali che di aree rurali periurbane idonee, che non comportino effetti "saldatura" non coerenti con il contesto, per prevenire lo sviluppo incondizionato di tali impianti invece di rimandare alla valutazione dei singoli progetti in considerazione delle loro caratteristiche e delle caratteristiche del sito interessato, senza una visione territoriale più ampia e completa relativa a tutte le tipologie di impianto, che contengono una poco significativa mappatura di impianti limitrofi e indicazioni generiche».

La perdita di identità territoriale

E spiegava: «Il nostro territorio comunale sta perdendo la sua connotazione paesistico ambientale caratteristica, soprattutto dei territori di bonifica, assistendo al suo progressivo snaturamento, senza che il Comune possa in alcun modo governare e gestire il proprio territorio, non rimanendo alcuna possibilità per profili pianificatori a livello comunale».

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