Maremma, ucciso Lillo: il toro buono ammazzato a fucilate. «Lo hanno fatto per intimidirci»
Il proprietario: «Era docile, lo hanno attirato con della farina e poi trascinato via. Da anni subiamo furti, danneggiamenti e minacce»
SCANSANO. «Si chiamava Lillo e lo hanno ammazzato perché era docile», racconta Roberto Della Gatta, la cui famiglia è titolare – fra le tante aziende in Maremma – del Frantoio Del Colle, che ieri è andato dai carabinieri a sporgere denuncia; l’ennesima “contro ignoti” anche se lui ha un’idea ben precisa su chi è stato ed è convinto che tutti lo sappiano ma che nessuno voglia parlare.
«Non siamo del posto: siamo originari del Sud e ci siamo trasferiti qui nel 1987. Ma questa storia inizia tre o quattro anni fa», premette, e giù un elenco in ordine sparso: «Ci hanno danneggiato veicoli, fatto dei furti, graffiato auto, minacciati per messaggio e di persona, tagliato recinzioni (con decine di vacche in strada, più volte) e rotto vetri; e ucciso animali, ma non così. Ci rivolgiamo alle forze dell’ordine più o meno una volta ogni sei mesi. Diamo “fastidio” a qualcuno».
Le ragioni dell’intimidazione
Il nodo, dal suo punto di vista sta nella difficile convivenza tra i suoi animali e una parte della comunità. «Noi siamo forse l’unica azienda sul territorio che impiega ancora il pascolamento brado. Ma gli animali li teniamo per bellezza, per tradizione, e non ne macelliamo da oltre dieci anni: quelli che sarebbero destinati a fare quella fine piuttosto li regaliamo», assicura. Solo che il Frantoio insiste in larga parte insiste su una zona in cui «è permessa la caccia, a pagamento, ma la legge dice che non si può sparare dove ci sono animali da allevamento». Di qui, sostiene, anche «questa intimidazione».
L’episodio è stato scoperto martedì: «Ero fuori regione per lavoro quando mi hanno chiamato». Lillo, toro maremmano selezionato di 4 anni, era lì a terra: «Era abituato al contatto con l’uomo, probabilmente lo hanno attirato con della farina di cui era ghiotto. Gli hanno sparato e poi lo hanno trascinato con un fuoristrada in un piazzale».
Non è l’unica vittima
Ma ci sono altre vittime: «Ci possiamo accorgere degli animali che mancano all’appello solo quando rientrano alla stalla; o non rientrano. In questi giorni stiamo cercando alcuni vitelli, uno lo abbiamo trovato agonizzante e almeno un altro è sparito e sono ancora in corso le operazioni almeno per circoscrivere l’area in cui potrebbe essere andato a finire».
Sul posto, martedì sera, i carabinieri, seguiti dallo staff forense dell’istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana. Le indagini sono in corso. «Le immagini del nostro sistema di videosorveglianza sono state acquisite e sul terreno si vedono chiaramente le tracce degli pneumatici», ma Della Gatta lancia anche un appello, sebbene non vi riponga molte speranze: «Cerchiamo testimoni, perché siamo sulla pubblica via e qualcuno potrebbe aver sentito o visto qualcosa. Ma dubito, perché ogni volta che ci sono state fatte cose come questa nessuno si è mai fatto avanti». E rincara la dose: «Ho ragione di credere che i responsabili siano conosciuti ma che vengano “coperti”: in occasione del recupero di un vitello un confinante me lo disse, in presenza delle forze dell’ordine, che avrebbe sparato ai miei animali».
L’attacco all’amministrazione
E ne ha anche per l’amministrazione comunale, «bene a conoscenza della situazione» e “rea”, a suo dire, di «tutelare la “tradizione culturale venatoria”». La sindaca Maria Bice Ginesi, si vedrà, ha un’opinione ben diversa in base alla quale è chiamata (e pronta) a garantire il bilanciamento degli interessi privati e pubblici; dei Della Gatta e del resto della comunità di Pancole.
I danni, intanto, non si cancellano: «Un toro come Lillo può costare tra i 4 e i 10mila euro. Purtroppo l’assicurazione non copre la perdita e, ovviamente, lo smaltimento è a carico nostro». Per non parlare delle spese necessarie per riparare la recinzione metallica ad alta grammatura più il filo spinato.
Due cosa l’imprenditore tiene a sottolineare. La prima: «Non sono contro la caccia se serve al sostentamento, se quello che viene abbattuto poi finisce in tavola; sono vegetariano e non lo condivido, ma va bene. Non tollero, invece, quando si uccide per divertimento, per sport». La seconda: «La mia famiglia, di fronte a questo ennesimo tentativo volto evidentemente a intimidirci, vorrebbe convincermi a chiudere l’attività. Ma io non mi arrendo: denuncio gli abbattimenti e denuncio ancora le minacce. E certamente non chiudo la mia azienda».