ll sogno in volo di Sandro Bigozzi spezzato a 49 anni: «Non so come farò senza di lui»
Francesca Fallani racconta il marito morto dopo il lancio col paracadute a Roma: «Più curioso che cauto, andava sempre a 300 all’ora. Ma era un padre presentissimo»
GROSSETO. A due giorni dalla tragica morte di Sandro Bigozzi, esperto e amato paracadutista grossetano di 49 anni, ma il cordoglio non fa che aumentare in Maremma e nelle località che frequentava per i suoi lanci, a cominciare da Monte Compatri, sui Castelli Romani, nel quale ha perso la vita. Sui social, in attesa di salutarlo un’ultima volta, dopo che la famiglia avrà a disposizione la salma al termine dell’autopsia, sono pervenuti migliaia di messaggi di affetto e di vicinanza per la moglie Francesca Fallani per le figlie Clara, di 11 anni, e Gemma di 9. Centinaia i ricordi di chi grazie alla sua esperienza ha provato un’emozione unica come quella del lancio.
«Sandro era uno spettacolo, più curioso che cauto – lo ricorda la moglie Francesca Fallani – era uno che andava sempre a 300 all’ora, ma allo stesso tempo un padre presentissimo, in tutto e per tutto. Per esempio, ha fatto fare le più belle esperienze alle bimbe, a Londra il tunnel, un viaggio transoceanico con una bambina in allattamento e altre mille esperienze che non dimenticheranno mai».
Sposati da dodici anni, Francesca seguiva costantemente le esperienze del marito, ma si è lanciata solo una volta: «Mi sono lanciata – ricorda – con il paracadute per il nostro primo anniversario, il 31 maggio 2015. Gliel’ho sempre rinfacciato che se l’è giocata male: mi ha fatto frullare un po’, ma devo dire che è stata una bellissima emozione, da fare nella vita, una strizzata alle surrenali galattica. Abbiamo fatto tanti viaggi con le bambine e da soli – aggiunge – intorno a un lancio con il paracadute. È successo a Danzica per un altro nostro anniversario sul mar Baltico, a Dubai ha saltato sulla palma».
Una passione «maniacale» per lo sport
Sandro Bigozzi ha sempre fatto l’agente di commercio, prima per la Perfetti e per la grande distribuzione, con la crisi del Covid è passato alla Cristalfarma. La moglie è un informatore scientifico, in ambito oncologico, con Astrazeneca. «Io mi definivo la manager – sottolinea Francesca – andava in bici da corsa, in kitesurf, in barca a vela. La prima passione è stato il windsurf, e da una quindicina di anni il paracadutismo. Ha effettuato 6.500 lanci, principalmente nei fine settimana; si appoggiava a scuole come quella di Monte Compatri, nella quale faceva l’istruttore ad allievi che volevano prendere il brevetto. La sua base era a Scarlino, alla Maremma Fly, insieme a Stefano Besuschio. Lo seguivo spesso: il modo in cui faceva l’attività era maniacale. Non gli dovevi passar vicino se stava piegando il paracadute. Per questo facevo solo la First lady».
Ma come viveva, Francesca, queste esperienze di Sandro? «Lo assecondavo l’ho conosciuto così. Lui viveva di adrenalina, se gliela toglievi non poteva sopravvivere. Di recente aveva preso la patente nautica e mi sono detta “Chissà, se si butta sulla barca a vela la smetta di fare il paradutista. Non poteva stare fermo. Anni fa s’era rotto il crociato: il fisioterapista gli disse di prendersi una bicicletta per muovere il ginocchio; incontrò quelli del triathlon, mi chiamò per dirmi che voleva cambiare la bicicletta, perché gli serviva per fare una gara Ironman».
Francesca ricorda anche l’incidente con l’aereo da paracadutismo a Cecina: «Ci scherzava su, dicendo che la sua carta con il destino se l’era giocata. In quel caso fu un errore del pilota che non apri la valvola della benzina. Era fatalista e viveva in un mondo tutto suo. La sera a un certo punto si spegneva e cominciavano i grattini sul divano. Era un babbo fantastico, la mattina prima di andare al lavoro portava Clara e Gemma a scuola».
L’incidente e la terribile telefonata
Tutto questo fino a sabato mattina: «Ho saputo dell’incidente praticamente subito, dal ragazzo che si era lanciato con lui. Mi ha preparato, dicendomi che aveva avuto un’apertura non corretta, che è andato giù con un impatto violento. “Non mi risponde, è caduto in una zona impervia”. Poi mi ha richiamato dopo un’ora per dirmi che non c’era nulla da fare. Sandro era uno uomo meraviglioso, un sognatore, che visualizzava quello che voleva e realizzava a forza di buttare energie positive, con una tenacia non comune. Gentile, altruista, super generoso. È dura tanto, sto male per la sua mancanza, ancora non me ne sono resa conto. Confesso che sono tanto preoccupata per le bambine, non so come farò a mettere un giorno dietro l’altro. Non so come affronterò il primo giorno di scuola. Mentre tornavo da Roma, pensavo che ora sono vedova, una parola alla quale non mi abituerò mai».
Sandro Bigozzi ha chiesto di essere cremato, ma l’ultima parola spetta al procuratore che ha disposto l’autopsia a Tor Vergata. Come ha ricordato Francesca, ci ha lasciati uno sportivo a tutto tondo. Maurizio Ciolfi, patron della Marathon Bike, ricorda l’anno passato a correre in bicicletta: «Temerario, simpaticone, anticonformista al cento per cento. Una persona che non poteva passare inosservato. Era questo l’amicone di tutti, Sandro Bigozzi. Ha fatto una breve apparizione con la nostra maglia di ciclista, che ha permesso di apprezzarne le grandi doti umane».