Schiaffo a uno studente sul bus a Grosseto, il racconto dell’autista: «Così ho evitato il peggio»
La ricostruzione dell’uomo dopo che quattro passeggeri hanno importunato gli studenti a bordo del mezzo
GROSSETO. «Ho agito da padre di famiglia. Gli studenti che accompagno sono anche figli miei. Avevo il dovere di stare calmo e di avere sangue freddo. Oggi ti devi preoccupare anche di chi sale sul pullman e non solo della strada. Il mondo è cambiato».
Il fatto
A parlare è Mauro Rosati, l’autista di Autolinee Toscane che martedì 17 dicembre ha portato i ragazzi da Grosseto fino ad Albinia nonostante sul mezzo avesse 4 giovani uomini fra i 25 e i 30 anni che lanciavano improperi contro gli studenti, colpendone anche uno con uno schiaffo. Rosati ha mantenuto i nervi saldi e mentre guidava ha chiamato le forze dell’ordine per chiedere aiuto invitando i ragazzi che aveva a bordo a mantenere la calma e a non reagire alle provocazioni. Quanto successo lo racconta al Tirreno ancora con una certa emozione pur essendo passate alcune ore.
Il racconto
«Erano le 13, 25 di martedì e io ero in partenza da Grosseto, dalla fermata di via Manetti, per Marsiliana (Manciano) . Mi sono fermato come faccio sempre e ho iniziato a far salire gli studenti e i pendolari. A un tratto – aggiunge – dallo specchietto retrovisore ho visto 4 uomini. Ne ho riconosciuto uno: mi si era avvicinato alla fermata quando ero ancora fuori servizio, aveva battuto alla porta anteriore gridando che doveva prendere il pullman. Gli avevo risposto che ero ancora fuori servizio. Non hanno gradito la mia risposta tanto che se ne sono andati irritati. Avevo già notato che nel loro comportamento c’era qualcosa che non andava». L’autista aveva però sperato che tutto fosse finito lì. Quando li ha riconosciuti sul pullman si è allarmato.
«Mi hanno bloccato la porta per entrare – dice – non ho fatto una piega, ho chiuso la porta e mi sono messo in marcia come se tutto fosse a posto. Ho deciso subito di chiamare le forze dell’ordine senza aspettare un secondo. Alle forze dell’ordine ho indicato il percorso che avrei fatto e cosa stava succedendo. In quel mentre i quattro giovani hanno iniziato ad agitarsi, due in modo particolare. Erano visibilmente ubriachi – commenta Mauro Rosati – Sono stato al cellulare con le forze dell’ordine e non nego che le urla dei quattro, la loro voce che si alzava contro i ragazzi mi hanno fatto salire un po’ la tensione».
Cosa è successo e la chiamata
Mauro ha volutamente scelto di non dire nulla, di non fermarsi e di non alzare la voce contro i quattro. «L’ho fatto con la consapevolezza che i ragazzi che la mattina accompagno a scuola sono anche figli miei, figli di tutti noi: è mia la responsabilità e non potevo dare in escandescenze ma per questo dovevo restare freddo, calmo e sembrare indifferente, perché sarebbe potuto succedere qualcosa ai giovani studenti che trasportavo. Quando dei ragazzi, durante il tragitto, si sono avvicinati al mio posto di guida e mi hanno pregato di fare qualcosa perché altrimenti la situazione sarebbe degenerata, ho risposto che ero in contatto con le forze dell’ordine. Ho suggerito di assecondarli e soprattutto di non guardarli. Il mio atteggiamento nei loro confronti non è stato provocatorio, non ho fatto nulla che potesse farli arrabbiare. Ai ragazzi che avevano intenzione di intervenire ho detto di restare accanto a me senza fare nulla». Mauro aveva anche saputo che uno sembrava essere armato di un coltello (presenza non confermata).
«Finalmente – continua – prima di Albinia mi hanno contattato di nuovo le forze dell’ordine per dirmi che mi avrebbero aspettato alla fermata della frazione. Ho provato una grande gioia. Ho notato le auto dei carabinieri e della polizia mentre percorrevo il cavalcavia. Ho avvisato i ragazzi che avrei aperto solo la porta posteriore e che non dovevano scendere. Quando le forze dell’ordine li hanno presi due hanno dato in escandescenze ma per noi sul pullman l’incubo era finito. Ho ripreso la marcia fino a Marsiliana dopo aver ringraziato polizia e carabinieri. Mi sono lasciato andare in un pianto liberatorio».