Mare toscano sempre più caldo: anomalia record, +6,2°C oltre la media - Quali sono gli effetti e i rischi
A nord dell’Arcipelago toscano registrati quasi 28 gradi in superficie. Gli esperti avvertono: il sistema marino regge, ma la soglia di resistenza degli organismi si sta assottigliando. Le specie tropicali avanzano
Mettetevi la maschera e tuffatevi in mare. Strana sensazione? Sì, stranissima. L’acqua in superficie non è mai stata così calda per la fine di giugno, l’inizio di luglio. Lo percepisce la pelle, ma soprattutto lo registrano termometri, modelli matematici, biologi, perfino satelliti.
Lo registra il Centro Meteo Toscana, che nella giornata di giovedì 3 luglio, sulla base di dati forniti dal Servizio Marino di Copernicus, dell’omonimo programma dell’Ue, ha rilevato un’anomalia di +6,21 gradi centigradi della temperatura superficiale del mare nel tratto tra la Liguria e la Corsica, appena più a nord del mare toscano. In termini assoluti, 27,77 gradi centigradi. Un record per questo momento dell’anno. E non è un modo di dire.
È «un’anomalia mai toccata prima nei 44 anni di rilevazioni, da quando sono state inserite le boe marine», spiegano dal Centro Meteo Toscana», e addirittura «un’anomalia mai vista negli ultimi secoli».
Un vero record se confrontato con il monitoraggio nell’ambito del progetto Mare Caldo fatto da Greenpeace che nel 2024 ha registrato un generale surriscaldamento del mare Mediterraneo con casi di picchi massimi di oltre 2,5°C sopra la media climatologica.
Se il collegamento tra surriscaldamento dei mari ed eventi meteo estremi è ben conosciuto, che conseguenze avrà questo “brodo” per il mare e per le sue creature?
«Al di là del numero secco dei 6,2 gradi, che sono frutto di un modello matematico e potrebbero discostarsi di 3 gradi, siamo in un’ondata di calore. E negli ultimi anni le ondate di calore hanno fatto sì che la temperatura in mare sia aumentata rispetto alla climatologia dei 30-40 anni precedenti», premette Lisandro Benedetti Cecchi, professore ordinario di Ecologia presso il Dipartimento di Biologia all’università di Pisa, massimo esperto di biodiversità degli ambienti marini costieri. «Il problema è che queste ondate tendono a crescere per intensità, durata e frequenza», aggiunge.
Ci dobbiamo preparare a un fondale marino “cotto” e stecchito, come la barriera corallina in molte zone tropicali? Al momento per fortuna no: il mare si sta difendendo. Ma l’ecatombe è solo rinviata.
«Al momento non vediamo segnali macroscopici di cambiamento – prosegue il professor Benedetti Cecchi – Il sistema ecologico ad ora sembra assorbire bene questo stress».
Ciò non significa che possiamo permetterci di lavarcene le mani. «Il punto – spiega il docente – è che oggi è così, ma anno dopo anno si supera la soglia di tolleranza di questi organismi. Un po’ come gli esseri umani: sopportano il caldo, anche intenso. Ma fino a un certo punto. «E uno dei problemi è che è difficile dire quando questo accadrà e qual è la soglia oltre la quale non si può andare», aggiunge.
Se a livello generale il sistema tiene, scendendo nel particolare, il quadro cambia. «È come una foresta: magari gli alberi più grandi resistono, ma nel sottobosco i micro-organismi sono è già in sofferenza», spiega Benedetti Cecchi.
Spostando un po’ le alghe, osservando da vicino spugne e piccoli invertebrati, il Mediterraneo ci sta dicendo che e l’ingranaggio dell’alterazione è già avviato. Un primo segnale è l’ingresso di specie tropicali dal canale di Suez. «Inoltre in qualche punto osserviamo lo sbiancamento della posidonia oceanica», spiega.
Se ne sono accorti, tra gli altri, i ragazzini che pescano sul molo dell’isola di Capraia. «Capita che prendano qualche pesce balestra, che quando ero piccolo io non c’erano», racconta Giorgio Romano, pescatore professionista di Capraia.
Romano conferma sul campo le osservazioni scientifiche: «Gli eventuali effetti di questo cambio della temperatura del mare non li ho sentiti e per quanto riguarda la pesca che faccio io, una pesca costiera, non si avverte una differenza rispetto al passato. Però, un pesce che prima pescavi a maggio ora lo puoi prendere a marzo o aprile».
Insomma, il mare si può salvare. Come? «Le pressioni che subisce – spiega Benedetti Cecchi – sono due: una è il riscaldamento globale, e lì il singolo Stato può fare poco. L’altra sono le attività umane: inquinamento, ancoraggi, pesca intensiva. Il nostro unico strumento sono le aree marine protette: togliendo l’impatto umano negativo diretto, creiamo resilienza». l