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L’olio di Berti vola a New York: è medaglia d’oro. “Le Radici” svetta su 1.250 avversari dal mondo

L’olio di Berti vola a New York: è medaglia d’oro. “Le Radici” svetta su 1.250 avversari dal mondo

Capalbio, l’mprenditrice viterbese è anche sommelier, assaggiatrice e tecnica di frantoio. Trapiantata in paese anni fa, oggi teme per la mancanza del ricambio generazionale

31 marzo 2023
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CAPALBIO.  Da Capalbio a New York per vincere la medaglia d’oro all’International Olive Oil Competition. L’olio “Le Radici”, dell’azienda Clivio degli Ulivi, si è distinto fra 1.250 oli provenienti da tutto il mondo di cui 46 italiani.

La storia dell’azienda parte dal 2002 quando Laura Maria Berti decise di acquistare un appezzamento di terra di nove ettari, a Garavicchio, a due passi dal Giardino dei Tarocchi, a Capalbio. Una proprietà che contava già 1.500 ulivi. Doveva essere un “centro di gravità permanente” per una famiglia molto allargata fatta di molti figli avuti da precedenti unioni sue e del suo compagno col quale nel frattempo aveva avuto una figlia.

Berti voleva creare un punto di aggregazione. Lo ha fatto ma è andata molto oltre: ha creato un’eccellenza del territorio. Un olio Igp. «Era un terreno pieno di cardi alti quasi due metri che io – racconta l’imprenditrice di origini viterbesi, trapiantata a Roma e adesso a Capalbio – dopo l'acquisto ho riqualificato. Ai 1.500 ulivi ne ho aggiunti altri 1.000, divisi per tipologia: ci sono piante di leccino, frantoio, più gli impollinatori come il pendolino. Da ogni gruppo di ulivi ottengo un olio diverso».

Quello che Berti ha portato a New York, come dice il nome stesso, Le Radici, è stato ottenuto dalla frangitura delle olive dei 1.500 ulivi che la donna ha trovato già piantati.

Laura Maria Berti, nel campo dell’olivicoltura ha fatto passi da gigante. Ha studiato e si è preparata.

«Come avrei potuto andare in un qualsiasi frantoio e chiedere delle cose senza essere io stessa a conoscerle?», dice. Così è diventata sommelier dell’olio, assaggiatrice nazionale di olio e tecnica di frantoio.

La prima competizione a cui ha portato il suo olio è stata nel 2004. «Volevo vedere a che punto eravamo e come avremmo potuto migliorare nella nostra produzione. Poi nel 2005-2006 sono arrivati i riconoscimenti e abbiamo iniziato a essere inseriti nel Gambero Rosso, in Slow Food, in Maestro d’olio. Adesso un riconoscimento arrivato con l’olio di un’annata difficile caratterizzata da una grande siccità e da temperature molto alte che hanno compromesso il momento dell’impollinazione».

I nove ettari di terra di Bruni sono tutti irrigui ma questo non vuol dire che si usi l’acqua in maniera indiscriminata: «Cerchiamo di usarla con parsimonia – spiega – e quindi le piante un po’ hanno sofferto. Abbiamo provato a portare in concorso un olio frutto delle piante che abbiamo trovato e abbiamo portato a casa la medaglia d’oro. Una grande soddisfazione».

Bruni non guarda le sue piante da lontano ma vigila su di loro come una madre fa con i proprio figli. Gli ulivi, l’olio ma anche le viti dalle quali produce del vino Sangiovese, sono diventate parte della sua esistenza. È consapevole però che la vita in agricoltura non è facile.

«In questi 20 anni di attività – continua – sono cambiate moltissime cose e quello che poteva essere fatto 10 anni fa adesso non lo possiamo fare più. Tutto è in mutazione e la vita degli agricoltori non ha una remunerazione economica adeguata. Se andrà avanti così – conclude infine – assisteremo a un abbandono dell’agricoltura e degli olivi. Non avremo ricambio generazionale e questo è davvero un peccato».

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